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Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto

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1
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Complice il mio stato d'animo odierno, coadiuvata dall'ultima sigaretta che mi resta e che è per me un fondamentale sussidio espressivo, faccio una domanda che mi frulla in testa da un po'.  cool  Che nessuno la intenda in modo diverso da come è posta perchè vi accollerò per intero la responsabilità di ogni attribuzione d'intenti indebita.  Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 827538 

Sappiamo che qui circolano persone competenti in materia di psiche. A queste persone, in quanto uniche rappresentati della categoria qui presenti, vorrei rivolgere una domanda.
La domanda è chiaramente formulata sulla base un'impressione che è da intendersi come parte integrante del fenomeno da analizzare. 

Come fate ad essere sicuri nell'affermare alcune cose o nel negarne altre sulla base della vostra disciplina? Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Sono tutte domande che nascono dall'aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. Dato che credo che si tratti invece di uno strumento che dovrebbe agevolare il contatto con ciò che è umano, la cosa mi ha lasciato molto perplessa. La peplessità alimenta in me la voglia di cercare... e cercare ancora. Ogni cosa è una ruota per il mio criceto, quindi se volete porgergli un semino ve ne sarà grato

2
Hara2
Hara2
Viandante Storico
Viandante Storico
Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Le risposte sono esattamente le stesse che ti darebbe un idraulico.

La differenza è che lui si fa pagare di più... Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 73990920

3
lupo
avatar
Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto:...aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. ..


forse dipende dalla persona più che dallo "strumento"

4
biba
biba
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Il fatto che ancora non rispondano, è inquietante ;)
Confesso che un paio di sedute le ho fatte anche io :P
È stato interessante, a volte ho avuto l'impressione di avere, ben nascosto, un libretto di istruzioni.

5
Rupa Lauste
Rupa Lauste
Viandante Storico
Viandante Storico
sí é inquietante...uno psicoterapeuta non dovrebbe dormire la notte. Dovrebbe stare sveglio e rispondere ai messaggi de La Valle dell'Eco.

6
biba
biba
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Giusto. Sempre pronto ad aiutare il prossimo :P anche per chi, come me, non ha più speranze ;(

7
biba
biba
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Poi, tu? Alle nove di sera dormivi?..."a' busciardo"!

8
Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Rupa Lauste ha scritto:sí é inquietante...uno psicoterapeuta non dovrebbe dormire la notte. Dovrebbe stare sveglio e rispondere ai messaggi de La Valle dell'Eco.

verissimo.
E anche far tesoro dei consigli di Schizzo.

9
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Io credo che l'argomento sia molto delicato.
Quindi se lo trattiamo con la giusta delicatezza sono certa che interverranno appena avranno tempo.
Se servono ulteriori precisazioni da parte mia chiedete.

Hara2 ha scritto:
Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Le risposte sono esattamente le stesse che ti darebbe un idraulico.

La differenza è che lui si fa pagare di più... Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 73990920


Secondo me non è così. Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte. Questa è la cosa che fa incavolare molti pazienti, che rivendicano la  al loro terapeuta la loro comune umanità, pretendendo contemporaneamente da quest'ultimo una sorta di sovrumanità.
La sovrumanità richiesta terapeuta consiste ad esempio nella sua responsività assoluta ( rispondo sempre, ho una risposta per tutto, ho la risposta giusta).
Ora, dato che in terapia accade questo, può chi sceglie di incarnare il ruolo di terapeuta non confrontarsi con questa realtà?
Io non credo . Quindi:
cosa lo spinge ad assumersene l'onere?
può tale richiesta/attribuzione essere per lui neutra?
può prescindere da essa nella scelta di imboccare un certo percorso professionale?
come si riflette su di lui?

10
Magonzo
Magonzo
Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto: Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte. Questa è la cosa che fa incavolare molti pazienti, che rivendicano la  al loro terapeuta la loro comune umanità, pretendendo contemporaneamente da quest'ultimo una sorta di sovrumanità.
La sovrumanità richiesta terapeuta consiste ad esempio nella sua responsività assoluta ( rispondo sempre, ho una risposta per tutto, ho la risposta giusta).
Ora, dato che in terapia accade questo, può chi sceglie di incarnare il ruolo di terapeuta non confrontarsi con questa realtà?
Io non credo . Quindi:
cosa lo spinge ad assumersene l'onere?
può tale richiesta/attribuzione essere per lui neutra?
può prescindere da essa nella scelta di imboccare un certo percorso professionale?
come si riflette su di lui?
questa è una domanda sulla "purezza" deontologica di una professione, per quanto discutibile;

ma, dovendo essere operata e potendo scegliere tra due chirurghi, ti porresti l'interrogativo su quale sia il più bravo o quale nella sua scelta di fare il medico sia motivato dall'empito altruista, ovvero dalla possibilità di una vita agiata ?

noi abbiamo a disposizione anche un criterio funzionale, che forse non soddisfa in pieno a tutti i possibili interrogativi, ma può costituire un criterio approssimativo correlato ai risultati;

se soffri di agorafobia e una terapia che duri un ragionevole periodo ti libera, almeno in parte e ti fa stare meglio, puoi avere una parziale risposta;
se soffri perché la mamma non ti ha voluto bene come credevi doveroso e dopo 15 anni di terapia freudiana ortodossa sei ancora nelle barbe, puoi vederla in un modo abbastanza critico;

su queste cose, ovviamente, sorgono tanti problemi, o ve ne sono sempre di potenziali; te lo dice uno che ha convissuto 5 anni con una paziente di analista freudiano poco ligio alle procedure, e che ha avuto un parte non indifferente nella nostra rottura;
per essere espliciti, ha presentato a lei un suo amico mobiliere che l'ha invitata a trasferirsi in Brianza per lavorare da lui; roba da cacciata dall'ordine a calci in culo a due a due finché non diventano dispari...

11
Hara2
Hara2
Viandante Storico
Viandante Storico
Aggiungoche su internet vi sono forum, che si dichiarano seri, nei quali scrupolosi professionisti vagano a caccia di clienti.
E' difficile comprendere questo mestiere per chi non non ne ha fatto esperienza, da una parte o dall'altra della scrivania ma, insisto, mi trovo nella stessa situazione quando viene l'idraulico e mi spiega come regolare il pressostato... Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 73990920 

I modelli teorici e le risultanti tecniche in definitiva sono semplici attrezzi, se ti serve quello a punta piatta lo usi, se ne sei capace, e dopo l'uso lo rimetti al suo posto.

(continua)

12
Yale
Yale
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Io, a dire il vero, non ho nemmeno capito la domanda.
In particolare mi è ostico questo passaggio.

NinfaEco ha scritto:

Come fate ad essere sicuri nell'affermare alcune cose o nel negarne altre sulla base della vostra disciplina? Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Riesci a fare un esempio?

Anche questa seconda parte mi risulta difficile.
NinfaEco ha scritto:
Sono tutte domande che nascono dall'aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. Dato che credo che si tratti invece di uno strumento che dovrebbe agevolare il contatto con ciò che è umano, la cosa mi ha lasciato molto perplessa.

Concretamente chevordì?


Questo commento invece l'ho compreso e te lo boccio.

NinfaEco ha scritto:
Secondo me non è così. Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte. Questa è la cosa che fa incavolare molti pazienti, che rivendicano la  al loro terapeuta la loro comune umanità, pretendendo contemporaneamente da quest'ultimo una sorta di sovrumanità.
La sovrumanità richiesta terapeuta consiste ad esempio nella sua responsività assoluta ( rispondo sempre, ho una risposta per tutto, ho la risposta giusta).
Ora, dato che in terapia accade questo, può chi sceglie di incarnare il ruolo di terapeuta non confrontarsi con questa realtà?
Io non credo . Quindi:
cosa lo spinge ad assumersene l'onere?
può tale richiesta/attribuzione essere per lui neutra?
può prescindere da essa nella scelta di imboccare un certo percorso professionale?
come si riflette su di lui?

In terapia NON accade questo.
Credo che anche lo psicoanalista fornisca risposte.

13
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Magonzo ha scritto:
questa è una domanda sulla "purezza" deontologica di una professione, per quanto discutibile;

  


Sono d'accordo su quello che hai scritto, ma il mio discorso non c'entra  con la deontologia.
Uno psicologo può scegliere la sua professione per ragioni inconsce che hanno a che fare con il percepirsi competenti, potenti e/o capaci di avere un controllo sulla vita ed essere contemporaneamente estremamente abilissimo e onesto nell'esercizio della sua professione.
Tutti scegliamo una certa professione per motivi anche inconsci. Questo non ci rende degli incapaci o dei disonesti.
Quello che bisognerebbe fare secondo me, è non temere di mettersi in discussione su questo punto.

Yale ha scritto:Io, a dire il vero, non ho nemmeno capito la domanda.
In particolare mi è ostico questo passaggio.

NinfaEco ha scritto:

Come fate ad essere sicuri nell'affermare alcune cose o nel negarne altre sulla base della vostra disciplina? Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Riesci a fare un esempio?

Faccio riferimento a più cose, quindi è impossibile chiarire tutto con un solo esempio. Andiamo per gradi.
Fare una diagnosi dopo uno o più colloqui e pianificare una strategia d'intervento ad esempio significa affermare qualcosa a proposito di qualcuno, ricavarne delle conseguenze e presumere che la propria interpretazione sia corretta. Credo che per fare questo sia necessario confidare nello strumento d'indagine che si sta utilizzando. Quindi chiedo a voi fino a che punto confidate in esso e che effetto ha su un terapeupa in quanto persona sentire di avere tra le mani questo strumento che in fondo è uno strumento di potere.

Anche questa seconda parte mi risulta difficile.
NinfaEco ha scritto:
Sono tutte domande che nascono dall'aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. Dato che credo che si tratti invece di uno strumento che dovrebbe agevolare il contatto con ciò che è umano, la cosa mi ha lasciato molto perplessa.

Concretamente chevordì?

Qui confesso che mi fa un po accapponare la pelle l'idea che questa cosa non venga percepita, perchè potrebbe significare che questa distanza umana sussiste davvero.
Spero che dipenda da una mia mancanza di chiarezza e articolo meglio.
Io Ugo, in quanto terapeuta comprendo certe dinamiche, e di fronte a te Pino che ci sguazzi ignorandole mi percepisco come collocato su un livello umano più alto grazie a questa mia consapevolezza. Io Ugo mi sento ijn possesso di qualcosa che può orientarmi e sostenermi, collocandomi al di fuori di certe sfere di rischio e al di sopra di certe debolezze.
Ora, lungi da me dire o lasciar intendere che psicologi, psicoanalisti e psicoterapeuti abbiano necessariamente questo tipo di atteggiamento. Ben conosci la fiducia che ho in certe cose e il mio percorso. Eppure non posso dire di non avere percepito questo in alcune persone. Credo sia onesto ammettere certi rischi professionali... e credo sia utile perchè aiuta a gestirli.



Questo commento invece l'ho compreso e te lo boccio.

NinfaEco ha scritto:
Secondo me non è così. Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte. Questa è la cosa che fa incavolare molti pazienti, che rivendicano la  al loro terapeuta la loro comune umanità, pretendendo contemporaneamente da quest'ultimo una sorta di sovrumanità.
La sovrumanità richiesta terapeuta consiste ad esempio nella sua responsività assoluta ( rispondo sempre, ho una risposta per tutto, ho la risposta giusta).
Ora, dato che in terapia accade questo, può chi sceglie di incarnare il ruolo di terapeuta non confrontarsi con questa realtà?
Io non credo . Quindi:
cosa lo spinge ad assumersene l'onere?
può tale richiesta/attribuzione essere per lui neutra?
può prescindere da essa nella scelta di imboccare un certo percorso professionale?
come si riflette su di lui?

In terapia NON accade questo.
Credo che anche lo psicoanalista fornisca risposte.


È quello che mi disse uno psicoanalista che credo pratichi da prima che nascessi.
"Le risposte sono un onere del paziente. È lui che le elabora nel contesto terapeutico. Non esiste una risposta giusta o una sbagliata. Diffida da chi ne suggerisce".
Io sono d'accordo perchè intendo una terapia come un percorso di risignificazione del proprio vissuto.

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Hara2
Hara2
Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto:
"Le risposte sono un onere del paziente. È lui che le elabora nel contesto terapeutico. Non esiste una risposta giusta o una sbagliata. Diffida da chi ne suggerisce".
.

Leggi:"Essenzialmente il mio compito è percepire, rielaborare e riproporre l'elaborato"

Mooolto più facile a dirsi che a farsi

15
Yale
Yale
Viandante Mitico
Viandante Mitico
NinfaEco ha scritto:
Faccio riferimento a più cose, quindi è impossibile chiarire tutto con un solo esempio. Andiamo per gradi.
Fare una diagnosi dopo uno o più colloqui e pianificare una strategia d'intervento ad esempio significa affermare qualcosa a proposito di qualcuno, ricavarne delle conseguenze e presumere che la propria interpretazione sia corretta. Credo che per fare questo sia necessario confidare nello strumento d'indagine che si sta utilizzando. Quindi chiedo a voi fino a che punto confidate in esso e che effetto ha su un terapeupa in quanto persona sentire di avere tra le mani questo strumento che in fondo è uno strumento di potere.

Domanda: ma porresti le stesse domande anche ad un otorinolaringoiatra?
Ad ogni modo, a mio parere, non è fondamentale raggiungere una diagnosi precisa per fare terapia.
E non capisco perché parli di "strumento di potere".
Qui si apre un discorso infinito, che poi è il motivo per cui non amo affrontare questi temi.


NinfaEco ha scritto:
Qui confesso che mi fa un po accapponare la pelle l'idea che questa cosa non venga percepita, perchè potrebbe significare che questa distanza umana sussiste davvero.
Spero che dipenda da una mia mancanza di chiarezza e articolo meglio.
Io Ugo, in quanto terapeuta comprendo certe dinamiche, e di fronte a te Pino che ci sguazzi ignorandole mi percepisco come collocato su un livello umano più alto grazie a questa mia consapevolezza. Io Ugo mi sento ijn possesso di qualcosa che può orientarmi e sostenermi, collocandomi al di fuori di certe sfere di rischio e al di sopra di certe debolezze.
Ora, lungi da me dire o lasciar intendere che psicologi, psicoanalisti e psicoterapeuti abbiano necessariamente questo tipo di atteggiamento. Ben conosci la fiducia che ho in certe cose e il mio percorso. Eppure non posso dire di non avere percepito questo in alcune persone. Credo sia onesto ammettere certi rischi professionali... e credo sia utile perchè aiuta a gestirli..

Se ti riferisci alle relazioni diverse da quelle terapeutiche, sempre per quello che mi riguarda io, Ugo, quando incontro Pino solitamente sto messa peggio di lui, perché conoscere certe dinamiche non significa necessariamente "dominarle".



NinfaEco ha scritto:
È quello che mi disse uno psicoanalista che credo pratichi da prima che nascessi.
"Le risposte sono un onere del paziente. È lui che le elabora nel contesto terapeutico. Non esiste una risposta giusta o una sbagliata. Diffida da chi ne suggerisce".
Io sono d'accordo perchè intendo una terapia come un percorso di risignificazione del proprio vissuto.

Come non detto. Abbiamo un concetto diverso di terapia e di "risposte". KleanaOcchiolino

16
NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Yale ha scritto:
NinfaEco ha scritto:
Faccio riferimento a più cose, quindi è impossibile chiarire tutto con un solo esempio. Andiamo per gradi.
Fare una diagnosi dopo uno o più colloqui e pianificare una strategia d'intervento ad esempio significa affermare qualcosa a proposito di qualcuno, ricavarne delle conseguenze e presumere che la propria interpretazione sia corretta. Credo che per fare questo sia necessario confidare nello strumento d'indagine che si sta utilizzando. Quindi chiedo a voi fino a che punto confidate in esso e che effetto ha su un terapeupa in quanto persona sentire di avere tra le mani questo strumento che in fondo è uno strumento di potere.

Domanda: ma porresti le stesse domande anche ad un otorinolaringoiatra?
Ad ogni modo, a mio parere, non è fondamentale raggiungere una diagnosi precisa per fare terapia.
E non capisco perché parli di "strumento di potere".
Qui si apre un discorso infinito, che poi è il motivo per cui non amo affrontare questi temi.

Credo che si tratti di discipline che hanno un livello di oggettività diverso. La cura medita del corpo ha un oggetto concreto e facilmente definibile, mentre le scienze umane hanno un oggetto che non è concreto e difficile da definire.  Quindi non sono equiparabili.
Per quanto mi riguarda comunque dubito dell'idea stessa che qualcosa di oggettivo possa esistere in generale, e quindi potrei porre la domanda pure ad un povero otorino ( e questo rende burrascoso il mio rapporto con Automaalox).
Dico strumento di potere perchè nonostante implica un'asimetria di relazione.

NinfaEco ha scritto:
Qui confesso che mi fa un po accapponare la pelle l'idea che questa cosa non venga percepita, perchè potrebbe significare che questa distanza umana sussiste davvero.
Spero che dipenda da una mia mancanza di chiarezza e articolo meglio.
Io Ugo, in quanto terapeuta comprendo certe dinamiche, e di fronte a te Pino che ci sguazzi ignorandole mi percepisco come collocato su un livello umano più alto grazie a questa mia consapevolezza. Io Ugo mi sento ijn possesso di qualcosa che può orientarmi e sostenermi, collocandomi al di fuori di certe sfere di rischio e al di sopra di certe debolezze.
Ora, lungi da me dire o lasciar intendere che psicologi, psicoanalisti e psicoterapeuti abbiano necessariamente questo tipo di atteggiamento. Ben conosci la fiducia che ho in certe cose e il mio percorso. Eppure non posso dire di non avere percepito questo in alcune persone. Credo sia onesto ammettere certi rischi professionali... e credo sia utile perchè aiuta a gestirli..

Se ti riferisci alle relazioni diverse da quelle terapeutiche, sempre per quello che mi riguarda io, Ugo, quando incontro Pino solitamente sto messa peggio di lui, perché conoscere certe dinamiche non significa necessariamente "dominarle".

Si mi riferisco a queste.


NinfaEco ha scritto:
È quello che mi disse uno psicoanalista che credo pratichi da prima che nascessi.
"Le risposte sono un onere del paziente. È lui che le elabora nel contesto terapeutico. Non esiste una risposta giusta o una sbagliata. Diffida da chi ne suggerisce".
Io sono d'accordo perchè intendo una terapia come un percorso di risignificazione del proprio vissuto.

Come non detto. Abbiamo un concetto diverso di terapia e di "risposte". KleanaOcchiolino


Qual'è il tuo concetto di risposta? sorriso 

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Yale
Yale
Viandante Mitico
Viandante Mitico
NinfaEco ha scritto:
Credo che si tratti di discipline che hanno un livello di oggettività diverso. La cura medita del corpo ha un oggetto concreto e facilmente definibile, mentre le scienze umane hanno un oggetto che non è concreto e difficile da definire.  Quindi non sono equiparabili.
Per quanto mi riguarda comunque dubito dell'idea stessa che qualcosa di oggettivo possa esistere in generale, e quindi potrei porre la domanda pure ad un povero otorino ( e questo rende burrascoso il mio rapporto con Automaalox).
Dico strumento di potere perchè nonostante implica un'asimetria di relazione.

Certo, la psicoterapia non ha strumenti come l'ecografia o la tac, ma ha una buona oggettività: l'oggetto non è così difficile da definire come pensi. Torno alla metafora del puzzle.
Per il resto il processo "Fare una diagnosi dopo uno o più colloqui e pianificare una strategia d'intervento ad esempio significa affermare qualcosa a proposito di qualcuno, ricavarne delle conseguenze e presumere che la propria interpretazione sia corretta" è equiparabile a quello dell'otorino.
La relazione è asimmetrica, certo, come quella tra salumiere e cliente, ma chi paga è il paziente: dove sta il potere?

NinfaEco ha scritto:
Si mi riferisco a queste.

Bene, allora ho risposto.
Ci si augura che un terapeuta non si porti il lavoro a casa.
Ce lo si augura per il terapeuta.

NinfaEco ha scritto:
Qual'è il tuo concetto di risposta? sorriso 

Mettiamola così: non si tratta di rispondere a "perché sto male?" ma a "come posso stare meglio?".

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Lostboy
Lostboy
Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto:Complice il mio stato d'animo odierno, coadiuvata dall'ultima sigaretta che mi resta e che è per me un fondamentale sussidio espressivo, faccio una domanda che mi frulla in testa da un po'. cool Che nessuno la intenda in modo diverso da come è posta perchè vi accollerò per intero la responsabilità di ogni attribuzione d'intenti indebita. Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 827538

Sappiamo che qui circolano persone competenti in materia di psiche. A queste persone, in quanto uniche rappresentati della categoria qui presenti, vorrei rivolgere una domanda.
La domanda è chiaramente formulata sulla base un'impressione che è da intendersi come parte integrante del fenomeno da analizzare.

Come fate ad essere sicuri nell'affermare alcune cose o nel negarne altre sulla base della vostra disciplina? Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Sono tutte domande che nascono dall'aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. Dato che credo che si tratti invece di uno strumento che dovrebbe agevolare il contatto con ciò che è umano, la cosa mi ha lasciato molto perplessa. La peplessità alimenta in me la voglia di cercare... e cercare ancora. Ogni cosa è una ruota per il mio criceto, quindi se volete porgergli un semino ve ne sarà grato

Vedi, il fatto è che il criceto del terapeuta a differenza del tuo se la vive tranquillo non perchè sia arrivato da qualche parte ma solo perchè lui gli ha tolto la ruota, è questo il trucco

19
Hara2
Hara2
Viandante Storico
Viandante Storico
Ninfa ha scritto:Secondo me non è così. Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Bah, sì, devi imparare ad utilizzare, far scattare l'empatia, devi abituarti all'ascolto  , devi sapere come gestire la tue emozioni ecc, insomma la precondizione, oltre allo studio e all'esperienza, e la maggior conoscenza  possibile dei propri meccanismi, e ove occorre (s)forzarsi nel modificarli (non a caso si  deve sottoporre lui stesso a una, spesso assai lunga,psicoterapia). Ma queste "capacità" dovrebbero essere proprie di chiunque si trovi professionalmente impegnato in una relazione d'aiuto
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte.


Non ha le risposte, non sà qual è la tua specifica strada, non sà come risolvere i tuoi problemi in famiglia, né i propri. Non è né un guru né un saggio.
In questo senso spesso è più utile il counseling


Ora, dato che in terapia accade questo, può chi sceglie di incarnare il ruolo di terapeuta non confrontarsi con questa realtà?
Io non credo . Quindi:
cosa lo spinge ad assumersene l'onere?

I soldi.

E giuro che ce li guadagniamo fino all'ultimo centesimo.

20
Candido
Candido
Viandante Storico
Viandante Storico
NinfaEco ha scritto:Complice il mio stato d'animo odierno, coadiuvata dall'ultima sigaretta che mi resta e che è per me un fondamentale sussidio espressivo, faccio una domanda che mi frulla in testa da un po'.  cool  Che nessuno la intenda in modo diverso da come è posta perchè vi accollerò per intero la responsabilità di ogni attribuzione d'intenti indebita.  Psicologia e Certezza: riflessioni di un criceto 827538 

Sappiamo che qui circolano persone competenti in materia di psiche. A queste persone, in quanto uniche rappresentati della categoria qui presenti, vorrei rivolgere una domanda.
La domanda è chiaramente formulata sulla base un'impressione che è da intendersi come parte integrante del fenomeno da analizzare. 

Come fate ad essere sicuri nell'affermare alcune cose o nel negarne altre sulla base della vostra disciplina? Che capacità di approssimazione alla certezza sentite di accordare alle spiegazioni formulate in base ad essa? Nel profondo di voi stessi, come vi fa sentire il possedere questo strumento? È irrilevante rispetto alla vostra persona la sua efficacia?

Sono tutte domande che nascono dall'aver percepito talvolta il possesso di questo strumento da parte di alcune persone come qualcosa che apporta distanza umana tra chi loro e chi non lo possiede. Dato che credo che si tratti invece di uno strumento che dovrebbe agevolare il contatto con ciò che è umano, la cosa mi ha lasciato molto perplessa. La peplessità alimenta in me la voglia di cercare... e cercare ancora. Ogni cosa è una ruota per il mio criceto, quindi se volete porgergli un semino ve ne sarà grato

Parlando da paziente, con almeno 15 anni di terapie di vario tipo vissute, io direi che...
1) La cosa che più conta in un analista è la capacità di creare EMPATIA, comunicazione viva ed armonica col "paziente", in un difficile equilibrio in cui non si crei una vera e propria dipendenza;
2) La duttilità, la capacità di servirsi di metodi diversi, non confinarsi ad un solo sistema, specialmente se esso tarda a dare risultati;
3) L'idea precisa che le teorie, le idee, i metodi sono solo degli STRUMENTI di cui ci si serve, ma più di tutto conta la persona, nel suo essere unica, non assoggettabile a trattamenti standardizzati.
I tre punti, come è chiaro, fanno parte di un tutt'uno. Non esistono verità, non esistono certezze. L'unica verità sta nel miglioramento dello stato interiore della persona di cui ci si prende cura. E per ottenere questo la prima cosa è la sensibilità unita alla capacità di comprensione profonda. Non è facile, a volte occorre abbandonare i sistemi preferiti a cui si è affezionati...

21
euvitt
euvitt
Viandante Storico
Viandante Storico
Esistono medici in grado di sviluppare la diagnosi a vista.....proprio così , sono rari ma esistono
Come sono arrivati a questo? Ho un'idea ma non ve la dico....vi escludo invece che ci si possa arrivare per desiderio di guadagno....l'osservazione che poni al malato, i continui correlamenti tra i suoi sintomi il colore della pelle, il timbro di voce, il modo di camminare di muoversi....con anni ed anni di attenzione sfociano nella capacità di capire la tua malattia non appena entri nello studio
Lo stesso avviene per gli psicologi tuttavia il percepire immediatamente il problema non fa si che il terapeuta abbia già disponibili i metodi opportuni per la guarigione
Chi opera per i soldi probabilmente sarà un buon professionista serio e capace....ma ha tracciato indelebilmente i suoi limiti

22
Rupa Lauste
Rupa Lauste
Viandante Storico
Viandante Storico
Pierino va dallo psicoterapeuta in seguito ad un trauma da mobbing ad opera del suo capo.
Il capo di pierino va dallo psicoterapeuta perché succube dei suoi impiegati tra cui pierino.

Ops il caso vuole che lo psicoterapeuta di pierino sia lo stesso che ha insegnato al capo di pierino a gestire i suoi impiegati, tra cui pierino. Dove sta la causa dei mali di pierino e del capo di pierino?

i genitori cacchio...sono sempre i genitori...il problema é all'origine...non capite?

passo.

23
Hara2
Hara2
Viandante Storico
Viandante Storico
euvitt ha scritto:
Chi opera per i soldi  probabilmente sarà un buon professionista serio e capace....ma ha tracciato indelebilmente i suoi limiti

Se preferisci chi ha il complesso del salvatore con i suoi falsi sentimenti di superiorità accomodati.

La diagnosi a vista è intuizione la quale talvolta può aiutare, e molto, in emergenza urgenza. Nell'ambito psicologico alcuni segni sono rivelatori, ma vanno comunque verificati, ed è molto meglio comunque confermare o meno le proprie impressioni somministrando le batterie di test. E vi è sempre il riuschio di prendere una cantonata
Poi la diagnosi non è sempre strettamente necessaria che non vi è una tecnica o un punto preciso sul quale operare.

24
euvitt
euvitt
Viandante Storico
Viandante Storico
Hara2 ha scritto:

Se preferisci chi ha il complesso del salvatore con i suoi falsi sentimenti di superiorità accomodati.

La diagnosi a vista è intuizione la quale talvolta può aiutare, e molto, in emergenza urgenza. Nell'ambito psicologico alcuni segni sono rivelatori, ma vanno comunque verificati, ed è molto meglio comunque confermare o meno le proprie impressioni somministrando le batterie di test. E vi è sempre il riuschio di prendere una cantonata
Poi la diagnosi non è sempre strettamente necessaria che non vi è una tecnica o un punto preciso sul quale operare.
hai già deciso che esclusi i soldi il movente è un io ipertrofico gonfio di AMmore e ali di angelo bianco?
L'interesse per le persone può essere, ed infatti spesso lo è, priva di ogni senso di rapporto raffronto ma anche se questo fosse presente (io le cose le capisco ma tu mica tanto) non è detto che debba lucidare il tuo nero trono dell'ego in quanto ti limiti a constatarlo lucidamente
Perché dico questo? Perché io non agisco per soldi

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Hara2
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Si vede che non ne hai bisogno.

Non nego in toto quello che dici, ma di fronte all'altruismo puro e duro io resto assai scettico e un po diffidente

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