La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, socialisti, donne, anziani e bambini. Nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli.
Per decenni in Italia c’è stato un colpevole silenzio sulle foibe e sull'esodo forzato dall'Istria e dalla Dalmazia. Oggi le cose stanno lentamente cambiando ma ancora nessuno ha il coraggio di affrontarle seriamente, provando ad andare alle origini di quel nazionalismo e dell'odio etnico in cui germinò l’orrore.
Alla radice della rimozione ci sarebbe una motivazione psicologica, legata al fatto che questo episodio costituisce uno dei drammi più gravi legati alla sconfitta italiana. La volontà di distruggerne il ricordo sarebbe imputabile ad un fronte di interesse eterogeneo: il governo non ha a svolto il suo ruolo ; l’opposizione di sinistra, data la posizione ambigua tenuta in quel periodo in cui si decidevano le sorti di quei territori; fascisti e neofascisti protagonisti di un processo di italianizzazione violento.
Restituire ai fatti accaduti il diritto di diventare memoria, significa accordare dignità alle vittime e penetrare le ragioni profonde che condussero a tali atrocità. Restituire memoria significa elaborare e permettere così di comprendere il passato e le sue tracce nel presente. E' una nostra responsabilità a cui non possiamo abdicare.