Galadriel ha scritto:
Un conto è il suicidio riuscito e uno quello fallito, in termini psicologici.
"chi vuole suicidarsi ci riesce".
Esistono quindi suicidi e i cosidetti suicidi dimostrativi, caratterizzati a mio avviso da altre valenze.
Costituisco un profondo grido di dolore, ma vanno compresi in modo specifico.
Se si astrae da quersto discorso l'elemento umano, anche questa differenza andrà persa.
Accanto al suicidio riuscito (il suicidio come una deliberata e volontaria decisione di autosoppressione ) ,
esistono come giustamente evidenzi altre condotte che
si differenziano per dinamiche e finalità.
Il suicidio rappresenta la via finale comune di dinamiche psicopatologiche diverse e questa
diversità incide sulle modalità di attuazione.
E' necessario pertanto tener distinte quattro diverse forme :
il suicidio riuscito, il suicidio
mancato, il suicidio dimostrativo e quello mascherato, cioè il suicidio compiuto senza la volonta che altri sappiano che suicidio era ( mentre il caso precedente, il suicidio dimostrativo è a livello inconscio l'esatto opposto).
Non solo è diverso il percorso psicologico che conduce ad essi, ma anche la loro funzione, la loro distribuzione epidemiologica e le loro modalità di attuazione.
Il suicidio dimostrativo è la messa in atto di un gesto autolesionista, attuato per richiamare
l'attenzione sul proprio malessere: è dunque una sorta di richiamo muto e disperato nei
confronti dell'ambiente circostante. Rientra quindi nell'insieme delle pratiche autolesionistiche.
Poi non mi dilungo, perchè non voglio annoiare.
In ogni caso ci tengo a specificare che la categoria suicidaria d'appartenenza è tale da un punto di vista epidemiologico e psicodinamico.
Non implica ciuoè alcuna valutazione morale su chi la compie e non deve fondarla.