IL SEGRETO DEL CANE
Nel villaggio di Lutolo c'era un uomo che sembrava perseguitato da un destino avverso, tanto che lo chiamavano Mateso (disgrazia). Suo unico bene era un cane, magro come lui; la sua abitazione era una capanna sgangherata ai margini del villaggio. Eppure i suoi genitori erano stati ricchi, avevano contribuito non poco alla fondazione di Lutolo e avevano reso preziosi servizi a molta gente. Perchè mai erano stati colpiti da un fulmine, lasciando lui orfanello di quattro anni? Dopo la loro morte, zii, cugini, nipoti s'erano precipitati come avvoltoi sui beni dei defunti per dividerseli tra loro.
All'orfanello non era rimasto che il cane e una vita stentata in cerca di un boccone tra i parenti meno taccagni.
Divenuto grande e indipendente, aveva tentato vari mestieri, per campare: la pesca, la caccia, la coltivazione dei campi, la fabbricazione di canestri, ma niente gli riusciva. Ogni mattina gli pareva di avere delle pietre nello stomaco.
Durante il giorno ispezionava la foresta in cerca di frutti selvatici o per controllare le trappole, ma quasi sempre invano.
Il suo cane fedele, spesso più fortunato, gli portava ora un topo, ora uno scoiattolo o qualche frutto.
Allora si vedeva uscire il fumo dalla catapecchia, e le male lingue si domandavano: "Che avrà preso oggi Mateso?"
Un mattino per tempo tornò dalla foresta dove aveva scoperto una vecchia pama con un grappolo di frutti maturi. Salito sulla pianta, mentre stava per recidere il bel grappolo, gli sfuggì di mano il coltello che cadde a terra.
Ora doveva scendere a terra e rifare la faticosa scalata dell'albero. Guardando in giù e vedendo il cane che attendeva paziente, non potè trattenere un rimbrotto:
-E quel pigrone là non potrebbe portarmi il coltello?- Ma in quel momento restò impietrito tra lo stupore e la paura perchè sentì il cane parlare:
-Padrone, cosa ho fatto di male per meritare il tuo rimprovero? Non scendere, ti porto io il coltello.
E la bestia s'arrampicò con l'agilità di uno scoiattolo tenendo in bocca lo strumento.
Compiuto il lavoro. Mateso scese dalla palma ma un groppo di pensieri gli impediva di parlare. E tirò un sospiro di sollievo quando il cane ruppe il silenzio:
-Caro padrone, non hai niente da temere. Ti faccio una proposta. Io so il segreto per conoscere il linguaggio di tutti gli animali; se te lo rivelo la nostra vita può cambiare radicalmente. Però puoi giurare di non farlo sapere assolutamente a nessuno? La più piccola indiscrezione ti costerà la vita.
L'uomo promise. Poi, per soddisfare la sua curiosità, chiese: -Perchè hai aspettato tempo prima di rivelarmi il meraviglioso segreto?
-Perchè- rispose il cane- ritengo più facile per l'uomo sopportare le difficoltà della vita che resistere alle tentazioni del benessere. Voi confondete spesso la felicità con la ricchezza e questa vi rende schiavi e vi corrompe.
In pochi giorni la vita di Mateso cambiò davvero. Se un elefante moriva nella foresta, egli ne veniva informato dal chiaccherio delle mosche. Quando pescava, sapeva quale esca usare e dove gettare l'amo o la rete.
Un giorno giunse a Lutolo la notizia che il potente re Mutiki avrebbe dato sua figlia Lutonde in sposa all'uomo più abile e coraggioso.
In breve i migliori giovani di Lutolo e dei villaggi vicini e lontani partirono per Kakolokelwa, capitale del regno.
Anche Mateso dopo molte esitazioni, partì, accompagnato dal cane fedele.
Giunse il giorno delle prove. I giovani più audaci esibirono le loro capacità, ma fallirono uno dopo l'altro. Invece Mateso, con l'aiuto del cane e di tanti animali ed animaletti, superò ogni prova.
Per le sue nozze con Lutonde si fece una grande festa, ed egli poi fu fatto Primo Ministro del Regno.
Il re apprezzava i suoi saggi consigli e anche la gente era contenta di lui.
A completare la felicità venne la nascita di due graziosi gemelli, Muganza e Songa ( un bambino e una bambina).
Ma la felicità è legata ad un filo fragile come quello di un ragno.
Accadde, dpo una decina di anni, che la regina madre si recasse presso la figlia Lutonde.
L'anziana signora era tormentata da una brutta ad un gamba, e le mosche vi accorrevano numerose, incuranti dello scacciamosche agitato dalle dame della regina.
Mateso ascoltava divertito il parlottare dei fastidiosi insetti " zzzzst... che carne buona!, mai assaggiata una così tenera ! ". Lui sorrideva e sentiva l'ilarità crescergli in corpo finchè non riuscì più a dominarsi e scoppiò in una sonora risata.
La regina balzò in piedi indignata e gridò rivolgendosi a sua figlia: - Tuo marito si burla di me! Quale affronto! E proprio dal marito di mia figlia ! -
Mateso tentò di scusarsi, accorsero molti curiosi e alcuni passarono dalla curiosità alle minacce: - La prepotenza di questo straniero è al colmo! Ci ha rubato la Principessa e la carica di Primo Ministro, e adesso osa insultare la nostra regina! Andiamo dal re!
Fu radunato il Gran Consiglio del Regno e Mateso fu invitato a spiegarsi.
Quando cominciò a parlare il cane lo guardò con evidenti segni d'inquietudine e poco dopo fuggì verso la foresta scomparendo per sempre.
Il discorso di Mateso fu piuttosto lungo e confuso. Voleva difendersi e insieme tacere il segreto.
Dopo tanti giri e contraddizioni, finì per far trapelare ciò che doveva serbare nascosto.
Fu così che allora scoppiò improvviso un tremendo uragano accompagnato fa fulmini e da scosse di terremoto.
Di li a poco il povero Mateso cadde a terra folgorato.
Nel villaggio di Lutolo c'era un uomo che sembrava perseguitato da un destino avverso, tanto che lo chiamavano Mateso (disgrazia). Suo unico bene era un cane, magro come lui; la sua abitazione era una capanna sgangherata ai margini del villaggio. Eppure i suoi genitori erano stati ricchi, avevano contribuito non poco alla fondazione di Lutolo e avevano reso preziosi servizi a molta gente. Perchè mai erano stati colpiti da un fulmine, lasciando lui orfanello di quattro anni? Dopo la loro morte, zii, cugini, nipoti s'erano precipitati come avvoltoi sui beni dei defunti per dividerseli tra loro.
All'orfanello non era rimasto che il cane e una vita stentata in cerca di un boccone tra i parenti meno taccagni.
Divenuto grande e indipendente, aveva tentato vari mestieri, per campare: la pesca, la caccia, la coltivazione dei campi, la fabbricazione di canestri, ma niente gli riusciva. Ogni mattina gli pareva di avere delle pietre nello stomaco.
Durante il giorno ispezionava la foresta in cerca di frutti selvatici o per controllare le trappole, ma quasi sempre invano.
Il suo cane fedele, spesso più fortunato, gli portava ora un topo, ora uno scoiattolo o qualche frutto.
Allora si vedeva uscire il fumo dalla catapecchia, e le male lingue si domandavano: "Che avrà preso oggi Mateso?"
Un mattino per tempo tornò dalla foresta dove aveva scoperto una vecchia pama con un grappolo di frutti maturi. Salito sulla pianta, mentre stava per recidere il bel grappolo, gli sfuggì di mano il coltello che cadde a terra.
Ora doveva scendere a terra e rifare la faticosa scalata dell'albero. Guardando in giù e vedendo il cane che attendeva paziente, non potè trattenere un rimbrotto:
-E quel pigrone là non potrebbe portarmi il coltello?- Ma in quel momento restò impietrito tra lo stupore e la paura perchè sentì il cane parlare:
-Padrone, cosa ho fatto di male per meritare il tuo rimprovero? Non scendere, ti porto io il coltello.
E la bestia s'arrampicò con l'agilità di uno scoiattolo tenendo in bocca lo strumento.
Compiuto il lavoro. Mateso scese dalla palma ma un groppo di pensieri gli impediva di parlare. E tirò un sospiro di sollievo quando il cane ruppe il silenzio:
-Caro padrone, non hai niente da temere. Ti faccio una proposta. Io so il segreto per conoscere il linguaggio di tutti gli animali; se te lo rivelo la nostra vita può cambiare radicalmente. Però puoi giurare di non farlo sapere assolutamente a nessuno? La più piccola indiscrezione ti costerà la vita.
L'uomo promise. Poi, per soddisfare la sua curiosità, chiese: -Perchè hai aspettato tempo prima di rivelarmi il meraviglioso segreto?
-Perchè- rispose il cane- ritengo più facile per l'uomo sopportare le difficoltà della vita che resistere alle tentazioni del benessere. Voi confondete spesso la felicità con la ricchezza e questa vi rende schiavi e vi corrompe.
In pochi giorni la vita di Mateso cambiò davvero. Se un elefante moriva nella foresta, egli ne veniva informato dal chiaccherio delle mosche. Quando pescava, sapeva quale esca usare e dove gettare l'amo o la rete.
Un giorno giunse a Lutolo la notizia che il potente re Mutiki avrebbe dato sua figlia Lutonde in sposa all'uomo più abile e coraggioso.
In breve i migliori giovani di Lutolo e dei villaggi vicini e lontani partirono per Kakolokelwa, capitale del regno.
Anche Mateso dopo molte esitazioni, partì, accompagnato dal cane fedele.
Giunse il giorno delle prove. I giovani più audaci esibirono le loro capacità, ma fallirono uno dopo l'altro. Invece Mateso, con l'aiuto del cane e di tanti animali ed animaletti, superò ogni prova.
Per le sue nozze con Lutonde si fece una grande festa, ed egli poi fu fatto Primo Ministro del Regno.
Il re apprezzava i suoi saggi consigli e anche la gente era contenta di lui.
A completare la felicità venne la nascita di due graziosi gemelli, Muganza e Songa ( un bambino e una bambina).
Ma la felicità è legata ad un filo fragile come quello di un ragno.
Accadde, dpo una decina di anni, che la regina madre si recasse presso la figlia Lutonde.
L'anziana signora era tormentata da una brutta ad un gamba, e le mosche vi accorrevano numerose, incuranti dello scacciamosche agitato dalle dame della regina.
Mateso ascoltava divertito il parlottare dei fastidiosi insetti " zzzzst... che carne buona!, mai assaggiata una così tenera ! ". Lui sorrideva e sentiva l'ilarità crescergli in corpo finchè non riuscì più a dominarsi e scoppiò in una sonora risata.
La regina balzò in piedi indignata e gridò rivolgendosi a sua figlia: - Tuo marito si burla di me! Quale affronto! E proprio dal marito di mia figlia ! -
Mateso tentò di scusarsi, accorsero molti curiosi e alcuni passarono dalla curiosità alle minacce: - La prepotenza di questo straniero è al colmo! Ci ha rubato la Principessa e la carica di Primo Ministro, e adesso osa insultare la nostra regina! Andiamo dal re!
Fu radunato il Gran Consiglio del Regno e Mateso fu invitato a spiegarsi.
Quando cominciò a parlare il cane lo guardò con evidenti segni d'inquietudine e poco dopo fuggì verso la foresta scomparendo per sempre.
Il discorso di Mateso fu piuttosto lungo e confuso. Voleva difendersi e insieme tacere il segreto.
Dopo tanti giri e contraddizioni, finì per far trapelare ciò che doveva serbare nascosto.
Fu così che allora scoppiò improvviso un tremendo uragano accompagnato fa fulmini e da scosse di terremoto.
Di li a poco il povero Mateso cadde a terra folgorato.