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MORIRE, DA UN CERTO PUNTO DI VISTA -

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1
Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
MORIRE, DA UN CERTO PUNTO DI VISTA.

"Nessun piano cui non segua un declivio,
nessuna andata cui non segua un ritorno.
Senza macchia è chi rimane perseverante nel pericolo."


Non è la prima volta che mi confronto con il tema della morte, anzi del morire, per non ipostatizzare  una realtà che coincide con la persona umana.
Con uno scritto, sia chiaro; poiché nella vita si incontra la realtà del morire a ogni angolo della strada; e nel segreto della meditazione personale non sono capace di liberarmene tanto facilmente. Una sorta di pensiero ritornante, se non proprio un' "ossessione".
So bene che una certa teologia contemporanea un poco irride gli Apparecchi della morte
e le Arti del morire. Roba devota. E con ciò si liquida un problema ed uno stile. L'escatologia quale si presenta oggi in vari trattati teologici o in diverse analisi filosofiche e fenomenologiche, non accetta troppo di considerare i nuovissimi come le cose ultime. E si può esser d'accordo.
Non si tratta di cose, ma del divenire - del farsi o dello sfarsi - definitivo dell'uomo e del mondo.
L'escatologia, poi, quale è offerta specialmente degli studenti della Scrittura, mette con vigore in primo piano il concludersi dell'umanità e del cosmo, non la sorte del singolo.
Già.
Ma dentro in questo scenario smisurato mi colloco io, ti collochi tu.
E, alla fine, interessa certo il destino del genere umano e dell'universo, ma mi concerne in modo unico l'insegnamento che anche Cristo (leggenda narra) attualizzato dalla chiesa sull'esito cui mi sto preparando in modo non delegabile.
E se la riflessione si fa apparentemente più ristretta, pazienza.
Del resto, si tratta di un rischio tutto teorico.
Non si nega lo scenario grandioso del grandioso ritorno di Cristo: vi si cerca, invece, un posto in cui mettersi o in cui, presumibilmente, si sarà trovati. E se la riflessione si fa più accorata, poco male.
Entro nel discorso in prima persona, non per schemi o dentro la ragnatela di allusioni peregrine o di situazioni sapute.
Esporsi alla critica di grandi studiosi o specialisti.
In numerosi studi teologici - algidi talvolta- sembra non solo evitato, ma da bandire qualsiasi fremito di speranza e soprattutto di paura prima della speranza.
E perchè non si dice, eppure si dà per scontato, che alla fine si salvano tutti.
Ma chi è che lo dice? chi l'assicura? ( Noè è noto a tutti come il superstite del Diluvio. La sua rettitudine e l'obbedienza a Dio furono i motivi di questo singolare beneficio).
Non sembra corretto, de resto, mandare a spasso l'impegno di conversione personale, sostituendolo con la trovata di chi si limita a dare buoni consigli a Dio, per chi si e chi no.
Redenzione che egli dovrebbe esprimere.
E perchè l'accento espositivo cade quasi sempre e unicamente su Gesù nel quale tutti gli uomini e tutte le cose si riassumerebbero nell'ultimo giorno della storia, alla parousia. Il che, ancora, ci si può augurare che corrisponda alla realtà, dal momento che il peccato non si pone mai come l'ultima parola nel dialogo religioso. Sembra che il sentimento di una qualche inquietudine debba essere cassato o tolto radicalmente dalla tastiera della fede. Fatti soltanto per avere il diritto inalienabile di ascoltare estatici unicamente andantini svenevoli o nenie zuccherose.
E allora : il Timore. La Paura. La Trepidazione. La Costernazione. Lo Sgomento. Il Panico.
Non ce la fai a misurarti con l'Assoluto.
Vince sempre.
Ho anche il sospetto che, senza accogliere la "giustizia" di Dio, non se ne accolga nemmeno la tenerezza e la bontà. Che senza passare attraverso lo sgomento e la derelizione per la nostra miseria e la nostra vigliaccheria, non si arrivi a niente.
Come poi si combinino questi atteggiamenti contrastanti, e tutta un'altra questione, non lo so.
Però non si può nemmeno negare ciò che non entra nelle poche e striminzite caselle della nostra zucca. Recuperare un pò di dimenticato sbigottimento? senza forzature e artifici.
Alla fine,  la paura si impone e dilaga. Come è necessario che sia. Ritorna, molesta e monotona, pressochè come una fissazione, un brutto sogno. (un incubo?).
La paura del morire e del dopo.
Non mi preoccupo più di tanto di darmi un tono quando contemporaneamente son certo che tutti moriremo.
Io sono io. Nessuno può sostituirmi nell'atto di lasciare questo mondo.
E vivo una sola volta.

2
Arwen
Arwen
Viandante Storico
Viandante Storico
Non so se viviamo una sola volta o...più vite magari non come ce le immaginiamo noi oppure il nulla.
Personalmente mi fa più paura  la sofferenza nel momento del trapasso o la fine e l'ignoto, non sapere cosa ci sarà poi, se ci sarà un poi,  se si spegne definitivamente l'attività cerebrale quindi la mente e la consapevolezza d'esistere  un attimo e non si esiste più, se invece c'è qualcosa d'altro che sia beatitudine o buio o ricominciare un ciclo non so neanche se ne saremo coscienti, comunque l'ignoto spaventa.

Comunque io un Dio lo immagino come un padre disposto al perdono per chi si pente ma siccome non c'è alcuna certezza che ci sarà un poi, un castigo preferisco che chi commette reati subisca prima il "castigo" umano, intesa come punizione, poi eventualmente se esiste un Dio ci penserà lui se perdonare o meno. In ogni caso credo che tutti abbiamo la possibilità di salvarci, secondo la religione, purchè ci sia un reale pentimento dal momento che tutti incorriamo in errori nel corso della vita, ma non mi preoccupa più di tanto se si vive secondo coscienza ed un'etica nel rispetto del prossimo come noi stessi.

3
altamarea
altamarea
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Constantin ha scritto:
nella vita si incontra la realtà del morire a ogni angolo della strada; e nel segreto della meditazione personale non sono capace di liberarmene tanto facilmente. Una sorta di pensiero ritornante, se non proprio un' "ossessione".

E’ più triste la realtà del morire o il crepuscolo della vita ? L’arrivo della sera, il “calar” del Sole, il tramonto del giorno a volte mi evoca il tempo che passa, la vita che gocciola verso la fine, e medito, rifletto sul declino connesso col decadimento fisico ed estetico.

Dante Alighieri nella “Commedia”, Canto VIII del Purgatorio, ambientato nell’antipurgatorio dice: “Era già l'ora che volge il disio / ai navicanti e 'ntenerisce il core / lo dí c'han detto ai dolci amici addio; /  e che lo novo peregrin d'amore / punge, se ode squilla di lontano / che paia il giorno pianger che si more;” (1 – 6).

Il Sole tramonta e poi risorge, invece, quando giunge la fine del nostro breve soggiorno sulla Terra ci attende la notte infinita, il nulla per chi non crede in Dio; l’immortalità secondo il cristiano, il quale ha la certezza che il Signore gli ha dato la vita e lo riceverà nel suo regno dopo la morte.  

Non si nega lo scenario grandioso del grandioso ritorno di Cristo: vi si cerca, invece, un posto in cui mettersi o in cui, presumibilmente, si sarà trovati. E se la riflessione si fa più accorata, poco male.
Entro nel discorso in prima persona, non per schemi o dentro la ragnatela di allusioni peregrine o di situazioni sapute.

La morte, quando è naturale, libera da malattie, sofferenze, disfacimento progressivo del corpo, perciò perché temerla ?

Per il cristiano  la morte non è l’approdo nel  gorgo del nulla, ma un distacco per un nuovo e diverso inizio. Il luogo e l'ora non sono importanti.“Nella mia fine c’è un nuovo inizio”: “In my end is my beginning”, ha scritto il poeta e drammaturgo statunitense, naturalizzato britannico, Thomas Stearns Eliot (1888 – 1965),  nell'ultimo verso del secondo dei “Quattro Quartetti”.  
Eliot dice che quando si  varca la soglia della morte c’è un oltre che ci aspetta.
Ognuno nella mente si crea aspettative, fantasie, illusioni. Io credo che dopo la morte ci sia il nulla, ma non lo temo, perché mi è indifferente il nulla o un'altra vita.

La morte può liberare persino dall'incapacità di vivere, dalla noia di vivere quando si raggiunge la tarda età.  La locuzione latina “cupio dissolvi” (= desiderio di essere dissolto) allude al “desidero morire”. Deriva da una frase scritta dall’apostolo Paolo nella sua prima Lettera ai Filippesi: “…desiderium habens dissolvi et cum Christo”…(1, 23 – 24), desiderio di annullamento in Cristo, ma col tempo il significato originario della frase fu ampliato per esprimere il rifiuto di vivere, la noia esistenziale, la volontà di autodistruzione.

La "cupio dissolvi" non dipende necessariamente dalla depressione. Specie nella terza e quarta età può essere causata dall’apatia, dall’indifferenza,  che induce al distacco dalla realtà, dall’anedonia, l’incapacità di provare gioia. Molti anziani sono “stanchi di vivere” e sopportano la quotidianità come continua ripetizione, come lunga sequenza di giornate che sembrano trascorrere tutte uguali.

Eugenio Montale nella sua poesia: “Spesso il male di vivere  ho incontrato” afferma di aver frequentemente sperimentato il dolore dell’esistenza ed esplicita l’atteggiamento di distacco e di liberazione dalle passioni, l’indifferenza, l’atarassia, l’imperturbabilità.

E lo scrittore Cesare Pavese ne “Il mestiere di vivere: diario 1935-1950”, annota la sua tentazione al suicidio (in seguito realizzato) come ultima forma di controllo per porre fine ad una vita senza significato. Il suo disagio esistenziale e la delusione amorosa avuta dall’attrice Constance Dowling, alla quale dedicò i versi di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, lo indusse a concludere la sua vita il 27 agosto del 1950, in una camera d’albergo a Torino.

Io sono io. Nessuno può sostituirmi nell'atto di lasciare questo mondo.
E vivo una sola volta.
Allora ? Alludi all’oraziano “carpe diem” ? Lorenzo il Magnifico ti esorterebbe a non pensare al futuro, ma a contemplare la bellezza, ad amare.
Messer Lorenzo ti offrirebbe anche il suo noto canto carnacialesco titolato “Il trionfo di Bacco ed Arianna”. In un verso afferma:  “Quant'è bella giovinezza / che si fugge tuttavia!” In altri due versi dice:  “Chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c'è certezza”.

Arwen ha scritto:
Non so se viviamo una sola volta o...più vite magari non come ce le immaginiamo noi oppure il nulla.
Personalmente mi fa più paura  la sofferenza nel momento del trapasso o la fine e l'ignoto, non sapere cosa ci sarà poi, se ci sarà un poi,  se si spegne definitivamente l'attività cerebrale quindi la mente e la consapevolezza d'esistere  un attimo e non si esiste più, se invece c'è qualcosa d'altro che sia beatitudine o buio o ricominciare un ciclo non so neanche se ne saremo coscienti, comunque l'ignoto spaventa.

Paura comprensibile, ma non si deve aver paura per la sofferenza nel momento del trapasso. Ci sono medicinali per attenuare o eliminare il dolore. Nel caso di malattia invalidante io preferisco l’eutanasia e non attendere la morte naturale.

Comunque io un Dio lo immagino come un padre disposto al perdono per chi si pente ma siccome non c'è alcuna certezza che ci sarà un poi, un castigo preferisco che chi commette reati subisca prima il "castigo" umano, intesa come punizione, poi eventualmente se esiste un Dio ci penserà lui se perdonare o meno. In ogni caso credo che tutti abbiamo la possibilità di salvarci, secondo la religione, purchè ci sia un reale pentimento dal momento che tutti incorriamo in errori nel corso della vita, ma non mi preoccupa più di tanto se si vive secondo coscienza ed un'etica nel rispetto del prossimo come noi stessi.

Il Dio come lo immagini riflette la figura paterna, affettuosa ed autoritaria.

Il cardinale, teologo e filosofo inglese John Henry Newman(1801 – 1890) scrisse “Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai davvero”. Molti, infatti,vivono come “ombre che camminano”. “Life’s but a walking shadow”, scrisse William Shakespeare nel “Macbeth”. Sono ombre che passeggiano perché non hanno passioni, progetti, evitano rischi. Lasciano fluire il tempo come se fosse sabbia nella clessidra e non seme che germoglia e fruttifica. E l’approdo alla morte avviene senza aver vissuto.

4
Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Va bene altamarea, i pensieri sono importanti per orientare e dirigere la nostra vita e i nostri rapporti con gli altri.Pensieri e sogni sono strumenti molto potenti che abbiamo a disposizione e che ci permettono di spostarci ovunque e di influenzare a volte anche altre persone. Ci facciamo guidare da valori, principi e atteggiamenti che ci consentono di affrontare e reagire agli eventi della vita con animo sereno e senza paura.
"il tema del morire"da me più sopra postato è un pensiero come un altro, un insieme di idee, fa parte delle leggi di ogni cosa.
Questo è.

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Lady Joan Marie
Lady Joan Marie
Viandante Storico
Viandante Storico
Io dico sempre: pensare sempre a vivere bene, il pensiero della morte anche se fa parte della vita io lo considero molto relativo.

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Arwen
Arwen
Viandante Storico
Viandante Storico

altamarea ha scritto:

Paura comprensibile, ma non si deve aver paura per la sofferenza nel momento del trapasso. Ci sono medicinali per attenuare o eliminare il dolore. Nel caso di malattia invalidante io preferisco l’eutanasia e non attendere la morte naturale.

Dipende dalla causa di morte, non sono così sicura che a morire non si soffra e poi l'eutanasia nel nostro paese non è ancora legale, sì si può ricorrere a medicinali per attenuare il dolore ma hai mai visto spegnersi qualcuno in un ospedale, non sempre è una morte dolce se non vieni completamente sedato.
E se non puoi scegliere tu?
Ecco perchè sarebbe importante venisse approvata la legge per il testamento biologico.

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Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Mi è venuta in mente una cosa. Provate a immaginare che accada di essere colpiti da un virus potentissimo, che trasforma le persone, tutte le persone,  in morti-non morti. Che il cuore non batta più, che si diventi un cervello vivissimo in un guscio marcescente colmo di fisico dolore e pieno dell'angoscia di  dover vivere. Considerate il fatto di non poter morire perchè siete già morti. E allora qualcuno dice "proviamo a farci bruciare, non rimane nulla, diventiamo cenere..."
E se invece potesse continuare ad esistere, comunque, il vostro ghost?, lo spirito; angosciato, vagante, immortale e che non trova pace..........
Che mi dici Lady? il pensiero della morte fa parte della vita ed è tutto relativo?....
Una possibile visione come un'altra, senza il conforto di esseri superiori, senza niente di niente.

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Lady Joan Marie
Lady Joan Marie
Viandante Storico
Viandante Storico
Grazie a Dio io agli zombie non ci credo...
Credo in una vita dopo la morte e questo mi consola!

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Arwen
Arwen
Viandante Storico
Viandante Storico

Constantin ha scritto:Mi è venuta in mente una cosa. Provate a immaginare che accada di essere colpiti da un virus potentissimo, che trasforma le persone, tutte le persone,  in morti-non morti. Che il cuore non batta più, che si diventi un cervello vivissimo in un guscio marcescente colmo di fisico dolore e pieno dell'angoscia di  dover vivere. Considerate il fatto di non poter morire perchè siete già morti. E allora qualcuno dice "proviamo a farci bruciare, non rimane nulla, diventiamo cenere..."
E se invece potesse continuare ad esistere, comunque, il vostro ghost?, lo spirito; angosciato, vagante, immortale e che non trova pace..........
Che mi dici Lady? il pensiero della morte fa parte della vita ed è tutto relativo?....
Una possibile visione come un'altra, senza il conforto di esseri superiori, senza niente di niente.

Constantin segui anche tu The walking dead? inizio a sorridere
Mamma mia che scenario inquietante, essere dei morti viventi ridotti al bisogno primario di sfamarsi e cervello limitato, praticamente inutile bocca giù
Preferisco immaginare uno spirito privo di corpo piuttosto che uno zombie.
La più alta elevazione spirituale per unirmi ad un'entità cosmica universale piuttosto, oppure rinascere in un nuovo corpo anche se questo comportasse la perdita  della memoria passata e della precedente vita.

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Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
heiheiheiheiheiheiheiheihei !!!!!..... ma qualcuno mi legge per quello che scrivo? \ forse non son capace di esprimermi.... a questo punto......... facepalm   no ; .............
io ho parlato di ben altro....... Provate a immaginare che accada di essere colpiti da un virus potentissimo, che trasforma le persone, tutte le persone,  in morti-non morti. Che il cuore non batta più, che si diventi un cervello vivissimo in un guscio marcescente colmo di fisico dolore e pieno dell'angoscia di  dover vivere. Considerate il fatto di non poter morire perchè siete già morti. E allora qualcuno dice "proviamo a farci bruciare, non rimane nulla, diventiamo cenere..."
E se invece potesse continuare ad esistere, comunque, il vostro ghost?, lo spirito; angosciato, vagante, immortale e che non trova pace..........

Una possibile visione come un'altra, senza il conforto di esseri superiori, senza niente di niente.


qui gli zombi non ci azzeccano.. qua nessuno sbrana altri in orridi spettacoli, qua nessuno è un demente.... qua la gente, tutta la gente del mondo, non può morire, non può morire nemmeno quando è ridotta in cenere, perchè il ghost rimane, rimane il dolore infinito....vivo e senziente... per sempre...


(comunque ho visto tutti i resident evil)

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altamarea
altamarea
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Ciao Constantin, sei proprio sicuro che
"il tema del morire"da me più sopra postato è un pensiero come un altro, un insieme di idee, fa parte delle leggi di ogni cosa.
?

La coscienza della morte e il desiderio di trascenderla tramite l’illusione della sopravvivenza è una delle caratteristiche umane.

Sto rileggendo un recente libro del cardinale Camillo Ruini che l’ha titolato “C’è un dopo ? La morte e la speranza”. Ne consiglio la lettura anche a te, ad Arwen e a Lady Joan.

I cardinali sanno anche scrivere da laici, quando vogliono, senza glorificare l’inesistente.
Ruini domanda se è ancora possibile oggi, in un mondo dominato dal secolarismo e dalla cultura scientifica, pensare ad una possibile vita dopo la morte.
L’eminente esamina l’enigma della morte, la decostruzione sociale della morte, il cui significato è cambiato nell’ultimo secolo con il nuovo scenario del prolungamento dell’attesa di vita.

Anche i segni simbolici del lutto sono cambiati rispetto a quelli ancora usati negli anni ’50 – ‘60 dello scorso secolo. Oggi non si usano più o poco, mentre nel passato erano visibili e si protraevano per mesi o anni, come nel caso di molte vedove che vestivano di nero per il resto della loro vita. Molti uomini per alcuni mesi si mettevano una fascia nera intorno alla manica della giacca.

La stessa predicazione della Chiesa cattolica, che in un passato non lontano aveva nei “novissimi” (= le cose ultime a cui va incontro l’individuo al termine della vita secondo la provvidenza divina) un suo ”cavallo di battaglia”, da qualche decennio ne parla marginalmente, di solito in occasione dei funerali.

Arwen sono d’accordo con te. Sono una fautore del testamento biologico e dell’eutanasia. I clerici ed i loro sostenitori politici vogliono imporre anche ai non credenti la loro ideologia e poi parlano di libertà… Nonostante la vicinanza dei parenti e l’assistenza sanitaria ogni individuo “muore da solo”. Hai letto il libro “La solitudine del morente” ? Lo scrisse il sociologo tedesco Norbert Elias (1897 – 1990) e venne pubblicato in Italia nel 1985.

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Fénix
Fénix
Viandante Residente
Viandante Residente
Se posso dire del mio: quel che appartiene alla morte alla morte rimane.

Ti mando qui un monologo che ho scritto un po' di tempo fa e piacere di conoscerti!
Spero ti faccia sorridere, l'ho scritto con poca filosofia (a tratti forse appare poco chiaro). :)

La Morte (più cinica di così non sapevo farla, si recita con voce ristretta e lievemente chiusa, se si ha la voce rauca viene che è una meraviglia):

- Oh! Ma che Dio ci benedica! Buoni amici!
Piacere, il mio nome è Mortimer, ma vengo chiamato anche in molti modi, che non mi rappresentano molto, per giunta, alcuni dei miei nomi sono poco conosciuti.
Ma su, dai! Venite! Venite pure, seguitemi, scusatemi molto per l'attesa, sapete... sono il primo a dover conoscere alcuni fatti che condiscono spesso le vostre bocche a sazietà; stuzzica il palato la mia presenza, nevvero? Non sono molto dolce? A volte vorrei poterne convenire con me stesso, ma... sarà giustappunto un po' d'autoironia? Riterrete che io sia un qualsiasi impostore, che va in giro invitando persone senza un buon motivo. Immagino che non capite chi io sia...
Un giorno capirete anche voi che sono qui per il vostro bene...

Oh! Suvvia, miei cari adulatori del legno, non commuovetevi così... dai, su, lo vedo, vi siete commossi. Che lacrimoni! Ne fate sempre una questione di vita e di morte e poi vi lamentate e mi tocca pure spiegarlo ad ogni funerale, che quando una vita finisce nulla ne rimane. Ditemi allora! Cosa posso raccontarvi con modestia? Ogni vostra aspettativa ritenete che non sia chiusa in un bel feretro gelato e ben disposto...
Eppoi, per quanto mi fecero sapere un tempo, quando ancora non eravate avvezzi a questo tipo di cerimonie a voi vi si è fatti ciechi per la vergogna... ed è un peccato che vi buttiate così giù di morale...
Pensate! Non vedete quanto gran lavoro richiede il braccio attento del divino costruttore? Polvere e nulla più e tutti a farmi capire che sono sempre l'ultimo a morirne di stanchezza! Perché non mi fermo mai... Chiamatemi immortale! Che è quel che sono...

Inoltre, se non vi disturba, chiamatemi frequentemente, ma se e solo se sarà per nome, senza confondermi aggiungendo rime a ciance irriverenti e senza tregua. Non lo sopporterei! Sono sensibile, altruista, si... a volte un po' assente e scostante, devo ammetterlo, mea culpa, ma non trovo motivo per cui debba ritenersi un male...

Vi dirò che... in effetti... mi piace parlare sagacemente ai miei migliori amici delle mie esperienze ai limiti dell'incomprensibile. Non che abbia molto a vantarmene in effetti, eppoi, io dirigo comunque molto bene i miei affari. Sono attento e servile, preciso e conciso, rispetto senza alcun dubbio ogni forma di galateo e non ho alcun ritegno per le infrazioni! Oltretutto, come tutti, produco i miei guadagni nel pieno rispetto delle leggi.... universali...

Cosa c'è? Vi credete sfortunati? Evitiamo i piagnistei, su, ok? Prima mi avevate lasciato un senso di rassegnazione, cos'è che vi ha cambiati adesso? Credetemi e fidatevi, sono un essere molto all'antica, la mia astuzia non ha rimedi... né miao né bau e neanche altri versacci ad addomesticare il mio senso del giudizio e mi ritengo amorevole quanto basta, fino a dirmi giusto con un'ottima dizione! Le mie abitudini sono esattamente eguali se non migliori alle vostre, diciamo che la perfezione non ha mai avuto alcun modo per raggiungermi!

Lo so, lo so , sono un essere piuttosto strano, eccentrico, vanitoso, arrogante, ecc... eccc... mi pare d'avere già accennato i miei difetti altre volte, si... sono un losco individuo inoltre... non tutti sanno ragionarmi, dei pochi che ci sono riusciti non si ha avuto più notizia, ma non preoccupatevi che chi sa conoscermi è in buone mani!
Ma suvvia, ho molto da fare, vi auguro buona fortuna e che non vi baci mai..., sarebbe una disgrazia! Non si venga mai a sapere che ne ho pronunciato il nome, per carità! Con me non ha mai avuto nulla da spartire. Avrei avuto solo grattacapi e tasse, su tasse, su tasse...

Ma voi... dunque... vi sentite sfortunati. Mi dispiace, poveri ragazzi, avrei potuto offrirvi molto di più. Perdonatemi, se pongo spesso le stesse domande in varie circostanze: "io" sono la settima diminuita d'ogni appartamento desolato ai limiti della mia stessa avarizia. "Io" sono chi nella notte illumina il cammino verso l'oblio mentre la sorte spende la vita e sono li ad attendere guadagno. Perdonatemi. Ma lei la conoscente? Lei è una benedizione, oserei dire meravigliosa, mai che abbia avuto a morirne se non dopo di me. La speranza.

P.S. Se ho sbagliato ad inserirlo in questo post mi si faccia presente, grazie! (Eppoi sto ancora lavorando a questo personaggio):D

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Arwen
Arwen
Viandante Storico
Viandante Storico
Constantin ha scritto:heiheiheiheiheiheiheiheihei !!!!!..... ma qualcuno mi legge per quello che scrivo? \ forse non son capace di esprimermi.... a questo punto......... facepalm   no ; .............
io ho parlato di ben altro....... Provate a immaginare che accada di essere colpiti da un virus potentissimo, che trasforma le persone, tutte le persone,  in morti-non morti. Che il cuore non batta più, che si diventi un cervello vivissimo in un guscio marcescente colmo di fisico dolore e pieno dell'angoscia di  dover vivere. Considerate il fatto di non poter morire perchè siete già morti. E allora qualcuno dice "proviamo a farci bruciare, non rimane nulla, diventiamo cenere..."
E se invece potesse continuare ad esistere, comunque, il vostro ghost?, lo spirito; angosciato, vagante, immortale e che non trova pace..........

Una possibile visione come un'altra, senza il conforto di esseri superiori, senza niente di niente.

qui gli zombi non ci azzeccano.. qua nessuno sbrana altri in orridi spettacoli, qua nessuno è un demente.... qua la gente, tutta la gente del mondo, non può morire, non può morire nemmeno quando è ridotta in cenere, perchè il ghost rimane, rimane il dolore infinito....vivo e senziente... per sempre...


(comunque ho visto tutti i resident evil)

Ehi ehi ehi, Constantin nun t'arrabbia'  inizio a sorridere , hai detto Provate a immaginare che accada di essere colpiti da un virus potentissimo, che trasforma le persone, tutte le persone,  in morti-non morti....e io ho immaginato The Walking in dead  sorriso  rotolarsi dal ridere per me zombie e morti-non morti sono la stessa cosa, ma non prendertela, pure io ho visto tutti i Resident Evil. sorriso

altamarea ha scritto:

[...]Sto rileggendo un recente libro del cardinale Camillo Ruini che l’ha titolato “C’è un dopo ? La morte e la speranza”. Ne consiglio la lettura anche a te, ad Arwen  e a Lady Joan.

Anche i segni simbolici del lutto sono cambiati rispetto a quelli ancora usati negli anni ’50 – ‘60 dello scorso secolo. Oggi non si usano più o poco,  mentre nel passato erano visibili e si protraevano per mesi o anni, come nel caso di molte vedove che vestivano di nero per il resto della loro vita. Molti uomini  per alcuni mesi si mettevano una fascia nera intorno alla manica della giacca.

La stessa predicazione della Chiesa cattolica, che in un passato non lontano aveva nei “novissimi” (= le cose ultime a cui va incontro l’individuo al termine della vita secondo la provvidenza divina) un suo ”cavallo di battaglia”, da qualche decennio ne parla marginalmente, di solito in occasione dei funerali.

Arwen sono d’accordo con te. Sono una fautore del testamento biologico e dell’eutanasia. I clerici ed i loro sostenitori politici vogliono imporre anche ai non credenti la loro ideologia e poi parlano di libertà… Nonostante la vicinanza dei parenti e l’assistenza sanitaria ogni individuo “muore da solo”. Hai letto il libro “La solitudine del morente”  ? Lo scrisse il sociologo tedesco Norbert Elias (1897 – 1990) e venne pubblicato in Italia nel 1985.
Ti ringrazio, no non ho letto il libro " La solitudine del morente" e neanche il primo del cardinal Ruini che consigli.
A proposito dei simboli e segni esteriori del lutto, francamente preferisco oggi, il lutto lo si porta dentro senza necessità di manifestare all'esterno quello che spesso era solo un simbolo imposto che un vero dolore provato.
E poi condannare una vedova a portare il lutto per il resto della vita quando magari perdeva il marito in giovane età lo trovo assurdo.
Per questo io non  porterò il nero come simbolo di un lutto a vita per nessuno, ormai il nero è entrato a far parte del guardaroba  a prescindere dal lutto o meno.
Gli uomini mi pare o la fascia nera o il bottone nero ai tempi, se non ricordo male.

Fénix ha scritto:Se posso dire del mio: quel che appartiene alla morte alla morte rimane.

Ti mando qui un monologo che ho scritto un po' di tempo fa e piacere di conoscerti!
Spero ti faccia sorridere, l'ho scritto con poca filosofia (a tratti forse appare poco chiaro). :)

La Morte (più cinica di così non sapevo farla, si recita con voce ristretta e lievemente chiusa, se si ha la voce rauca viene che è una meraviglia):

Bel monologo Fenix. sorriso
utile per  esorcizzare la morte  pensarla con ironia e sorridergli.

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Lady Joan Marie
Lady Joan Marie
Viandante Storico
Viandante Storico
Il dolore per la perdita di qualcuno rimane sempre e bisogna accettarlo ed anche rispettarlo...
Ma io all'immortalità dell'anima e alla vita dopo la morte ci credo e questo mi consola!
meditare amorebandiera

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Fénix
Fénix
Viandante Residente
Viandante Residente
Piacere di conoscerti! Vorrei chiederti: sei mai stata nell'aldilà? Io ho sempre creduto che non si può conoscere cosa c'è oltre una montagna se non si trova un modo di superarla. Il modo sarebbe il suicidio in questo caso o la semplice attesa, impegnando il tempo il più possibile, ovviamente vi auguro di campare 150 anni suonati! Comunque... oltre la morte noi non ci possiamo andare, il significato della parola vita in questo modo è usato male: "vita oltre la morte".
Certo che c'è altra vita oltre la morte, quella che rimane e ci ricorda che un giorno moriremo anche noi, ma non si può constatare che si possa, come dire... scindere l'anima dal corpo, come facciamo a sapere che l'anima è immortale se la usiamo ogni giorno per ragionare? La vita è l'energia che mantiene vivo il corpo, senza la quale non c'è modo di poter vivere...

Spero di non essere sembrato un po' esagerato e vi assicuro che non voglio litigare su questo argomento, ma vorrei capire con quali argomenti si può affermare che c'è vita oltre la morte...

16
altamarea
altamarea
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Lady Joan ha scritto:
io all'immortalità dell'anima e alla vita dopo la morte ci credo e questo mi consola!
L’hai detto, ti consola ! Temi il Nulla !

Il filosofo inglese Francis Bacon (1561 – 1626) scrisse: “Gli uomini temono la morte, come i bambini temono il buio”.

Quel “dopo” ognuno lo collega a qualcosa: all'immortalità dell'anima, alla risurrezione od altro.
Oltre quella “frontiera” c’è un incontro o un abisso, un giudizio o un silenzio finale?
Io preferisco il Nulla.

Per i credenti cristiani la vita ha nella morte del corpo il suo penultimo appuntamento, perché è il passaggio obbligatorio, da cui nessuno è esente, per poi andare verso l’eternità, nella grazia di Dio.

Nelle “Lettere a Lucilio” (“epistulae 65”) il filosofo e politico Seneca pone un interrogativo: “mors quid est ?” (la morte cos’è ?) e dà la risposta: “Aut finis, aut transitus”: o fine (della vita e dissoluzione del corpo) o passaggio verso qualcos’altro. Sono due concezioni contrapposte: per quella materialistica la morte è finis, per quella spiritualistica la morte è transitus.

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Lady Joan Marie
Lady Joan Marie
Viandante Storico
Viandante Storico
Io non sono stata nè nell'aldilà e non conosco il Nulla. Voi potete pensarla a modo vostro e lo rispetto, ma io vorrei essere solo capita: la morte è un pensiero troppo complesso per parlarne con leggerezza, non so se ci sia una vita dopo la morte, però sapete come si dice? Non ci credo ma è vero.

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Fénix
Fénix
Viandante Residente
Viandante Residente
In fondo hai ragione. C'è la locuzione: omnia mutantur, nihil interit, tradotta è: tutto muta, nulla perisce.

Da questo non si deduce però che ci sia un'effettiva vita oltre la morte...

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