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Una storia americana

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Viandante Residente
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Sono tornato da poco dagli Stati Uniti. In realtà avrei dovuto rientrare per votare, ma poi è successo che una collega che conosco da parecchio ha invitato me a alcuni altri amici nel Midwest a casa di sua nonna, che era mancata qualche mese fa, e dove voleva prendere qualche ricordo prima di metterla in vendita. Non era un viaggio triste, la nostra amica Kate ricordava che ancora fino a tre anni fa tutta la famiglia si riuniva a casa della nonna per festeggiare il giorno del Ringraziamento, ed erano grandi feste, mangiate a strappatrippa, giochi, racconti, allegria. E così voleva che fosse quel weekend tra amici. Naturalmente ho accettato con piacere, per quello che mi interessavano le elezioni, e venerdì pomeriggio, insieme con gli amici, ho preso il volo dal Kennedy per la città di Des Moines, Iowa.
Faceva un freddo terrificante, ma fortunatamente la nonna di Kate aveva un grande camino, e la provvista di legna era ancora a disposizione, in modo che alla sera, dopo la bistecca di ordinanza, ci siamo messi tutti intorno al camino, chi con una birra, chi con un buon bicchiere di bourbon, a rievocare episodi del passato. Sarebbe stata una serata come tante altre, se Kate non avesse trovato in fondo ad un baule il diario del bisnonno, cioè del padre di sua nonna, il primo ad avere abitato quella casa.
Tutti noi ci siamo ovviamente incuriositi, e poi si vedeva lontano un miglio che Kate aveva una gran voglia di leggere quel diario, magari proibito fino a ieri, e soprattutto non voleva leggerlo da sola, per paura di commuoversi troppo. Prima però lo ha fatto girare, in modo che tutti potessimo dargli un’occhiata. Una scrittura antiquata con un inchiostro da stilografica un po’ stinto, ma molto si riusciva ancora a leggere. Sul frontespizio c’era scritto, in bella calligrafia: Diario di Jennery Cullmillet, nato a Fort Dodge, Iowa il 18 giugno 1898, e poi le date degli eventi importanti per la famiglia: il matrimonio con Grieves e la nascita dei tre figli (naturalmente traduco, altrimenti non ce la caviamo più). Dopodiché Kate ha iniziato a leggere. Sintetizzando, il nostro Jennery era il terzo figlio maschio di una famiglia di contadini di Fort Dodge e, siccome la fattoria era piccola e non si poteva certo pensare che in futuro fosse in grado di dar da mangiare a tre famiglie, aveva pensato di andare in città, dopo avere preso il diploma di ragioniere alle scuole serali perché di giorno doveva aiutare il papà e i fratelli nei campi.
E così nel 1917 il nostro Jennery va in città e viene assunto come ragioniere contabile presso la premiata ditta Laydownthequayle & Laydownthequayle Ltd. 84 Broad Str., Des Moines, Iowa, scritto proprio così.
I due soci, padre e figlio, erano personaggi particolari, di una rettitudine a prova di olgettina, che si facevano un punto di onore di trattare fornitori, clienti e dipendenti con una correttezza assoluta. Puntuali nell’esigere i crediti come nell’effettuare i pagamenti, si erano ripromessi di erogare ai dipendenti (dodici in tutto) dei salari in linea con la media salariale del Paese, perché nessuno potesse dire che un dipendente della Laydownthequayle & Laydownthequayle guadagnava un fottuto centesimo in meno dei suoi omologhi negli States. E qui Jennery faceva notare il linguaggio sboccato dei suoi datori di lavoro, aggiungendo che se Ma’ Cullmillet avesse sentito lui pronunciare una parola del genere, lo avrebbe preso grande e grosso come era e gli avrebbe lavato la lingua con il sapone, per insegnargli come si parla.
E così il nostro Jennery aveva il compito, al primo febbraio di ogni anno, di calcolare il salario medio dei dipendenti americani e di attualizzarlo al potere di acquisto, in modo che nessun dipendente potesse andare da uno qualsiasi dei signori Laydownthequayle per lamentarsi che quell’anno aveva dovuto rinunciare ad una sola fottuta bistecca rispetto all’anno precedente.
E ancora considerazioni su Ma’ Cullmillet, il figlio grande e grosso e il sapone. Pare che Pa’ Cullmillet fosse un tantino più permissivo sul linguaggio e che a volte lui stesso utilizzasse qualche termine poco adeguato ad una congregazione religiosa, ma soltanto quando era nei campi e non a portata dell’orecchio della moglie. Chissà se anche il pater familias, nel caso, avrebbe dovuto sopportare l’onta del sapone sulla lingua: purtroppo non ci è dato saperlo, e non lo sapremo mai.
Jennery racconta che, terminato il periodo di prova al 31 dicembre 1917, il signor Laydownthequayle junior gli fissò per il 1918 un salario di 1.000 dollari, rivalutabile dall’anno successivo sulle stesse basi degli altri dipendenti.

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Viandante Residente
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Il diario era interessantissimo: uno spaccato della vera vita di un giovane impiegato americano nei ruggenti anni venti; un bravo ragazzo, lavoratore, senza grilli per la testa, uno che non andava negli speakeasy a rimpinzarsi di alcol di contrabbando, ma frequentava la chiesa ed era in cerca di una brava ragazza che poi ha trovato, e sposato nel 1923.
Nel frattempo il salario di Jennery era aumentato come, da buon ragioniere, aveva costantemente segnato sul suo diario: ogni 1 febbraio ricalcolava il salario suo e degli altri dipendenti, secondo le indicazioni dei signori Laydownthequayle che volevano che il potere d’acquisto di ogni loro dipendente fosse allineato a quello della media dei lavoratori d’America. Così Jennery Cullmillet, avendo raggiunto un salario reale di 1120 dollari, decise che era in grado di mantenere una moglie e, eventualmente, anche dei figli, qualora fossero arrivati. La foto color seppia incollata sul diario è troppo sbiadita per distinguere le figure di Jennery e Grieves, che possiamo solo immaginare nel giorno più bello della loro vita, insieme a parenti e amici.
Certo che in soli cinque anni un aumento di 120 dollari non era affatto poco, e lasciava ben sperare per il futuro: infatti nel 1929 alla nascita della terza figlia, la nonna di Kate, il salario reale del ragioniere contabile era arrivato alla cifra di 1220 dollari. Eravamo tutti stupiti dalla capacità di Jennery con i numeri: riusciva a verificare l’incremento monetario corrispondente all’incremento reale del salario suo e di tutti i dipendenti dell’azienda, ma nondimeno eravamo stupiti dalla assoluta correttezza del signor Laydownthequayle junior (il padre era nel frattempo passato a miglior vita, anche se la ragione sociale dell’azienda non era variata), che continuava ad incrementare i salari dei propri dipendenti secondo le modalità stabilite ormai una ventina d’anni prima, prima ancora che venisse assunto il ragioniere.
Anche la foto del 1929 è molto sbiadita: possiamo solo immaginare la nonna di Kate neonata in braccio alla madre, circondata dal papà e dai due fratelli maggiori; come possiamo immaginare la famiglia Cullmillet ottimisticamente proiettata verso un futuro di sempre maggiore prosperità, incoraggiata dall’aumento di 220 dollari in soli 11 anni del salario del capofamiglia. Continuando così le cose, chissà, forse tra un paio d’anni Jennery avrebbe potuto perfino permettersi una Ford modello T, un’automobile finalmente! Con la quale portare in giro tutta la sua famigliola.
Non è che queste cose me le immagini io, o venissero fuori da elucubrazioni del nostro gruppo di amici, magari agevolate da un tasso alcolico in rapido aumento per tutti. Assolutamente no: erano tutte considerazioni riportate nel diario di Jennery, che si era anche spinto a considerare quale avrebbe dovuto essere il suo salario nel 1931 (o 32) per potersi permettere l’automobile di cui sopra.
Ahimé, non sarebbe andata così.

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E il buon Jennery se ne rese conto, come si leggeva nel diario, il 1 febbraio del 1931, quando per la prima volta dopo tredici anni, si trovò a dovere diminuire anziché aumentare i salari dei dipendenti, tutti i dipendenti lui compreso. E non ci fu niente da fare: il signor Laydownthequayle disse che aveva diviso i momenti belli con i suoi dipendenti, e che oggi i dipendenti dovevano dividere il momento brutto con lui, che non poteva certo muoversi in controtendenza rispetto al paese né fallire per voler pagare troppo i collaboratori.
Tempi duri per la famiglia Cullmillet, niente più automobile e cinghia stretta per tutti, compresa la nonna di Kate, che doveva arrangiarsi con i vestiti smessi dai fratelli e quanto a giocattoli, lasciamo perdere.
Ma il peggio doveva ancora arrivare: i dipendenti della Laydownthequayle & Laydownthequayle si videro decurtare i salari anche negli anni successivi, e nel 1933 il povero Jennery doveva sbarcare il lunario e mantenere la famiglia con uno stipendio di soli 810 dollari, addirittura inferiore – e di molto – al primo salario che gli era stato assegnato e con il quale riusciva a mantenersi a pensione in una stanza d’affitto presso la vedova Bighawk. In soli 4 anni il suo salario, che aveva impiegato ben undici anni per aumentare di 220 dollari, era precipitato di ben 410 dollari, con conseguenze devastanti sulla qualità della vita della sua famiglia.
E le prospettive non erano certo brillanti, anzi. Il buon Presidente Hoover era stato sconfitto alle elezioni, e adesso erano i democratici a stare alla Casa Bianca, preparando chissà quali disastri per il futuro: si parlava già di una socialistizzazione dell’America, con lo Stato che pretendeva di mettere il becco nella vita di tutti gli onesti cittadini americani. Le prospettive erano buie e il signor Laydownthequayle aveva già lasciato intendere che l’azienda non sarebbe sopravvissuta ad un altro anno di affari in ribasso. Alcuni dipendenti avevano lasciato l’Azienda per andare a cercare fortuna verso Ovest, ma coloro che erano rimasti continuavano a lavorare con buona lena, nonostante i sacrifici richiesti.
E come è come non è, forse perché i dipendenti erano diminuiti, forse perché più in basso di così l’America non poteva andare, forse perché (Dio ci scampi) la politica del nuovo Presidente funzionava per davvero, il 1 febbraio del 1935 Jennery Cullmillet ebbe nuovamente una sorpresa: i salari dei dipendenti della Laydownthequayle & Laydownthequayle potevano riprendere ad aumentare, seppure di poco.
Ci fu grande festa quel giorno in azienda, il signor Laydownthequayle non parlava più di chiusura, ma tornava a guardare il futuro con ottimismo, e forse quest’anno la nonna di Kate avrebbe avuto per la prima volta un vestitino nuovo. O magari lo avrebbe avuto il prossimo, la Ford modello T rimaneva un sogno irraggiungibile, ma quest’anno la famiglia Cullmillet avrebbe potuto riprendere a mangiare qualche fottuta bistecca. A questo punto Jennery non riuscì ad evitare di pensare che perfino sua madre buonanima, se lo avesse sentito, avrebbe perdonato quell’espressione così poco cristiana e per nulla confacente alle regole della buona educazione. Per una volta niente sapone, si autoassolse il capo della famiglia Cullmillet, facendo le veci della madre.
Le pagine successive del diario facevano trasparire ottimismo, salari in crescita come i bambini, che andavano a scuola con dei bei vestitini sani e puliti e non più quei vecchi calzonacci rattoppati di prima. Jennery scriveva quasi commosso della prima mazza da baseball del figlio maggiore e della prima bambola di pannolenci della nonna di Kate. La vita continuava ad essere dura: cinque anni dopo il primo aumento, il salario di Jennery non era ancora ritornato ai livelli del 29, ma comunque era superiore a quello con cui viveva a pensione dalla vedova Bighawk. Però era ritornata la speranza, il signor Laydownthequayle aveva ripreso ad assumere dei collaboratori e la ditta prosperava, senza esagerare, ma quel tanto che era sufficiente a garantire un dignitoso tenore di vita per i dipendenti.

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E siamo arrivati all’ultima pagina del quaderno, con il 1942 e lo scoppio della guerra. Chissà se il bisnonno di Kate ha continuato a scrivere il suo diario su un altro quaderno: di sicuro Kate non è riuscita a trovarlo, e così abbiamo lasciato la famiglia Cullmillet di fronte a questo grande evento a cui però nessuno di loro ha partecipato, chi perché troppo vecchio chi perché troppo giovane. Una guerra vissuta da distante, e che forse non ha cambiato troppo la vita della famiglia di quell’oscuro ragioniere del Midwest.
Il giorno dopo siamo andati in Broad Street, e ovviamente al numero 84 non c’era nessuna azienda Laydownthequayle & Laydownthequayle, ma solo un negozio che vendeva telefoni cellulari. Fortunatamente è rimasto il diario del ragioniere a ricordare le speranze e le illusioni di quella generazione. Nel corso della giornata Kate ci ha raccontato che suo bisnonno non è mai riuscito a comprare la Ford modello T che sognava nel 1929; il primo della famiglia a possedere un’automobile fu il figlio maggiore di Jennery, che era andato a lavorare in una società petrolifera del Texas e guadagnava un pozzo di soldi già ai tempi di Eisenhower. Tutta la famiglia Cullmillet è sempre stata irriducibilmente repubblicana, e dopo avere ingoiato rospi e delusioni per vent’anni, si è presa qualche soddisfazione anche in campo politico, anche se pagata a caro prezzo: due zii di Kate sono morti nella guerra del Vietnam, la prima combattuta da qualche membro della famiglia Cullmillet. Kate, naturalmente, sta per Obama, ma lei non conta: è stata a Yale con una borsa di studio.


Ovviamente in questa storia non c’è niente di vero, a partire dai nomi dei protagonisti, che sono tutti napoletani: Jennery Cullmillet sta per Gennaro Scognamiglio, Grieves sta ovviamente per Dolores, Bighawk sta per Falcone, mentre la Laydownthequayle & Laydownthequayle è la americanizzazione della ditta Posalaquaglia & Posalaquaglia resa immortale da Totò e Peppino. Che mi sembrava molto indicata.
Sì, lo so: si scrive quail e non quayle, ma volevo fare un mischio panna con un vicepresidente Usa, che non è di certo passato alla storia come il più brillante di tutti.
Perché questa finta storia americana? Perché quando un tizio si spaccia per grande economista sparando balle spaziali, quando scambia un esempio per un errore e continua a urlare insulti a chi non la pensa come lui, allora discutere è solo una perdita di tempo.
Non posso leggere che la crisi dei subprime è responsabilità dell’interventismo dello stato nell’economia per tenere bassi i tassi di interesse: semplicemente perché non è solo falso, è anche stupido.
Mentre è vero che il mercato si autoregola senza bisogno di interventi esterni, ma lo fa solo a posteriori, quando i danni sono stati fatti. E’ vero che nessuno sottoscrive più mutui in divise diverse dalla propria, perché dopo la svalutazione della lira rispetto all’ecu la gente ha verificato l’esistenza del rischio di cambio: nel frattempo, però, qualcuno ci ha rimesso la casa. È vero che nessuno sottoscrive più bond emessi da paesi in via di sviluppo anche se garantiscono alti tassi di interesse, perché la gente ha potuto verificare l’esistenza del rischio paese. Nel frattempo però qualcuno ci ha rimesso i risparmi di una vita.
E potrei continuare per molto tempo, ma con certa gente discutere è inutile: si può solo dire ad alta voce, ma senza gridare, che il re è nudo.
D’altra parte noi in Italia abbiamo per anni considerato come campione dell’antistatalismo un impiegato statale che mandava certificati fasulli per partecipare al Costanzo Sciò, abbiamo preso per campione del liberismo un piccolo avvocato di provincia che ha avuto il grande merito di avere inventato l’otto per mille, e per finire abbiamo consegnato una patente di economista a un mitomane vestito da spaventapasseri che millantava lauree e master raccolte come ciliegie in tutte le università del mondo e dintorni.
E con gente di questo tipo abbiamo a che fare tutti i giorni, ce la ritroviamo ovunque, dal tram al parlamento, e io mi sono stufato. Quindi mi chiedo perché mai devo star qui a discutere con un cretinetti, pure maleducato.
Un cordiale saluto a tutti.

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