Paolo di Tarso nella prima Lettera ai Corinzi afferma: “Queste sono le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità” (13, 13). Tale dichiarazione fu usata dalla tradizione cristiana per la classificazione delle tre virtù teologali, quelle cioè che hanno alla loro radice la grazia divina, infusa nei credenti.
La seconda di queste virtù, la speranza, costituisce quasi il filo conduttore della Bibbia. Essa, infatti, è protesa verso il futuro messianico.
Gli eventi negativi nella vita motivano alla “di – sperazione” e non alla speranza, come confessa nel veterotestamentario “Libro di Giobbe” l’omonimo patriarca, la cui fede è messa alla prova da parte di Dio: “I miei giorni scorrono veloci come una spola, svaniscono senza un filo di speranza … La mia speranza dov’è nascosta ? Qualcuno ha intravisto la mia felicità ?” (7, 6; 17, 15).
L’apostolo Paolo usa due vocaboli greci per descrivere la speranza:
“elpìs”, che col relativo verbo risuona 86 volte nel Nuovo Testamento;
“hypomoné”, che evoca l’idea di un “rimanere sotto” un peso da reggere, ma con la certezza che giungerà la sosta per sgravarsi dal peso.
La speranza è collegata con l’attesa e la pazienza. Significativa è al riguardo la parabola del grano e della zizzania: “Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13, 24 – 30).
Forte è la tentazione di reagire con ira, irrompendo e devastando la zizzania ma con essa anche il grano. La speranza è, invece, fermezza pacata e misurata, che sa attendere il tempo in cui Dio interverrà col suo giusto giudizio.
La seconda di queste virtù, la speranza, costituisce quasi il filo conduttore della Bibbia. Essa, infatti, è protesa verso il futuro messianico.
Gli eventi negativi nella vita motivano alla “di – sperazione” e non alla speranza, come confessa nel veterotestamentario “Libro di Giobbe” l’omonimo patriarca, la cui fede è messa alla prova da parte di Dio: “I miei giorni scorrono veloci come una spola, svaniscono senza un filo di speranza … La mia speranza dov’è nascosta ? Qualcuno ha intravisto la mia felicità ?” (7, 6; 17, 15).
L’apostolo Paolo usa due vocaboli greci per descrivere la speranza:
“elpìs”, che col relativo verbo risuona 86 volte nel Nuovo Testamento;
“hypomoné”, che evoca l’idea di un “rimanere sotto” un peso da reggere, ma con la certezza che giungerà la sosta per sgravarsi dal peso.
La speranza è collegata con l’attesa e la pazienza. Significativa è al riguardo la parabola del grano e della zizzania: “Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13, 24 – 30).
Forte è la tentazione di reagire con ira, irrompendo e devastando la zizzania ma con essa anche il grano. La speranza è, invece, fermezza pacata e misurata, che sa attendere il tempo in cui Dio interverrà col suo giusto giudizio.