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Ipotesi sulle condizioni trascendentali dell'esperienza umana, identità e bene

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1
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
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Il termine trascendentale indica il limite e la potenzialità ci qualifica come esseri umani e che rende umano il senso della nostra esperienza.
Secondo questa ipotesi, condizioni trascendentali dell’esperienza umana la necessità di un orientamento rispetto al bene, la presenza di un orizzonte e lo scambio interpersonale.
Tra le precondizioni necessarie all’agire fisico rientrano la presenza concreta dell’agente, la conoscenza certa, da parte di quest’ultimo della propria posizione e di quella dell’oggetto-meta. Affinché questi due luoghi possano determinarsi è necessario che il soggetto dell’azione disponga di una mappa dello spazio includente, in base a cui determinare la distanza che li separa ed il miglior itinerario da percorrere. L’azione fisica si dispiega come uno spostamento in direzione dell’oggetto - meta da parte di un agente in cerca di quel tipo di appagamento. Poiché tra le esigenze del soggetto uomo non rientrano unicamente bisogni di ordine fisico, il compito di localizzazione che dovrà affrontare per divenire un agente completamente funzionante sarà più complesso. Tra queste esigenze originarie rientrano le aspirazioni spirituali e morali.
L’ambiente entro cui il soggetto localizza il bene e si auto-individua come sorgente dei propri atti morali ha natura interpretativa. L’agente morale deve articolare necessariamente la mappa di questo spazio per essere pienamente funzionante. Infatti, l’uomo può entrare in relazione con il bene unicamente in questi termini, poiché la sua stessa identità si risolve in un problema di orientamento. Le ragioni di questa situazione chiamano in causa le coordinate costitutive della nostra forma di vita. L’uomo agisce e comprende il suo agire a partire dalla sua presenza fisica entro un ambiente. Oltre ad essere una realtà locale, l’uomo è anche una sorgente di interpretazioni. Lo spazio morale emerge attraverso un processo interpretativo ancorato all’esperienza concreta che l’uomo fa del suo mondo.Taylor spiega la genesi della nozione di fonte morale a partire dal significato che questa figura assume nell’esperienza umana. La sua valenza e la sua origine sono esistenziali. In base alla sua natura qualitativamente diversa l’uomo attribuisce a certi accadimenti un significato esistenziale, cioè modellato secondo le esigenze essenziali della sua esistenza che è, appunto, umana. L’uomo sperimenta in vita una serie di mancanze che si scontrano con il suo bisogno di gioire e di capire. Attraverso un processo interpretativo, il soggetto si appropria di questi vissuti e conferisce al corso indifferente delle cose un senso umano, cioè un valore che risponde alle sue esigenze. Per questa via la mancanza avvertita si condensa in un’idea di male, mentre la soddisfazione attesa pone le premesse per un’idea di bene. Accanto a questi luoghi morali fondamentali, l’ambiente significativo posto dal soggetto interpretante ne ospita un terzo, l’accesso al quale rappresenta la condizione di possibilità stessa dell’esperienza morale. L’accesso a tale luogo è cruciale, poiché da esso sprigiona quella forza morale che rende l’uomo capace di muoversi in direzione del bene. Poiché nella ricerca del bene l’essere umano può attingere l’energia serbata in esso, Taylor usa per indicarlo il termine fonte morale. Ad ogni fonte morale corrisponde qualcosa che è in noi e che ci consente di accedere ad essa.
L’orientamento in relazione al bene è una delle condizioni che Taylor ritiene indispensabili affinché esista un Io dotato di identità. La prova del ruolo costitutivo dell’orientamento morale viene ritrovata nella natura del nostro linguaggio valutativo. Tale linguaggio richiede infatti la presenza di un soggetto collocato in una specifica forma di vita che conferisca ai termini che utilizza quel preciso valore. Queste proprietà costituiscono caratteristiche reali del mondo vissuto dall’Io. Pertanto, la nozione di Io, chiarisce la necessità di un orientamento rispetto al bene. Una volta acquisito tale orientamento, il soggetto si identifica con la posizione che occupa ed è riconosciuto suo tramite La capacità di orientarsi in modo autonomo nello spazio morale si configura così come la condizione di funzionalità dell’Io stesso.
La topografia morale nella sua declinazione contestuale costituisce una parte fondamentale di un orizzonte di senso più ampio. Questa struttura significante è definita da Taylor orizzonte poiché traccia i limiti di comprensibilità del nostro mondo. Tale sfondo deciderà del significato delle diverse realtà ed assegnerà ad esse valore, ponendo così quel sistema di differenze indispensabili alla risoluzione del problema identitario.
Questo orizzonte è già presente, come articolatezza originaria e, ad un livello superiore e meno costitutivo, come interpretazione ereditata, ma la forma in cui si presenta dipende dall’articolazione, cioè dall’interpretazione formulata dai soggetti storici. L'l’idea d’orizzonte, qualifica una realtà di senso che si colloca all’incrocio di istintualità e cultura: essendo radicata nella nostra forma di vita non si può rimuovere, come qualcosa di accessorio o prescindere da essa se si vuole comprendere questo tipo d’esistenza; essendo frutto di un processo di articolazione ammette variazioni e, quindi i significati che definisce possono cambiare.
Nello spazio della fruizione comune, l’interpretazione diviene significativa attraverso la sua incarnazione in istituzioni e pratiche. Le idee e le pratiche nel loro insieme costituiscono quella mappa di distinzioni significative vissute che contribuisce ad orientare l’uomo. In base alle coordinate poste da tale sfondo, alcune realtà appariranno non significative, altre invece acquisteranno senso e questo secondo diversi gradi. Sarà così possibile riconoscere in cosa consista il significato della nostra autodefinizione e cosa sia fondamentale rispetto al suo compimento. In questo modo gli altri potranno riconoscere il soggetto come presa di posizione rispetto ad un bene, cioè come portatore di un identità. E' una condizionbe indispensabile perchè un significato è reale soltanto se condiviso.



La sbrodolata qua sopra, anche se vomitata da Taylor, resta un insieme di ipotesi ancor più ipotetico per il fatto che quel vomito io me lo sono mangiato e l'ho nuovamente rigettato da cui la gittata qui sopra. Insomma, io credo profondamente al concetto di orizzonte e alla necessità di un orintamento per autodefinirsi, così come sono convinta che senza una ratifica di tale autodefinizione senza il mutuo riconoscimento non si possa possedere alcuna identità. Credo anche che bene e male emergano davvero da esperienze di dolore e frustrazione o di piacere e appagamento che concernono la realtà e la sfera del senso. Però non sono così convinta che proprio l'idea di bene sia cruciale per la nostra identità e trovo evidente che spesso l'idea di bene collima proprio con ciò che chi reprime.
Cosa ne pensate?
Mi piacerebbe poi sapere quali sono per voi le condizioni trascendentali dell'esperienza umana, che in parole pover altro non sono se non limite e la potenzialità ci qualifica come esseri umani e che rende umano il senso della nostra esperienza.


Non prendetemi in giro perchè sono stata così seria.
Dovevo fare qualcosa intanto che mettevo lo smalto e ho ben 20 dita.

2
w.punci
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Viandante Residente
Viandante Residente
[quote="NinfaEco"]
Non prendetemi in giro perchè sono stata così seria.
quote]
Ma sopratutto concisa BeautyfulSuina

3
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
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Ipotesi sulle condizioni trascendentali dell'esperienza umana, identità e bene 214252 effettivamente avverto una leggera vergogna

4
The Royal
The Royal
Viandante Storico
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NinfaEco ha scritto:

Mi piacerebbe poi sapere quali sono per voi le condizioni trascendentali dell'esperienza umana, che in parole pover altro non sono se non limite e la potenzialità ci qualifica come esseri umani e che rende umano il senso della nostra esperienza.


Secondo me, Ninfaeco la questione dovrebbe semplicemente essere ricondotta alla limitatezza della natura umana
ed alla non cognizione dello sviluppo futuro delle proprie decisioni.

Quanto alla moralita' o non delle scelte o degli atteggiamenti si dovrebbe precisare che in realta' tutto nascerebbe a fin di bene, ma il male o l'immoralita' si svilupperebbero solo nel momento in cui venga attuato un uso distorto di una certa prerogativa.

Il bene, e tanto piu' quello morale sarebbe intrinseco, dal momento che bene, significherebbe automaticamente un richiamo alla costruttivita' ed alla edificazione, mentre male significherebbe una proiezione verso la distruzione e l'auto distruzione successivamenrte.

Ma come ben vediamo quindi il costriuire ed il distruggere sono due atteggiamenti in quanto tali che sussistono in se' stessi senza che possano essre relazionati a presenze esterne.

Mi spiego ancora :se io vengo isolato in una stanza assolutamente vuota e senza finestre, posso avere un atteggiamento di non accettazione -odio- aggressivita'- tendendo a colpire cio' che non c'e di fatto ma istintualizzando in astratto questo mio atteggiamento, oppure io posso essere disposto ad una non aggrssivita' pacifica.

Quindi la dicotomia bene male in quanto tale.
Potremmo dire che la moralita' in quanto tale sia basata sulla istintivita', aggessione o non.

Allora queste due pulsioni portate all'esterno nel mondo, semplicemente possono costruire o demolire.

Ma se noi ammettiamo sempre l'azione demolitrice- immoralita', ammettiamo di arriivare ad un certo punto dove un soggetto abbia demolito la realta' o comunque abbia continuamente atteggiamenmti conflittuali, rirovandosi poi in una situazione di isolamento esistenziale e solitiudinario.

Se invece ammettiamo un atteggiamento di non distruzione ma di accettazione -costruttivita'- interazione arriveremo a situazioni continuamente o potenzialmente positive che comunque non distruggeranno ma tenderanno a portare verso esiti di riuscita o comunque di non stress.

Quindi, secondo me, Ninfaeco., quelli che tu chiami le condizioni trascendentali dell'esperienza umana
sono semplicemente il modo di relazionarsi di ogni essere vivente verso altri esseri viventi.

La moralita', cioe' l'impulso del bene porta alla costruttivita' sociale e relazionale, mentre l'immoralita' o distruzione
degli elementi al di fuori di noi, porterebbe all'annullamento ed alla vanificazione di costrutti positivi.

L'esperienza umana quindi dipende dall'esercizio di questi due atteggiamenti.
Quindi, per esempio, perche' di potrebbe dire che certi atteggiamenti sono "immorali"..........

non tanto per una mera questione scandalistica che poi si fonderebbe sul vuoto e sulla non sussistenza, quanto per il fatto che sarrebbero atteggiamenti non costruttivi, ma fine a se stessi con esiti inconsistenti, se non autodistruttivi, cioe' non lascerebbero nessun senso di realizzazione nell 'ambito della coscienza umana.

Fermo restando, Ninfaeco, che ponendo un attimo la questione sul piano della sessualita',ad esempio, tema che viene ampiamente dibattuto nei thread specifici, ebbene trovo che quando un uomo ed una donna abbiano pulsioni e desideri, sarebbe soltanto ridicolo e farsesco parlare di moralita' od immoralita'.

La loro sperimentazione delle prerogative loro, avrebbe solo nei confini che loro ritenessero di conferirle.

Ma ridurre tutta la tematica alla sfera sessuale, sarebbe riduttivo nei confronti del tema che tu hai impostato. BeautyfulSuina

5
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
The Royal ha scritto: Secondo me, Ninfaeco la questione dovrebbe semplicemente essere ricondotta alla limitatezza della natura umana
ed alla non cognizione dello sviluppo futuro delle proprie decisioni.
Secondo l'ipotesi riportata sopra Limitatezza e COgnizione dello sviluppo futuro delle proprie decisioni coinciderebbero.
Le due basi teoriche che convergono in Taylor sono infatti Kant ( idea di limite noumenico) e Merlau-Ponty - Husserl ( incarnazione e orizzonte, idea di intenzionalità). Per parlare come magio significa che il limite della nostra esperienza è dato dalla modalità di esistenza che ci appartiene, cioè quella dell'agire intenzionale e orientato.

Quanto alla moralita' o non delle scelte o degli atteggiamenti si dovrebbe precisare che in realta' tutto nascerebbe a fin di bene, ma il male o l'immoralita' si svilupperebbero solo nel momento in cui venga attuato un uso distorto di una certa prerogativa.
Basta cambiare paradigma ( o topografia morale per conservare i termini usati sopra) perchè un uso sembri distorto o si distorca. La stessa idea di bene si evolve così: nuove idee penetrano in un orizzonte e trasformano la topografia morale facendo sembrare alla gente un certo bene non più un bene, o un bene mal perseguito. E' quindi questa la genesi del male così come appare agli uomini? Se così fosse sarebbero due fasi di uno stesso movimento... un po' come il giorno e la notte.

Il bene, e tanto piu' quello morale sarebbe intrinseco, dal momento che bene, significherebbe automaticamente un richiamo alla costruttivita' ed alla edificazione, mentre male significherebbe una proiezione verso la distruzione e l'auto distruzione successivamenrte.


Ma come ben vediamo quindi il costriuire ed il distruggere sono due atteggiamenti in quanto tali che sussistono in se' stessi senza che possano essre relazionati a presenze esterne.

Mi spiego ancora :se io vengo isolato in una stanza assolutamente vuota e senza finestre, posso avere un atteggiamento di non accettazione -odio- aggressivita'- tendendo a colpire cio' che non c'e di fatto ma istintualizzando in astratto questo mio atteggiamento, oppure io posso essere disposto ad una non aggrssivita' pacifica.

Quindi la dicotomia bene male in quanto tale.
Potremmo dire che la moralita' in quanto tale sia basata sulla istintivita', aggessione o non.

Allora queste due pulsioni portate all'esterno nel mondo, semplicemente possono costruire o demolire.

Ma se noi ammettiamo sempre l'azione demolitrice- immoralita', ammettiamo di arriivare ad un certo punto dove un soggetto abbia demolito la realta' o comunque abbia continuamente atteggiamenmti conflittuali, rirovandosi poi in una situazione di isolamento esistenziale e solitiudinario.

Se invece ammettiamo un atteggiamento di non distruzione ma di accettazione -costruttivita'- interazione arriveremo a situazioni continuamente o potenzialmente positive che comunque non distruggeranno ma tenderanno a portare verso esiti di riuscita o comunque di non stress.

Quindi, secondo me, Ninfaeco., quelli che tu chiami le condizioni trascendentali dell'esperienza umana
sono semplicemente il modo di relazionarsi di ogni essere vivente verso altri esseri viventi.

Aspetta.. non sono sicura di aver capito.
Il bene intriseco ( all'uomo e quindi morale) sarebbe una sorta di meta istintuale dell'uomo?
Ed interpreti il bene ed il male come modalità minime di relazione tra le persone?
L'idea di istinto morale è presente nella teoria a cui mi sono riverita sopra ma appunto come tendenza a perseguire il bene e a rifuggire il male, cosa che mi lascia perplessa.
Sganciandomi un attimo da questo, mi pare che il movomento che ti identifichi sia riconducibile alle due pulsioni fondamentali della psicoanalisi classica: morale sarebbe l'azione verso l'altro guidata da eros, l'altra quella guidata da thanatos ( non mi ricordo come si scrive). Ma neanche questo mi convince.
Riconduco a questo ciò che mi hai detto perchè parto dal presyupposto che effettivamente il relazionarsi agli altri, sia una condizione trascendentale della nostra esistenza.
Nessuno di noi potrebbe sapere chi è ( identità) e dove si trova ( realtà) se non incontrasse il mondo degli altri nello spazio terzo dell'incontro. In tale spazio si negoziano i significati, tra cui l'identità dei soggetti dialoganti, la realtà stessa e l'idea di bene. Se i parlanti li riconoscono esistono.
Quindi..si..indubbiamente hai ragione, ma tale condizione è appunto una condizione trascendentale.




Fermo restando, Ninfaeco, che ponendo un attimo la questione sul piano della sessualita',ad esempio, tema che viene ampiamente dibattuto nei thread specifici, ebbene trovo che quando un uomo ed una donna abbiano pulsioni e desideri, sarebbe soltanto ridicolo e farsesco parlare di moralita' od immoralita'.

La loro sperimentazione delle prerogative loro, avrebbe solo nei confini che loro ritenessero di conferirle.

Ma ridurre tutta la tematica alla sfera sessuale, sarebbe riduttivo nei confronti del tema che tu hai impostato. BeautyfulSuina

Invece è proprio la valutazione dell'atteggiamento che la moralità trasferisce su questa sfera a rendermi tanto scettica sull'istintività dell'idea di bene poichè è qui che si evidenzia quanto l'idea di bene radicata nel nostro orizzonte sia anti istintuale.
Proceda pure.

6
The Royal
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Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto:

Secondo l'ipotesi riportata sopra Limitatezza e COgnizione dello sviluppo futuro delle proprie decisioni coinciderebbero.
Le due basi teoriche che convergono in Taylor sono infatti Kant ( idea di limite noumenico) e Merlau-Ponty - Husserl ( incarnazione e orizzonte, idea di intenzionalità). Per parlare come magio significa che il limite della nostra esperienza è dato dalla modalità di esistenza che ci appartiene, cioè quella dell'agire intenzionale e orientato.

A mio modestissimo parere, NinfaEco, sono proprio i limiti cognitivi che ci legherebbero le mani.
Se noi potessimo muovere la nostra mente nella dimensione normalmente preclusa del futuro avremmo la cognizione piena della validita' o meno delle nostre decisioni.

Ti faccio un esempio molto semplice, Per farla breve io pratico la radiestesia e qualche anno fa' stavo cercando di rintracciare un mio amico.
Feci una seduta radioestesica che quella volta funziono', perche' avrebbe anche potuto non funzionare, e riuscii a localizzare quel mio amico che si trovava in un piccolissimo paesino di campagna nell'entroterra piacentino.

E riuscii, data la piccolezza del paese a contattarlo.
Se io non fossi riuscito ad entrare in contatto con lui, avrei avuto ripercussioni di notevoli negativita', che evitai, proprio perche' spostai il limite della mia esperienza in una dimensione al momento non ancora palese, che appunto palesai ottimizzando cosi' una scelta.
Caso a se' stante,

Nota bene che non ti sto' avversando: sto' individuando punti comuni di riflessione.

NinfaEco ha scritto:

Basta cambiare paradigma ( o topografia morale per conservare i termini usati sopra) perchè un uso sembri distorto o si distorca. La stessa idea di bene si evolve così: nuove idee penetrano in un orizzonte e trasformano la topografia morale facendo sembrare alla gente un certo bene non più un bene, o un bene mal perseguito. E' quindi questa la genesi del male così come appare agli uomini? Se così fosse sarebbero due fasi di uno stesso movimento... un po' come il giorno e la notte.

Ma NinfaEco, per accadere quello che tu dici, e' necessara una accettazione da parte della gente accettante e questa accettazione o meno dipende dal tasso di evoluzione culturale raggiunta dai soggetti.
Non a caso abbiamo sempre avuto miriadi di movimenti culturali, poiche' nel momento in cui nasceva una corrente di pensiero , automaticamente si ponevano le basi per una idea alternativa.
Per non parlare poi direttamente dei movimenti filosofici, che sono galassie di galassie, proprio perche' protesi alla ricerca di una verita' di fondo della situazione umana.

Quindi se salta fuori qualcuno che dice aprioristicamente parlando "questo e' bene e questo e' male", automaticamente nasce una verifica sulla consistenza di quei valori e se questi valori vengono accettati nel corso dei secoli od addirittura dei millenni, e' perche' chi vi ha aderito, ha riscontrato un motivo di appagamento o di soddisfazione delle proprie aspettative.

Normalmente quando un contenuto ci procura ambiti favorevoli, ebbene i suoi presupposti tendono ad essere mantenuti.

NinfaEco ha scritto:Aspetta.. non sono sicura di aver capito.
Nessuno di noi potrebbe sapere chi è ( identità) e dove si trova ( realtà) se non incontrasse il mondo degli altri nello spazio terzo dell'incontro. In tale spazio si negoziano i significati, tra cui l'identità dei soggetti dialoganti, la realtà stessa e l'idea di bene. Se i parlanti li riconoscono esistono.
Quindi..si..indubbiamente hai ragione, ma tale condizione è appunto una condizione trascendentale.

Scusa, ma qui devo amichevolmente contraddirti pur con tutta l'immensa stima che nutro per la tua intellettualita'.

Noi siamo quello che siamo immanentemente. Cio' che tu dici sono le simbologie che la cultura ci mette a disposizione, o che nei casi piu' eccellenti le elaboriamo noi stessi.
Pertanto grazie a queste simbologie, noi manifestiamo le nostre convinzioni che sono immanenti in quanto scaturenti si' da una visione e presa di atto delle condizioni che ci circondano, ma che sono elaborate dalla nostra personalita' innata.

Per esempio se io ad un bambino parlo diverse lingue egli le apprendera' in contemporanea e diventera' un poliglotta,Certo, e' stato influenzato da fattori esterni, ma le cognizioni ricevute vengono gestite dalla propria personalita'.

Personalita' che nei casi piu' magnifici si manifestano nei bambini prodigio musicisti, ad esempio che compongono o suonano senza sapere nulla di musica.Inizialmente.
Se fosse vera la teoria dei condizionamenti, non avrebbero queste manifestazioni spontannee di eccellenza.

NinfaEco ha scritto:Invece è proprio la valutazione dell'atteggiamento che la moralità trasferisce su questa sfera a rendermi tanto scettica sull'istintività dell'idea di bene poichè è qui che si evidenzia quanto l'idea di bene radicata nel nostro orizzonte sia anti istintuale.
Proceda pure.

Consentimi, NInfaEco, ma qui io mi sto' benignamente divertendo nel senso che trovo che tu stia usando la parola moralita' in senso moralistico e ti prego di non adirarti e risentirti, sarebbe l'ultima cosa che vorei provocare nella tua colta personalita'.
Per fare allora quell'esempio semplice, se un uomo ed una donna liberamete decidino di praticare nei loro rapporti tutta una serie trattamenti erotici sensazionali e reciproci, un certo tipo di morale potrebbe idealmente disapprovarli.

Ma i nostri due soggetti tranquillamente procedono nelle loro pratiche sessuali.
La meditazione potrebbe nascere dopo:cioe' espletate le loro pratiche e beninteso anche decidendo di attuarne delle nuove portebbe nascere in loro un interrogativo di verifica e cioe', se questo loro atteggiamento abbia edificato qualcosa oppure no e se il loro grado di appagamento sia stato autentico, oppure riscontrino che nonostante l'immenso piacere provato, resti un avuoto di fondo circa l'uso che della loro sessualita' hanno deciso di fare.

Ma questo e' uno spunto personale potenzialmente nascente nelle lorio coscienze, E da qui la verifica, se in quella morale che loro avevano avversato ed erano liberi di farlo, ci fosse o meno qualche cosa di buono oppure no.
BeautyfulSuina BeautyfulSuina BeautyfulSuina

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nextlife
nextlife
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
NinfaEco ha scritto: Insomma, io credo profondamente al concetto di orizzonte e alla necessità di un orintamento per autodefinirsi, così come sono convinta che senza una ratifica di tale autodefinizione senza il mutuo riconoscimento non si possa possedere alcuna identità.

Architettura morale certo e -distinguendo il livello di astrazione- auspicabilmente anche etica.
Identità che dialogano validandosi e procedendo a delinarsi, costruirsi: nuovamente sì, ma entro quali confini? Quelli comunitari? No, non ritengo validi quelli che le relegherebbero ad enti monoculturali (con buona pace di Taylor, MacIntyre e quant’altri).
Se la dialettica riguarda un raffronto ed una modulazione degli ipervalori, perché non soffermarsi ad osservare come la topografia del quadro di riferimento sia il tentativo dinamico di rappresentare cioè che ontologicamente si eleva sopra ogni cosa, anche del bene o del male: la verità.
Trovo sia essa -ma meglio- ogni relativistico approcciarsi ad essa, l’irrinunciabile condizione trascendentale dell’esperienza umana laddove può forse qualificarsi, in quanto non intimamente convinta dell’imperturbabilità dell’inconoscibile.

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doctor faust
doctor faust
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Siate brevi. Nel giorno del giudizio universale la vostra vita non sara' che un peto.
Ghoete

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The Royal
The Royal
Viandante Storico
Viandante Storico
doctor faust ha scritto:Siate brevi. Nel giorno del giudizio universale la vostra vita non sara' che un peto.
Ghoete

Purtroppo dissento da Ghoete.
Credo che gli argomenti abbiano bisogno,per quanto mi riguarda ,dell'estensione di cui possano aver di bisogno.

Nel giorno de giudizio la nostra vita non sara' un peto.
Sara' una realta' eternizzata dove porteremo addosso e per sempre i segni del bene o del male fatto. BeautyfulSuina



Ultima modifica di The Royal il Ven 27 Ago 2010 - 13:54 - modificato 1 volta.

10
falansterio
falansterio
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Con un nick come quello, non può che citare Goethe. Basta che lo scriva corretto, almeno lui.

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xmanx
xmanx
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
uhm...parto da una considerazione: il cosiddetto "bene" non può mai prescindere da ciò che è "bene per me"...o ciò che è il "meglio per me". Non esiste - quindi - un bene universale al quale uniformarsi (quello sì...può reprimere una persona). Può esistere un orizzonte di riferimento. Ma una strada del tutto personale per arrivarci. Una strada che sia il "meglio per me".

Nessuno può privarci della esperienza. Che ci porta a capire chi siamo. E che cosa è "meglio per noi". Perchè è proprio questo percorso la nostra identità...non il fatto di aderire a un "bene universale".

12
PorceDi
PorceDi
Viandante Storico
Viandante Storico
Il problema inizia quando il meglio per noi diventa peggio per gli altri.

13
The Royal
The Royal
Viandante Storico
Viandante Storico
xmanx ha scritto:uhm...parto da una considerazione: il cosiddetto "bene" non può mai prescindere da ciò che è "bene per me"...o ciò che è il "meglio per me". Non esiste - quindi - un bene universale al quale uniformarsi (quello sì...può reprimere una persona). Può esistere un orizzonte di riferimento. Ma una strada del tutto personale per arrivarci. Una strada che sia il "meglio per me".

Nessuno può privarci della esperienza. Che ci porta a capire chi siamo. E che cosa è "meglio per noi". Perchè è proprio questo percorso la nostra identità...non il fatto di aderire a un "bene universale".
Dipenderebbe dal punto di vista, poiche' essendo noi in una collettivita' organizzata, necessariamente non possiamo fare a meno di interagire con altre persone.

La cosiddetta strada del meglio per me: e' una realta', ma se tutti poniamo come fondamento ,la strada del meglio per me, potremmo imbatterci in un'aberrazione es: per me sarebbe molto meglio rubare e lucrare senza fatica,ma........le altre parti che subiscono?

Di qui l'esigenza dell'equilibrio.

PorceDi ha scritto:Il problema inizia quando il meglio per noi diventa peggio per gli altri.

Verissimo. Ma a questo punto il problema diventerebbe addirittura tragico quando il meglio per gli altri diventasse il peggio per me, parte soccombente .

Esiste anche un proverbio: Un problema sulle spalle di un altro diventa un filo di paglia.

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doctor faust
doctor faust
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
The Royal ha scritto:
doctor faust ha scritto:Siate brevi. Nel giorno del giudizio universale la vostra vita non sara' che un peto.
Ghoete

Purtroppo dissento da Ghoete.
Credo che gli argomenti abbiano bisogno,per quanto mi riguarda ,dell'estensione di cui possano aver di bisogno.

Nel giorno de giudizio la nostra vita non sara' un peto.
Sara' una realta' eternizzata dove porteremo addosso e per sempre i segni del bene o del male fatto. BeautyfulSuina

va be...ognuno poi fantastica come meglio crede.

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