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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Hai viso di pietra scolpita,
sangue di terra dura,
sei venuta dal mare.
Tutto accogli e scruti
e respingi da te
come il mare. Nel cuore
hai silenzio, hai parole
inghiottite. Sei buia.
Per te l'alba è silenzio.

E sei come le voci
della terra - l'urto
della secchia nel pozzo,
la canzone del fuoco,
il tonfo di una mela;
le parole rassegnate
e cupe sulle soglie,
il grido del bimbo - le cose
che non passano mai.
Tu non muti. Sei buia.

Sei la cantina chiusa,
dal battuto di terra,
dov'è entrato una volta
ch'era scalzo il bambino,
e ci ripensa sempre.
Sei la camera buia
cui si ripensa sempre,
come al cortile antico
dove s'apriva l'alba.

(Cesare Pavese)


Bagaglio di Parole - Pagina 3 Castel10

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Sentivo lo scricchiolio,
nel buio, delle mie scarpe:
sentivo quasi di talpe
seppellite un rodio
sul volto, ma sentivo
già prossimo ventilare
anche il respiro del mare.

Era una sera di tenebra,
mi pare a Pegli, o a Sestri.
Avevo lasciato Genova
a piedi, e freschi
nel sangue i miei rancori
bruciavano, come amori.

M' approssimavo al mare
sentendomi annientare
dal pigolio delle scarpe:
sentendo già di barche
al largo un odore
di catrame e di notte
sciacquante, ma anche
sentendo già al sol, rotte,
le mie costole, bianche.

Avevo raggiunto la rena,
ma senza avere più lena.
Forse era il peso nei panni,
dell' acqua dei miei anni.


G. Caproni

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Vivo di sogni e di speranze pazze.
Nella mia libertà come sepolto
vedo passare i giorni,
sempre nuovi per me, sempre diversi.
Giorni ch'io vivo e perdo
come chi si costringe
in oscura caverna
a castigar la sua brama di luce.
Poi per le strade uscendo sul crepuscolo
lo incalza il disperato desiderio
di rincorrer quell'ora che gli sfugge.
Sempre avrò amore al mondo e brevi gioie.
E noie, disgrazie, mai mi parranno
meno precarie e meno tollerabili.
Chè non c'è nulla di continuo e certo nella mia vita, fuor che il vario inganno
della fortuna e le malie del tempo.
Non sono felice e nemmeno cerco d'esserlo.
A me, lamenti, querule rampogne,
effusioni soverchie, non s'addicono.
E nelle pene estreme aridi ho gli occhi.
Mi chiude nello sdegno un Dio la bocca.
Il non potere e non volere insieme
fanno un tale groviglio entro il mio petto
come radici di una vecchia pianta
che non crolla per impeto di vento
ma solo il fulmine potrà schiantare.



Vincenzo Cardarelli

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Ho creduto da bimbo che non l'uomo
si muove ma il fondale, il paesaggio.
Fu quando io, fermo, vidi srotolarsi
il lago di Lugano nel vaudeville
di un Dall'Argine che probabilmente
in omaggio a se stesso, nomen omen,
non lasció mai la proda. Poi mi accorsi
del mio puerile inganno e ora so
che volante o pedestre, stasi o moto
in nulla differiscono. C’è chi ama
bere la vita a gocce o a garganella;
ma la bottiglia è quella, non si può
riempirla quando è vuota.


Eugenio Montale

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Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Se ella adesso ripensa a Mario, le sembra di averlo conosciuto in un'epoca lontana. L'immagine
di loro due seduti sotto il cavalcavia le appare sfuocata, irreale, una cosa pensata e mai avvenuta
un sogno, ecco, sul quale tuttavia ella può riflettere appena, tanto è sfuggente e precario.
Ed anche la voce di Mario, le sue parole, i suoi occhi, i suoi capelli, tutta la persona di lui
sono idee indistinte che vanamente ella si sforzerebbe di fermare in un ricordo.
è come se Bianca - e così è infatti - uscisse da un urto psicologico contro una realtà
che ella tentava di far sua e che l'ha respinta brutalmente e definitivamente.
Ella si muove nella suggestione costante di essere scampata ad un pericolo: prova
un senso di vuoto e di liberazione insieme.


Cronache di poveri amanti (Vasco Pratolini)

Bagaglio di Parole - Pagina 3 Cronac10




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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Esco dalla lussuria.
M'incammino
per lastrici sonori nella notte.
Non ho rimorso o turbamento. Sono
solo tranquillo immensamente.
Pure
qualche cosa è cambiato in me, qualcosa
fuori di me.
Ché la città mi pare
sia fatta immensamente vasta e vuota,
una città di pietra che nessuno
abiti, dove la Necessità
sola conduca i carri e suoni l'ore.

A queste vie simmetriche e deserte
a queste case mute sono simile.
Partecipo alla loro indifferenza,
alla loro immobilità.
Mi pare
d'esser sordo ed opaco come loro,
d'esser fatto di pietra come loro.

Ché il mio padre e la mia sorella sono
lontani, come morti da tanti anni,
come sepolti già nella memoria.
Il nome dell'amico è un nome vano.

Tra me ed essi s'è interposto il mio
peccato come immobile macigno.
E se sapessi che il mio padre è morto,
al qual pensando mi piangeva il cuore
di essere lontano ora che i giorni
della vita comune son contati,
se mi dicesser che mio padre è morto,
sento bene che adesso non potrei piangere.

Son come posto fuori della vita,
una macchina io stesso che obbedisce,
come il carro e la strada necessario.

Ma non riesco a dolermene.

Cammino
per lastrici sonori nella notte.


Camillo Sbarbaro

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
MESTRUO LIBERO SELVATICO (2)

capriccioso come la mia gatta preferita
e libero e selvatico uguale a lei
prima o poi ritorni da un viaggio lungo
e insieme ci troviamo
quasi spesso bene.

ogni mese una storia nuova
e un segno sul calendario
(un'orma di gatta
con un Uniposca viola).

penso deve essere proprio per questo
che non divento pazza in un giorno soltanto
che non ho ancora fatto a pezzi il postino
o che non mi innervosisce il tubare dei piccioni.

ho due certezze nella vita
oltre gli ombretti dai colori bizzarri:
la mia gatta preferita
e un flusso (ir)regolare.

dormo tranquilla nella mia stanza.


francesca genti

Bagaglio di Parole - Pagina 3 47387310


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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Benvenuta estate.
Alla tua decisa maturità
m'affido.
Mi poserò ai tuoi soli,
ricambierò alla terra
in tanto sudore caldo
delle mie adempiute nutrizioni
i suoi veleni vitali.
Lascio la primavera
dietro di me
come un amore insano
d'adolescente.
Lascio i languori e le ottusità,
i sonni impossibili,
le faticose inerzie animali,
il tempo neutro e vuoto
in cui l'uomo è stagione.
Io che non spunto a febbraio coi mandorli,
non mi compiaccio all'arido sapore
di sasso che acuisce
il gusto dolce dell'acqua dei rivi,
alle gocciole chete
di nuvola randagia
che vanno in punta di piedi
in compagnia dei pensieri,
non colgo il biancospino;
chè amo i tempi fermi e le superfici chiare,
e ad ogni transizione di meriggio,
rotta l'astrale identità del mattino,
avverto gli spazi irritarsi,
e sento il limite e il male
che incrinano ogni cambio d'ora,
saluto nel sol d'estate
la forza dei giorni più eguali.
Ai punti estremi, alle stagioni violente,
come sotto il frantoio dei pericoli
dove ogni inquietudine si schianta
prendo le sole decisioni buone,
la mia fuggiasca fecondità
ritrovo.


Vincenzo Cardarelli

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Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Quando la salita cominciò, Ciàula fu ripreso dalla paura del bujo della notte, a cui tra poco si sarebbe affacciato.
Attraversando le gallerie, quella sera, non gli era venuto il solito verso della cor­nacchia, ma un gemito raschiato, protratto. Ora, su per la scala, anche questo gemito gli venne meno, arrestato dallo sgomento del silenzio nero che avrebbe trovato nella impalpabile vacuità di fuori.La scala era così erta, che Ciàula, con la testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all'ultima svoltata, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su, non poteva veder la buca che vaneggiava in alto. Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava di sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su, su, su, dal ventre della montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù lassù si apriva come un occhio chiaro, d'una deliziosa chiarità d'argento.Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria cresceva, cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato.Possibile? Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d'argento.Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna... C'era la Luna! la Luna!E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.

Ciaula scopre la luna (Pirandello)

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia ... e una bella mattina ...
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.

Il grande Gatsby (F. Scott Fitzgerald)

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NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
L’altro

Il tuo prossimo
è lo sconosciuto che è in te, reso visibile.
Il suo volto si riflette
nelle acque tranquille,
e in quelle acque, se osservi bene,
scorgerai il tuo stesso volto.
Se tenderai l'orecchio nella notte,
è lui che sentirai parlare,
e le sue parole saranno i battiti
del tuo stesso cuore.
Non sei tu solo ad essere te stesso.
Sei presente nelle azioni degli altri uomini,
e questi, senza saperlo,
sono con te in ognuno dei tuoi giorni.
Non precipiteranno
se tu non precipiterai con loro,
e non si rialzeranno se tu non ti rialzerai.

Kahlil Gibran

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Per me al mondo non v’ha un più caro e fido
luogo di questo. Dove mai più solo
mi sento e in buona compagnia che al molo
San Carlo, e più mi piace l’onda e il lido?

Vedo navi il cui nome è già un ricordo
d’infanzia. Come allor torbidi e fiacchi
- forse aspettando dell’imbarco l’ora -
i garzoni s’aggirano; quei sacchi
su quella tolda, quelle casse a bordo
di quel veliero, eran principio un giorno
di gran ricchezze, onde stupita avrei
l’accolta folla a un lieto mio ritorno,
di bei doni donati i fidi miei.
Non per tale un ritorno or lascerei
molo San Carlo, quest’estrema sponda
d'Italia, ove la vita è ancora guerra;
non so, fuori di lei, pensar gioconda
l’opera, i giorni miei quasi felici,
così ben profondate ho le radici
nella mia terra.

Né a te dispiaccia, amica mia, se amore
reco pur tanto al luogo ove son nato.
Sai che un più vario, un più movimentato
porto di questo è solo il nostro cuore.


U. Saba

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Molo Audace (Trieste, 2011)



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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
La rivedo ora non più sola, diversa,
nella stanza più interna della casa,
nella luce unita, senza colore né tempo, filtrata dalle tende,
con le gambe tirate sul divano, accoccolata
accanto al giradischi tenuto basso.
«Non in questa vita, in un'altra» folgora il suo sguardo gioioso
eppure più evasivo e come offeso
dalla presenza dell'uomo che la limita e la schiaccia.
«Non in questa vita, in un'altra» le leggo bene in fondo alle pupille.
E' donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente
certa.
E non è questa l'ultima sua grazia.
in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo né avverso.
«Conosci mio marito, mi sembra» e lui sciorina un sorriso [importunato,
pronto quanto fuggevole, quasi voglia scrollarsela di dosso
e ricacciarla indietro, di là da una parete di nebbia e d'anni;
e mentre mi s'accosta ha l'aria di chi viene
da solo a solo, tra uomini, al dunque.
«C'è qualcosa da cavare dai sogni?» mi chiede fissando su di me i suoi occhi vuoti
e bianchi, non so se di seviziatore, in qualche "villa triste",
o di guru.
«Qualcosa di che genere?» e guardo lei che raggia
tenerezza
verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto
e un poco mi compiange, credo, d'essere sotto quelle
grinfie.
«I sogni di un'anima matura ad accogliere il divino
sono sogni che fanno luce; ma a un livello più basso
sono indegni, espressione dell'animale e basta» aggiunge
e punta i suoi occhi impenetrabili che non so se guardano e dove.
Ancora non intendo se m'interroga
o continua per conto suo un discorso senza origine né fine
e neppure se parla con orgoglio
o qualcosa buio e inconsolabile gli piange dentro.
«Ma perché parlare di sogni» penso
e cerco per la mia mente un nido
in lei che è qui, presente in questo attimo del mondo.
«E lei non sta facendo un sogno?» riprende mentre sale
dalla strada
un grido di bambini, vitreo, che agghiaccia il sangue.
«Forse, il confine tra il reale e il sogno...» mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
«Non in questa vita, in un'altra» esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri
dall'uomo di cui porta, e forse li desidera, le carezze e il
giogo.

M. Luzi

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Quando triste rincaso e lei m’aspetta
alla finestra, se la bella e cara
moglie, ad un gesto, il mio male sospetta,
se il disgusto mi legge, od altro, in faccia,
tosto al mio collo le amorose braccia,
come due serpi vigorose, getta;
me solo accusa la sua voce amara.

"E così – dice – è così che mi torni.
Non un bacio per me, non un sorriso
per tua figlia; stai lì, muto, in disparte;
si direbbe, a vederti, che tu hai l’arte
di distruggerti. Ed io... guardami in viso,
guarda, se alle parole mie non credi,
questi solchi che v’ha lasciato il pianto.
Ero qui sola ad aspettarti; intanto
la nostra casa io l’ho rimessa, vedi?
come nel primo giorno.
Ma tu già non m’ascolti. Che passione,
e che rabbia mi fai!
Non s’ha il diritto, sai,
quando si vive con altre persone,
di tenere per sé le proprie pene;
bisogna raccontarle, farne parte
ai nostri cari che vivono in noi
e di noi".
"Quanto, quanto m’annoi",
io le rispondo fra me stesso. E penso:
Come farà il mio angelo a capire
che non v’ha cosa al mondo che partire
con essa io non vorrei, tranne quest’una,
questa muta tristezza; e che i miei mali
sono miei, sono all’anima mia sola;
non li cedo per moglie e per figliola,
non ne faccio ai miei cari parti uguali.


U.Saba

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Io cammino lungo un sentiero stretto.

Da un lato un precipizio scosceso,

un abisso dal fondo senza fine,

un fondo di profondità abissale.

Dall'altro i prati, le montagne, le case, la gente.

Io cammino e vacillo in quel crinale.

Sono sempre sul punto di cadere nel precipizio,

ma allora mi protendo verso il prato, le case,

le montagne, la gente.

Volteggio nella vita vibrante,

ma devo però ritornare su quel sentiero che costeggia il precipizio.

Quella è la mia via e devo percorrerla.

Resto in allerta per paura di cadere.

Ancora mi protendo verso la vita e la gente,

ma devo tornare sul sentiero lungo il precipizio.

E' il mio sentiero. Fino a quando precipiterò nell'abisso.


Edvard Munch

Bagaglio di Parole - Pagina 3 Munch_11

Edvard Munch, Notte d'estate. Inger davanti al mare, 1889.

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Jester
avatar
Viandante Storico
Viandante Storico
L'assenza fa impazzire il cuore
Tutte le cose solide diventano miraggi
Le certezze sono veli trasparenti,
Sabbia che scorre nelle nostre clessidre
Scappando tra le dita.

Io grido lungo la sporgenza
delle finestre chiuse
e corro cercando di trovare l'aurora
Credo nel credere, nel confutare
Ma è una prova quello di cui io ho bisogno
Puoi mostrarmi che sono io?
Puoi mostrarmi chi sei tu?

Viaggiare fa svagare la mente
Tutte le facce speciali svaniscono
Roteando via come un calda foschia
Brillando lontano all'orizzonte.

Per favore spedisci una foto
O un orecchio nel posto che sai
Una mappa del tesoro vecchia
Una chiave per la porta chiusa
Ho assoluto bisogno di Lei
Puoi aiutarmi di nuovo?
Puoi mostrarmi che sono io?
Puoi mostrarmi chi sei tu?

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NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Ti sei stancata di portare il mio peso



Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi

verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave



Nazim Hikmet

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c'incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam riaspettati al passo,
bestie caute,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.

Vincenzo Cardarelli


Bagaglio di Parole - Pagina 3 Munch10

Munch

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo. Dicono che, immergendosi allo specchio nei propri occhi – con attenzione cruciale e al tempo stesso con abbandono – si arrivi a distinguere finalmente in fondo alla pupilla l'ultimo Altro, anzi l'unico e vero Sestesso, il centro di ogni esistenza e della nostra, insomma quel punto che avrebbe nome Dio. Invece, nello stagno acquoso dei miei occhi, io non ho scorto altro che la piccola ombra diluita (quasi naufraga) di quel solito niño tardivo che vegeta segregato dentro di me. Sempre il medesimo, con la sua domanda d'amore ormai scaduta e inservibile, ma ostinata fino all'indecenza.

Elsa Morante, Aracoeli

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Viandante Mitico
Viandante Mitico
Strade che si dirigono in tutti i sensi, si rasentano da sé, s'allontanano, si ritrovano due o tre volte, si fermano; come se non sapessero dove andare; con le piazze piccole e sbilenche, ripide, affondate, senza spazio, perché tutti i palazzi antichi stanno addosso a loro. Cerchi e linee contorte di case, quasi mescolandosi come se ogni strada tentasse di andare per conto proprio; pezzi di campagne che appaiono dalla fessura di un vicolo visto in tralice, dalla scalinata d'una chiesa, da qualche loggia dimenticata e deserta.

Con gli occhi chiusi (Federigo Tozzi)

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Viandante Mitico
Viandante Mitico
L’egoismo degli esseri che si sono mescolati alla nostra vita, quando si pensa a loro, da vecchi, si dimostra innegabile, cioè come se fosse d'acciaio, di platino, e persino più durevole del tempo stesso.
Quando si è giovani, l'indifferenza più arida, le porcate più ciniche, si arriva a trovargli la scusa del capriccio passionale e chissà quale segno di un romanticismo inesperto. Ma più tardi, quando la vita vi ha mostrato per bene tutto quello che può esigere in cautela, crudeltà, malizia soltanto per essere mantenuta bene o male a 37°, ti rendi conto, sei informato, hai le carte in regola per capire tutte le stronzate che contiene un passato. Basta in tutto e per tutto contemplare scrupolosamente se stessi e quel che si è diventati in fatto di schifezza. Niente più mistero, niente più ingenuità, ti sei mangiato tutta la poesia visto che hai vissuto fino a quel momento.
E’ un cazzo fritto, la vita.

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte.

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E', quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Né io ... che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don ... Don ... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra ...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era ...
sentivo mia madre ... poi nulla ...
sul far della sera.


G.Pascoli

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Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Tornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono...

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano invano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereno, infinito, immortale,
oh, d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male.

Idem

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Cenere79
Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Probabilmente
non sei piú chi sei stata
ed è giusto che cosí sia.
Hai raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico piú grande del diadema
che ti abbagliava.
Non apparirai piú dal portello
dell'aliscafo o da fondali d'alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non ti chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l'arco dal baraccone.
Non me lo chiedo neanch'io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.

Montale

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Cenere79
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Ci sono sere che vorrei guardare
da tutte le finestre delle strade
per cui passo, essere tutte le rade
ombre che vedo o immagino vegliare

nei loro fiochi santuari. Abbiamo,
sussurro passando, lo stesso sogno,
cancellare fino a domani il sogno
opaco, cruento del giorno, li amo

anch’io i vostri muri pallidamente
fioriti, i vostri sonnolenti acquari
televisivi dove i lampadari
nuotano come polpi, non c’è niente

che mi escluda tranne la serratura
chiusa che esclude voi dalla paura.

Giovanni Raboni

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