Chi si fiderebbe di un estraneo? Chi mostrerebbe il suo profondo ad uno sconosciuto? Chi rivolgerebbe anche solo parole amichevoli ad una persona mai vista?
La società è frenetica, caotica e compulsiva. Questo genera freddezza, avidità, cattiveria. Come riuscire a fidarsi del prossimo con leggerezza? E’ un azzardo, una follia. Ma quali sono i confini oltre i quali la malevolenza altrui diventa solo figlia della paranoide?
Il disturbo paranoide di personalità è caratterizzato da diffidenza e sospettosità che spingono ad interpretare le motivazioni degli altri sempre come malevole, con caratteristiche di forte sospettosità e mancanza di fiducia. Gli individui che maturano questa struttura di personalità sono dominati in maniera rigida e pervasiva da pensieri fissi di persecuzione, timori di venir danneggiati, paura continua di subire un torto anche da persone amate, senza che però l'intensità di tali pensieri raggiunga caratteri deliranti, infatti “l’esame di realtà” rimane intatto.
In questa modalità di pensare, sentire e relazionarsi è particolarmente rigida, fino a portare ad un continuo controllo delle proprie emozioni. Di solito sono soggetti privi di umorismo, incapaci di esprimere emozioni, eccessivamente moralisti. Ma non solo.
Secondo la prospettiva psicodinamica, queste caratteristiche di personalità sono prevalentemente attribuibili ad un massiccio uso del meccanismo di difesa della proiezione, attraverso il quale le caratteristiche ritenute cattive appartenenti alla propria persona vengono attribuite, proiettate all'esterno, su altre persone, o sull'intero ambiente, che verrà così percepito come costantemente ostile e pericoloso per la sopravvivenza dell'individuo.Il meccanismo della proiezione è una strategia di difesa dell'Io considerata primitiva, cioè utilizzata in modo massiccio nella primissima infanzia (fonte: wikizozza)
Nell'età adulta, la proiezione verrà impiegata in maniera più attenuata, e tollerabile per l'adattamento. L’estremizzazione della forma adattativa, come difesa del proprio io, può portare anche alla costituzione di una personalità di facciata, dalle più svariate forme, al fine di difendere l’Io attaccabile. Preciso che potrei essere estremamente avventato a tal riguardo, non avendo competenze professionali ma, esprimendomi in maniera del tutto opinionistica, questa forma di psicosi è identificabile come fobia sociale, in cui la diffidenza si modella come la paura di svelare contenuti interni o malgiudicabili, fino a temere di mettere in mostra una personalità globalmente mal giudicata. Non riescono in alcun modo a controllarle e sperimentano una enorme apprensione nell'affrontare le situazioni sociali temute, e non di rado fanno di tutto per evitarle. Globalmente è sempre presente la sensazione che gli altri li stiano giudicando e pertanto, tali soggetti, non di rado temono di essere reputati antipatici, di essere mal visti o odiati, e di fare brutta figura. A causa di questo tendono spesso ad isolarsi, giungono così ad adottare quella tattica di evitamento tipica di tutte le sindromi fobiche.
Cero del diletto denigratorio offerto ai più, porto l’esternazione di questo pensiero, invitando la collettiva utenza ad esprimersi, qualora voglia, a tal riguardo.