E' la paura di trovarsi in situazioni sociali o di essere osservati mentre si sta facendo qualcosa.
Chi ne soffre è preoccupato di rimanere o apparire imbarazzato, e soprattutto è timoroso che gli altri li giudichino ansiosi, deboli, "pazzi", o stupidi.
Il Timore della situazione è preceduto da una marcata ansia anticipatoria.
Può instaurarsi così un circolo vizioso.
Cosa causa questo disturbo?
Le recenti ricerche in merito sostengono che la fobia sociale viene appresa attraverso un percorso di trasferimento delle informazioni, attraverso il canale verbale e non verbale. Atteggiamenti ansiosi, giudicante e/o iperprotettivi tenuti dai genitori verrebbero così presentati ai fili come modello di relazione e segnale d'allarme relazionale. L'inibizione comportamentale poi è un elemento chiave.
Il paradigma cognitivista spiega ciò in termini di M.O.I. (modelli operativi interni). I soggetti avrebbero appreso uno schema interpretativo di sè e del mondo caratterizzato da una sopravvalutazione degli effetti del proprio comportamento, un ideale di sè inarrivabile, sensazione di essere osservati e di perdere il controllo.
La persona per protteggersi comincia, nell'approssimarsi alla situazione temuta, a tenere sott'occhio la propria ansia, cercando, per contro, di rilassarsi. Tale tipo di controllo, però, non fa altro che far mantenere l'attenzione sull'ansia, facendo di fatto aumentare alla persona, la sensazione di essere agitato ed il controllo continua anche quando il soggetto è nella situazione sociale.
I modelli teorici comportamentali invece hanno sempre posta l'accento sull'ipotesi del deficit primario(deriva da una carenza di abilità sociali legata alla mancanza di modelli sociali ) e quella della disinibizione (le abilità sociali sci sono, ma inibite sono inbite da alti livelli di ansia che si sono associati alle situazioni sociali ).
Io avanzo un ipotesi basata su una generalizzazione: quanti di noi hanno avvertito ansia nel mostrarsi in pubblico? Credo tutti almeno una volta. Ciò però ha diversi gradi. La differenza fra salute e malattia sta nel grado ma la sostanza è quella. A decidere di tale sostanza non c'è solo la famiglia ma sopratutto la società. Viviamo in un mondo dove l'immagine è tutto e dove non c'è posto per l'inesperienza o la debolezza. Io credo che, se per tali sentimenti ci fosse un posto, a prescindere dall'educazione ricevuta, il contatto con il gruppo non verrebbe vissuto come pericoloso. A questa ipotesi se ne lega una seconda: l'orientarsi della società in questo senso avviene per esorcizzare tale paura. Questa paura infatti è più forte perchè mancano certi valori, capaci di dare un senso all'insicurezza e valore alla persona.
Cosa ne pensate?
Avete mai accusato ansia in situazioni di gruppo?
Perchè?
come la superavate?
Per rispondere non occorre essere tecnici perchè prima di tutto si tratta di esperienze.
Chi ne soffre è preoccupato di rimanere o apparire imbarazzato, e soprattutto è timoroso che gli altri li giudichino ansiosi, deboli, "pazzi", o stupidi.
Il Timore della situazione è preceduto da una marcata ansia anticipatoria.
Può instaurarsi così un circolo vizioso.
Cosa causa questo disturbo?
Le recenti ricerche in merito sostengono che la fobia sociale viene appresa attraverso un percorso di trasferimento delle informazioni, attraverso il canale verbale e non verbale. Atteggiamenti ansiosi, giudicante e/o iperprotettivi tenuti dai genitori verrebbero così presentati ai fili come modello di relazione e segnale d'allarme relazionale. L'inibizione comportamentale poi è un elemento chiave.
Il paradigma cognitivista spiega ciò in termini di M.O.I. (modelli operativi interni). I soggetti avrebbero appreso uno schema interpretativo di sè e del mondo caratterizzato da una sopravvalutazione degli effetti del proprio comportamento, un ideale di sè inarrivabile, sensazione di essere osservati e di perdere il controllo.
La persona per protteggersi comincia, nell'approssimarsi alla situazione temuta, a tenere sott'occhio la propria ansia, cercando, per contro, di rilassarsi. Tale tipo di controllo, però, non fa altro che far mantenere l'attenzione sull'ansia, facendo di fatto aumentare alla persona, la sensazione di essere agitato ed il controllo continua anche quando il soggetto è nella situazione sociale.
I modelli teorici comportamentali invece hanno sempre posta l'accento sull'ipotesi del deficit primario(deriva da una carenza di abilità sociali legata alla mancanza di modelli sociali ) e quella della disinibizione (le abilità sociali sci sono, ma inibite sono inbite da alti livelli di ansia che si sono associati alle situazioni sociali ).
Io avanzo un ipotesi basata su una generalizzazione: quanti di noi hanno avvertito ansia nel mostrarsi in pubblico? Credo tutti almeno una volta. Ciò però ha diversi gradi. La differenza fra salute e malattia sta nel grado ma la sostanza è quella. A decidere di tale sostanza non c'è solo la famiglia ma sopratutto la società. Viviamo in un mondo dove l'immagine è tutto e dove non c'è posto per l'inesperienza o la debolezza. Io credo che, se per tali sentimenti ci fosse un posto, a prescindere dall'educazione ricevuta, il contatto con il gruppo non verrebbe vissuto come pericoloso. A questa ipotesi se ne lega una seconda: l'orientarsi della società in questo senso avviene per esorcizzare tale paura. Questa paura infatti è più forte perchè mancano certi valori, capaci di dare un senso all'insicurezza e valore alla persona.
Cosa ne pensate?
Avete mai accusato ansia in situazioni di gruppo?
Perchè?
come la superavate?
Per rispondere non occorre essere tecnici perchè prima di tutto si tratta di esperienze.