Quel porro amico mio
Chissà se riuscirò a superare il momento, o dovrò rassegnarmi a vivere una nuova, tragica, angosciata esistenza di rimorso e rammarico, anelito di una fine rapida e liberatoria?... o non sopporterò affatto la consapevolezza della mia feroce turpitudine e morrò presto suicida?
Il dubbio mi macerava dentro da sempre, ma l’ultimo colpo m’è venuto dalla trasmissione televisiva in cui si mostravano gli ultime esperimenti scientifici (chiamiamo così pure certi sadismi) tesi a dimostrare la sensibilità delle piante, l’esistenza inequivocabile di una loro coscienza, il manifestarsi di sentimenti paragonabili a quelli che, nella nostra rozzezza animalesca chiamiamo terrore, amore, paura, preoccupazione, gratitudine…
Fatto certo è che ora ci penso costantemente, quando sono in cucina, e se pur mi tocca quotidianamente uccidere delle piante, cerco di adoprarmi perché si tratti di una morte il più veloce possibile, perché venga almeno risparmiato lo strazio prolungato a queste sensibili creature… doppiamente sfortunate, secondo il nostro metro, perché non hanno nemmeno voce per strillare e palesare all’universo il proprio dolore, e testimoniare accusando la crudeltà altrui.
Ma non sempre è possibile non essere sadici…
Era bellissimo, turgido, bianco avorio per la più parte del suo corpo elegante e verde brillante e lucido di chioma, quel ciuffo verde di foglie cresciute al sole.
In fondo, una sana, fluente radicazione di innumerevoli tubuli carnosi avidi d’acqua e di nutrienti, esuberanti di una gioventù procace…Si, davvero uno splendido porro, ho comprato al mercatino rionale, qualche giorno fa; gagliardo figlio dei nostri orti, a kilometri zero…
Il porro mi piace, lo uso abitualmente al posto della cipolla in quasi tutte le preparazioni, perché di gusto più fresco e delicato. Lo affetto con quella macchinetta di plastica con una lametta affilata più di un rasoio, ed uno stesso porro mi basta per più giorni, e per pietanze diverse.
Di giorno in giorno conservo quello che mi avanza il frigo, ben avvolto nella pellicola trasparente per alimenti…
Ed ogni giorno il mio cipollotto da affettare, sempre più sfregiato, più mutilato, più indebolito dallo strazio del taglio, umiliato dalla prigionia del sudario trasparente, dal freddo oscuro del frigorifero, ogni giorno fa un nuovo sforzo per continuare a vivere e crescere, ma sempre più faticosamente, sempre più debolmente, in una straziante agonia senza fine… ha cercato di mettere qualche nuova radichetta, ha allungato di un centimetro la sua parte centrale, il cuore vitale, tenacemente, attingendo linfa ed energie alle foglie più esterne, sempre sue membra, che è costretto a sacrificare nel tentativo estremo di una sopravvivenza. Sofferente, mutilato, villipeso, ancora lotta per la vita... Vita; il dono supremo che abbiamo ricevuto!
Affetto il cipollotto e gli occhi lacrimano del suo pianto. Ma non sono più sicuro che sia solo perché il suo sangue speciale è irritante per le mie mucose o altro.
Mentalmente cerco di scusarmi con lui; in fondo è nella mia natura il mangiare anche i porri, ed anche lui, quando sarà nel paradiso di tutte le verdure capirà e forse mi perdonerà…
Ma che volete farci?... l’indurre sofferenza ad un essere vivente, che bene lo sente, anche se sembra non manifestarlo, mi da turbamento… Di più, adesso che lo so.
Lucio Musto 2 ottobre 2012
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