L'esistenzialismo
Come ogni altro movimento dello spirito umano, l'esistenzialismo ha due volti: da un lato esso può circoscriversi ad un dato periodo storico ed i suoi rappresentanti potranno allora essere indicati in Kierkegaard e in Nietzsche per l'ottocento, in Heidegger e Jaspers per il novecento e nel secondo dopoguerra fino a quasi fine secolo\1900, da Jean Paul Sartre. Ma l'esistenzialismo come momento del pensiero filosofico e della nostra cultura non può essere storicamente delimitato: esistenzialisti furono Platone ed Aristotele come lo furono ancora Hume e Kant, Schelling e Schopenauer.
Esistenzialistica è ogni filosofia che cerca di affermare la concreta realtà dell'essere e che si accorge prima o dopo, che tale realtà resta invece inafferrabile per il pensiero umano. Ad esempio, Platone non manca mai di notare che ogni tentativo di cogliere la concreta situazione nella quale a noi si manifestano la natura e l'esperienza inesprimibile nel nostro destino ha in sè qualcosa di equivoco: piuttosto che alla ragione egli si affida al mito ed alla magica suggestione della sua arte. Aristotele, invece , sembra più concreto, ma resta comunque nel suo sistema limite indeterminato dalla materia informe; e nella sua serrata argomentazione, si affaccia il presentimento di un mondo sconosciuto e di un destino inviolabile che oscura e muove incessantemente la ricerca della realtà.
Ecco allora l'esistenzialismo messo a nudo: esso è l'ultima forma più decadentistica del mai superato romanticismo.
Kierkegaard e Nietzsche, sono (a mio avviso) in fondo dei romantici in ritardo, dei romantici infelici di essere rimasti tali.
Una filosofia che con tanta serietà riparla del destino e del nulla, della libertà per la morte e della passione per la notte, fissa nella visione affascinante della finitezza incomprensibile della vita, una filosofia che esalta il rischio e proclama vano ogni pensiero che non muta fin dal profondo l'esistenza della persona, richiama troppi temi romantici e decadentistici perchè si possa esitare a definirla come l'ultima forma, la più sottile e la più spregiudicata, del decadentismo romantico.
Ma l'esistenzialismo non è soltanto romanticismo.
La realtà della (chiamiamola) malattia romantica si sviluppa perchè prima di Kierkegaard e Nietzsche la filosofia europea non ha saputo vivere fino in fondo il romanticismo. Con Hegel il romanticismo non era stato vinto, ma fortemente imprigionato in astrattismo dialettico che si sarebbe spezzato di fronte alla prima ondata della controrivoluzione romantica di Nietzsche e Kierkegaard.
Esattamente, i due, sono gli estremi più violenti a rappresentare il romanticismo, ma nella paradossale infinità della loro esperienza, aperta ad ogni possibilità, hanno finalmente esaurito il romanticismo.
E' per questo che dopo essi un puro e semplice ritorno al romanticismo è impossibile.
Se ogni atteggiamento romantico nasce dall'esperienza incomunicabile, l'esistenzialismo ha trasformato ciò che era un atteggiamento in un problema filosofico.
L'esistenza è divenuta filosofia. Ed è questa l'antinomia più paradossale che si muove nell'intimità di ogni ricerca esistenzialistica.
Potremmo dire che le filosofie più esistenzialistiche sono state quelle che non si sono presentate come filosofie dell'esistenzialismo bensì quelle che contenevano implicito in sè il puro senso dell'esistere ( paradosso perchè ogni sistema filosofico potrebbe divenire esistenzialistico ad eccezione dello stesso esistenzialismo).
L'antinomia dell'esistenzialismo, che è a sua volta la filosofia più satura di antinomie, conduce la filosofia occidentale all'estremo limite di sè stessa: sembra ormai che nessuna strada sia aperta, e che siano aperte nel medesimo tempo tutte le strade.
Come l'arte è diventata in un certo senso il problema dell'arte, un'arte solo per artisti, che ha dimenticato l'ingenua e veristica spontaneità; così la filosofia è diventata il processo che la filosofia fa a se stessa.
Come l'arte contemporanea si è ribellata alla realtà in nome dell'iporealtà e della superrealtà, non si può più tornare ormai ad un reale mitico ed astratto, così la ragione filosofica cerca in sè stessa l'irrazionale e l'arazionale, pur accorgendosi tuttavia della loro assoluta inafferrabilità poichè, ogni volta che la ragione riesce ad afferrarli, essi si dissolvono nel mito o nel dogma.
Questo è infine il grande problema dell'esistenzialismo : in che senso l'irrazionale e l'arazionale sono passibili di fronte al razionale?
Come ogni altro movimento dello spirito umano, l'esistenzialismo ha due volti: da un lato esso può circoscriversi ad un dato periodo storico ed i suoi rappresentanti potranno allora essere indicati in Kierkegaard e in Nietzsche per l'ottocento, in Heidegger e Jaspers per il novecento e nel secondo dopoguerra fino a quasi fine secolo\1900, da Jean Paul Sartre. Ma l'esistenzialismo come momento del pensiero filosofico e della nostra cultura non può essere storicamente delimitato: esistenzialisti furono Platone ed Aristotele come lo furono ancora Hume e Kant, Schelling e Schopenauer.
Esistenzialistica è ogni filosofia che cerca di affermare la concreta realtà dell'essere e che si accorge prima o dopo, che tale realtà resta invece inafferrabile per il pensiero umano. Ad esempio, Platone non manca mai di notare che ogni tentativo di cogliere la concreta situazione nella quale a noi si manifestano la natura e l'esperienza inesprimibile nel nostro destino ha in sè qualcosa di equivoco: piuttosto che alla ragione egli si affida al mito ed alla magica suggestione della sua arte. Aristotele, invece , sembra più concreto, ma resta comunque nel suo sistema limite indeterminato dalla materia informe; e nella sua serrata argomentazione, si affaccia il presentimento di un mondo sconosciuto e di un destino inviolabile che oscura e muove incessantemente la ricerca della realtà.
Ecco allora l'esistenzialismo messo a nudo: esso è l'ultima forma più decadentistica del mai superato romanticismo.
Kierkegaard e Nietzsche, sono (a mio avviso) in fondo dei romantici in ritardo, dei romantici infelici di essere rimasti tali.
Una filosofia che con tanta serietà riparla del destino e del nulla, della libertà per la morte e della passione per la notte, fissa nella visione affascinante della finitezza incomprensibile della vita, una filosofia che esalta il rischio e proclama vano ogni pensiero che non muta fin dal profondo l'esistenza della persona, richiama troppi temi romantici e decadentistici perchè si possa esitare a definirla come l'ultima forma, la più sottile e la più spregiudicata, del decadentismo romantico.
Ma l'esistenzialismo non è soltanto romanticismo.
La realtà della (chiamiamola) malattia romantica si sviluppa perchè prima di Kierkegaard e Nietzsche la filosofia europea non ha saputo vivere fino in fondo il romanticismo. Con Hegel il romanticismo non era stato vinto, ma fortemente imprigionato in astrattismo dialettico che si sarebbe spezzato di fronte alla prima ondata della controrivoluzione romantica di Nietzsche e Kierkegaard.
Esattamente, i due, sono gli estremi più violenti a rappresentare il romanticismo, ma nella paradossale infinità della loro esperienza, aperta ad ogni possibilità, hanno finalmente esaurito il romanticismo.
E' per questo che dopo essi un puro e semplice ritorno al romanticismo è impossibile.
Se ogni atteggiamento romantico nasce dall'esperienza incomunicabile, l'esistenzialismo ha trasformato ciò che era un atteggiamento in un problema filosofico.
L'esistenza è divenuta filosofia. Ed è questa l'antinomia più paradossale che si muove nell'intimità di ogni ricerca esistenzialistica.
Potremmo dire che le filosofie più esistenzialistiche sono state quelle che non si sono presentate come filosofie dell'esistenzialismo bensì quelle che contenevano implicito in sè il puro senso dell'esistere ( paradosso perchè ogni sistema filosofico potrebbe divenire esistenzialistico ad eccezione dello stesso esistenzialismo).
L'antinomia dell'esistenzialismo, che è a sua volta la filosofia più satura di antinomie, conduce la filosofia occidentale all'estremo limite di sè stessa: sembra ormai che nessuna strada sia aperta, e che siano aperte nel medesimo tempo tutte le strade.
Come l'arte è diventata in un certo senso il problema dell'arte, un'arte solo per artisti, che ha dimenticato l'ingenua e veristica spontaneità; così la filosofia è diventata il processo che la filosofia fa a se stessa.
Come l'arte contemporanea si è ribellata alla realtà in nome dell'iporealtà e della superrealtà, non si può più tornare ormai ad un reale mitico ed astratto, così la ragione filosofica cerca in sè stessa l'irrazionale e l'arazionale, pur accorgendosi tuttavia della loro assoluta inafferrabilità poichè, ogni volta che la ragione riesce ad afferrarli, essi si dissolvono nel mito o nel dogma.
Questo è infine il grande problema dell'esistenzialismo : in che senso l'irrazionale e l'arazionale sono passibili di fronte al razionale?