dea della Pudicizia, “Museo Pio Clementino” (Musei Vaticani).
Questa divinità presiedeva alla castità coniugale.
Lo storico Tito Livio (59 a. C. – 17 d. C.) narra di una singolare disputa avvenuta a Roma tra matrone alla fine del III sec. a. C..
La nobile Virginia, di nascita patrizia, venne esclusa dalle altre signore ai riti in onore della dea “Pudicitia Patricia", sia perché la donna si era sposata in seconde nozze col console plebeo Lucio Volumnio Flamma Violente, sia perché l'accesso al sacello dedicato alla Pudicizia, nel Foro Boario, era consentito soltanto alle donne che si erano maritate una sola volta.
Virginia per ritorsione contro le aristocratiche (insensibili ai cambiamenti avvenuti da tempo all’interno della società romana) nel 296 a. C. sul colle Quirinale, nell’area della sua domus sul “Vicus Longus” (l’attuale via Nazionale) fece costruire un altro sacello dedicato alla Pudicizia ma con l’appellativo “Plebea”, preposta alla pudicizia delle donne romane in generale e non soltanto di quelle patrizie.
Il sacello era un piccolo luogo di culto con altare e statua della dea, corrispondente come grandezza ad una cappella rurale in epoca cristiana.