Yale ha scritto:NinfaEco ha scritto:
Credo che si tratti di discipline che hanno un livello di oggettività diverso. La cura medita del corpo ha un oggetto concreto e facilmente definibile, mentre le scienze umane hanno un oggetto che non è concreto e difficile da definire. Quindi non sono equiparabili.
Per quanto mi riguarda comunque dubito dell'idea stessa che qualcosa di oggettivo possa esistere in generale, e quindi potrei porre la domanda pure ad un povero otorino ( e questo rende burrascoso il mio rapporto con Automaalox).
Dico strumento di potere perchè nonostante implica un'asimetria di relazione.
Certo, la psicoterapia non ha strumenti come l'ecografia o la tac, ma ha una buona oggettività: l'oggetto non è così difficile da definire come pensi. Torno alla metafora del puzzle.
Per il resto il processo "Fare una diagnosi dopo uno o più colloqui e pianificare una strategia d'intervento ad esempio significa affermare qualcosa a proposito di qualcuno, ricavarne delle conseguenze e presumere che la propria interpretazione sia corretta" è equiparabile a quello dell'otorino.
La relazione è asimmetrica, certo, come quella tra salumiere e cliente, ma chi paga è il paziente: dove sta il potere?
No, l'oggetto non è così facile da definire. Pensa soltando al fatto che, pur esistendo l'uomo con i suoi stati emotivi, l'idea che tali stati fossero presenti dento di lui e che gli appartenessero si è formata nel corso della storia del pensiero in un arco di tempo compreso tra Omero e S. Agostino e che l'idea che questa realtà interiore avesse a che fare con la psiche un arco di tempo compreso tra il medioevo e l'ottocento. L'idea di inconscio è ancora più tarda. In un certo senso, l'oggetto psiche è stato creato dalla storia del pensiero. In senso lato ciò è vero per ogni oggetto di scienza, ma non per tutti gli oggetti lo è nella stessa misura.
Mi stupisce il paragone tra la relazione terapeutica e quella cliente salumiere. Il paragone non può reggere perchè diverso è ciò che viene scambiato. Nel momemnto in cui una persona in condizione di bisogno si rivolge ad un altra che presume in grado di aiutarla in virtù delle sue competenze, si pone in essere un asimmetria. Aggiungo che spero che tale asimmetria sussista perchè se il paziente e il terapeuta fossero alla pari, significherebbe davvero che uno psicologo è alla pari di un salumiere, cioè che possiede le stesse competenze del suo paziente, ovvero che non detiene alcun tipi di sapere di cui dirsi esperto. Ora, questa asimetria è un fattore di potere .
Ovviamente asimmetria e potere non implicano prevaricazione, abuso, mancanza di rispetto oppure un tipo di rapporto paziente/terapeuta da psichiatria ottocentesca. Lo specifico in caso fosse sorto un equivoco su questo punto.
Lostboy ha scritto:NinfaEco ha scritto: Ogni cosa è una ruota per il mio criceto, quindi se volete porgergli un semino ve ne sarà grato
Vedi, il fatto è che il criceto del terapeuta a differenza del tuo se la vive tranquillo non perchè sia arrivato da qualche parte ma solo perchè lui gli ha tolto la ruota, è questo il trucco
Lo sospettavo
Hara2 ha scritto:Bah, sì, devi imparare ad utilizzare, far scattare l'empatia, devi abituarti all'ascolto , devi sapere come gestire la tue emozioni ecc, insomma la precondizione, oltre allo studio e all'esperienza, e la maggior conoscenza possibile dei propri meccanismi, e ove occorre (s)forzarsi nel modificarli (non a caso si deve sottoporre lui stesso a una, spesso assai lunga,psicoterapia). Ma queste "capacità" dovrebbero essere proprie di chiunque si trovi professionalmente impegnato in una relazione d'aiuto.Ninfa ha scritto:Secondo me non è così. Il rapporto terapeutico è radicalmente diverso da ogni tipo di relazione che può svilupparsi in altri ambiti.
Sì, in ogni professione d'aiuto l'empatia dovrebbe essere presente.
Nel caso del terapeuta però si va oltre l'empatia. Normalmente noi siamo in una relazione contenitore talvolta e talaltra contenuto. Nella relazione terapeutica il medico è esclusivamente contenitore.
Tra le sue caratteristiche c'è quella proprio di non fornire risposte.
Non ha le risposte, non sà qual è la tua specifica strada, non sà come risolvere i tuoi problemi in famiglia, né i propri. Non è né un guru né un saggio.
In questo senso spesso è più utile il counseling
Cos'è?
Candido ha scritto:
Parlando da paziente, con almeno 15 anni di terapie di vario tipo vissute, io direi che...
1) La cosa che più conta in un analista è la capacità di creare EMPATIA, comunicazione viva ed armonica col "paziente", in un difficile equilibrio in cui non si crei una vera e propria dipendenza;
2) La duttilità, la capacità di servirsi di metodi diversi, non confinarsi ad un solo sistema, specialmente se esso tarda a dare risultati;
3) L'idea precisa che le teorie, le idee, i metodi sono solo degli STRUMENTI di cui ci si serve, ma più di tutto conta la persona, nel suo essere unica, non assoggettabile a trattamenti standardizzati.
I tre punti, come è chiaro, fanno parte di un tutt'uno. Non esistono verità, non esistono certezze. L'unica verità sta nel miglioramento dello stato interiore della persona di cui ci si prende cura. E per ottenere questo la prima cosa è la sensibilità unita alla capacità di comprensione profonda. Non è facile, a volte occorre abbandonare i sistemi preferiti a cui si è affezionati...
Sono d'accordo. Aggiungerei la fiducia in prima posizione.