Forum di Libera Discussione. Il Luogo di Chi è in Viaggio e di Chi sta Cercando. Attualità, politica, filosofia, psicologia, sentimenti, cultura, cucina, bellezza, satira, svago, nuove amicizie e molto altro

Per scoprire le iniziative in corso nel forum scorri lo scroll


Babel's Land : International Forum in English language Fake Collettivo : nato da un audace esperimento di procreazione virtuale ad uso di tutti gli utenti Gruppo di Lettura - ideato e gestito da Miss. Stanislavskij La Selva Oscura : sezione riservata a chi ha smarrito la retta via virtuale Lo Specchio di Cristallo : una sezione protetta per parlare di te La Taverna dell'Eco: chat libera accessibile agli utenti della Valle

Non sei connesso Connettiti o registrati

 

Bagaglio di Parole

Condividi 

Vai alla pagina : Precedente  1, 2, 3 ... 9, 10, 11

Visualizza l'argomento precedente Visualizza l'argomento successivo Andare in basso  Messaggio [Pagina 11 di 11]

251
lisandro
lisandro
Viandante Storico
Viandante Storico
"Praticare l'ambivalenza, dato dallo sviluppo sensorio dovuto alla percezione. Ogni istante è custode di entrambi i due caratteri di bene e male. Inoltrarsi coscientemente in questa duplice percezione, costituisce la base per ramificazioni concettuali successive. Portando all'estremo questo effetto è praticabile una conoscenza superiore."

"Trasformare il processo vitale in processo animico, così anche le secrezioni fisiche vengono condotte ai fini di una conoscenza più profonda, per poi sviluppare i processi di conservazione e produzione."

"Con l'immedesimazione questi effetti si possono ottenere, come accade nell'assistere alla tragedia che suscita forti emozioni e nel provarli ci si sfoga e purifica, sino a poter giungere alla catarsi che è intesa come una fase curativa."

L'enigma dell'uomo - R. Steiner

252
Miss.Stanislavskij
Miss.Stanislavskij
Viandante Mitico
Viandante Mitico
La morte ando' a trovare il vecchio.

Ci andava quasi ogni giorno , ormai.

Sedeva insieme a lui sulla riva e lo guardava pescare.Quando il vecchio prendeva un pesce e lo rimetteva in acqua, la morte scuoteva la testa.

Il vecchio annusava l'odore delle alghe portate a riva dalle onde. Diceva ridendo : - Sono morte ma respirarle fa bene ai polmoni.

- Ridi pure vecchio - diceva la morte, e si riparava dal sole con un cappellaccio di paglia sfondata.

Il pescatore osservava i colori del mare pennellati dal vento, una striscia chiara di bonaccia e laggiù una striscia indaco di maestrale , e pensava alle isole che aveva visitato.

La morte pensava ai galeoni inabissati , agli scheletri che li abitavano, e ad antiche battaglie.

La lenza vibrava sottile, quasi invisibile, sospesa tra due mondi.

- Le onde sono tutte diverse- diceva il vecchio .- Se ascolti bene, quando si infrangono a riva, non sentirai mai lo stesso suono. Il mare e' un grande musicista. E anche i pesci sono uno diverso dall'altro. Ci sara' sempre un riflesso, un ricamo sulla pinna, la miniatura di una squama che non avevi mai visto prima.

-Anche i soldati sembrano tutti uguali- dise cupa la morte.

-Bisogna averne visti molti per capire la differenza.

Una nuvola copri' il sole, e il vecchio rabbrividi'.

-E' ora che tu venga con me vecchio- disse severa la morte.

-Hai tanti anni, ormai fai fatica a vedere la lenza, i pesci ti scappano. E quando li prendi, li lasci andare, perche' pensi che ti assomigliano. Perche' vuoi vivere ancora? Che speranza hai?

-Magari mi succedera' ancora qualcosa di bello. Mi passi un verme ?

La morte infilo' il verme sull'amo con maestria. Poi disse:

-Cosa vuoi che ti succeda ancora ? Passi i tuoi giorni tra malattia e insonnia, e non fai altro che ricordare. Vivi solo nel passato ormai.

-Forse hai ragione- disse il vecchio.

Il vento cambio' e le barche all'ormeggio cominciarono a girare , come in una danza.

Il vecchio catturo' un pesciolino d'argento col colletto nero e lo ributto' in acqua.

-Ti ho mai raccontato di quell'aragosta che scappo' dalla cesta, e cammino' fino al mare ? Correva come un gatto te lo giuro.

-Me lo hai raccontato almeno dieci volte. E io ti ho raccontato di quello che mi e' successo con Rasputin?

-Almeno dieci volte anche tu. E' tanto tempo che ci conosciamo, morte.

-Si , molto. Da quando mori' il tuo cane.

-No,- disse il vecchio- non fu allora. Fu tristissimo, avevo solo sette anni. Ma pensai che Billy non era morto, aveva semplicemente fatto un salto troppo lungo. Era un gran saltatore, aveva spiccato un balzo oltre il mondo. Per molto tempo ci giocai insieme, gli parlavo e lui mi seguiva.

Tu non c'eri ancora.

- Non ricordo- disse la morte.

-Ricordi benissimo- disse il vecchio.- Ti ho conosciuto l'anno dopo, quando ho visto sul letto mio fratello, pallido e con la fronte fasciata. Allora mi sei venuta vicino. E da allora, a

nessun pensiero sono stato fedele come al tuo.

- Grazie- disse la morte con un inchino.

-E anche tu mi sei fedele- disse il vecchio.- Vai in giro per il mondo, ma so che ti ricordi sempre di me.

Il mare ora era calmo e trasparente. La lenza era una freccia infissa nel mare, immobile e argentata. Il silenzio sembro' troppo anche alla morte.

-Tu pensi che io sia ingiusta, vecchio?

-Ingiusta, inutile, crudele.

-E perche' parli con me ?

-Cos'altro posso fare ?

-Forse potrei non essere ingiusta- disse la morte. -Ma se fossi giusta, allora anche la vita dovrebbe cambiare, non credi?

Pensare a me sarebbe diverso, niente potrebbe essere come prima. Niente di quello che c'e' rimarrebbe. E non sarebbe una morte anche questa ?

-Parli troppo ,morte , mi spaventi i pesci.

-Gia'. Sai, anche per loro la morte e' ingiusta.

-Si , lo so. E' un pensiero che qualche volta non mi fa dormire.

Il vecchio sembro' di colpo immensamente triste.

-Qual e' il momento più felice che ricordi ,vecchio?

- Oh , sono tanti- rispose il pescatore.

-Il primo che ti viene in mente.

-Tanti anni fa, in un giorno d'estate come questo, io e mio figlio andammo a pescare. Lui aveva otto anni. Camminando verso la spiaggia, incontrammo un campo di girasoli. Era sterminato, saliva su una collina come un'onda e poi la scavalcava e scendeva, tutto il mondo sembrava d'oro.

Entrammo nel campo. Nuotavamo in un campo frusciante, pieno d'odori e insetti. A ogni folata di vento, i fiori si muovevano tutti insieme, come fanno i banchi di pesci, nessuno dava l'ordine,

sapevano dove andare. Ogni girasole era diverso dall'altro.

Come le onde, e come i soldati. Io e mio figlio stavamo vicini.

Io proteggevo lui e lui proteggeva me. Salimmo fino in cima alla collina e vedemmo un oceano grande, assetato di sole.

Poi ritornammo indietro. Un amico ci aveva visto.

Percio' ho una foto di quel giorno. La guardo ogni volta

che sono triste.



da "la grammatica di Dio" S.Benni

253
Miss.Stanislavskij
Miss.Stanislavskij
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Il Grande Bastardo disse ai suoi discepoli Pantamelo e Algopedante: “È proprio dei giovani come voi essere affascinati da stregoni e sortilegi, e pensare che a essi sia riservato il privilegio di donare la fortuna e cambiare la vita.
Ma esistono altre persone che compiono miracoli e prodigi, nascoste negli angoli delle città e della storia.
Se vedi uno stregone con un copricapo di piume di ororoko che cammina sopra i tetti, fa volare le edicole e fa cadere polvere d’oro sui passanti, può darsi che la tua vita stia per cambiare, ma molto più probabilmente stai vedendo un video musicale.
Se vedi una persona che non si rassegna alle cerimonie dei tempi, che prezioso e invisibile aiuta gli altri anche se questo non verrà ricordato in pubbliche manifestazioni, che non percorre i campi di battaglia sul bianco cavallo dell’indignazione, ma con pietà e vergogna cammina tra i feriti, ecco uno stregone.
Quando non c’è più niente da imparare, vai via dalla scuola.
Quando non c’è più nulla da sentire, non ascoltare più.
Se ti dicono: è troppo facile starne fuori, vuol dire che loro ci sono dentro fino al collo.
Vai lontano, con un passo solo”.

Da "La compagnia dei Celestini" Stano Benni

254
Miss.Stanislavskij
Miss.Stanislavskij
Viandante Mitico
Viandante Mitico
Se è vero che l’affermazione della propria individualità è sempre stata una legittima aspirazione dell’uomo, è altrettanto vero che l’uomo ha cercato anche di coltivare una scienza che quell’aspirazione fosse in grado di soffocare in qualsiasi momento. E se un metodo sicuro per demolire la personalità di un individuo consiste nell’isolarlo completamente dagli altri, un sistema non meno efficace si rivela quello di costringerlo, insieme con i propri simili, in uno spazio insufficiente. Se nel primo caso il moto della follia appare centrifugo, poiché nell’assoluto isolamento la coscienza lievita e si espande nella vertigine dell’infinito, questa medesima coscienza tende, nell’angustia e nella promiscuità coatte, a smarrirsi, scivolando in una follia centripeta che non guarda più al futuro, ossia al panico di un’imminente disgregazione, ma si ripiega su se stessa, verso un passato preumano che la schiaccia con l’inverosimile somma di morti e sofferenze già avvenute. La personalità regredisce, allora, e si fonde in un ‘anima comune, istintiva, nella quale esiste solo l’impulso a ritirasi da un dolore onnipresente. Se mai un moto di reazione diverso da questo avesse potuto ancora smuovere la totale ebetudine in cui eravamo precipitati, esso sarebbe stato forse suscitato, per assurdo, dal grottesco della stessa condizione umana: una risata – così l’immaginavo –una risata che ci avrebbe da un momento all’altro contagiati tutti , trascinandoci in un clamore terribile, tale da scuotere l’universo intero più delle urla e dei pianti.

Ma con il tempo anche questa forza motrice che conoscevamo sotto il nome di dolore si ridusse: solo diventando insensibili, infatti , potevamo ancora sperare di mantenerci in vita; così, ad n certo punto, il dolore smise di crescere come l’acqua di un invaso che abbia raggiunto l’apertura di sfogo e il cui livello, benché alla fonte stessa continui a sgorgare con veemenza, rimanga comunque identico. Anche i sentimenti di cui un tempo andavamo fieri si erano ridotti a ben poca cosa. Ciò che a volte mi stupiva era che l’odio stesso di fosse esaurito, e che al suo posto prendesse lentamente forma una sorta di assurda gratitudine per quell’ombra di considerazione che la tua persona riusciva ancora a suscitare in loro, e che in premio ti dava lo scampato pericolo giornaliero, e quel sozzo giaciglio sul quale crollavi tutte le sere, e la broda che ti ammannivano per calmare una fame implacabile, una fame che dopo settimane di tormento viscerale trascendeva un senso di lacerante solitudine metafisica, come se ogni dio ti avesse beffato, ripudiandoti per sempre senza remissione. In questo stato di vuoto, di abbandono, di palese tradimento, ecco che i nostri stessi aguzzini assurgevano ad un ostato di deità vacante, poiché avevano su di te un potere di vita e di morte, che non trascuravano mai di esercitare, se intimavano a uno di impiccarsi, questi eseguiva l’ordine con la vuota sollecitudine di un automa. E un giochetto molto in voga, quando erano in vena di scherzare, consisteva nello strappare di testa il berretto a un prigioniero, per scagliarlo verso il reticolato, oltre l’invalicabile tracciato di demarcazione, superato il quale le sentinelle avevano l’ordine di aprire il fuoco, eppure , all’invito di andare a raccoglierlo, il prigioniero non esitava ad oltrepassare quella linea affrontando consapevolmente, nella sua assoluta obbedienza, la morte stessa, non c’era da stupirsi, dunque, se con il tempo ti sentivi crescere dentro una sorta di ammirazione per come svolgevano il proprio lavoro fino al punto che cominciavi a preoccuparti di non essergli troppo di peso, fino a sentir nascere in te una cattiva coscienza nei loro confronti.

Da " La variante di Lüneburg" Maurensig Paolo

255
silena
silena
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE'

La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.

Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l'alligatore, la trichina e il tafano
Vivono come vivono e ne sono contenti.

Il cuore dell'orca pesa cento chili
ma sotto un altro aspetto è leggero.

Non c'è nulla di più animale
della coscienza pulita
sul terzo pianeta del Sole.

Wislawa Szymborska

256
Constantin
avatar
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
RIFLESSIONI SULLA SCHIAVITU' DELL'UOMO

“I bambini si portano dentro una magia naturale, che a poco a poco, crescendo, sono costretti a distruggere ed allora cominciano a pregare: la santissima Trinità, i santi, la Madonna, una grande Madonna azzurra con gli ori e gli incensi. Dobbiamo imparare a respirare e riscoprire gli alberi, le pietre, gli animali e tutta la macchina della Terra: hanno un respiro interno, come noi. Hanno ossa, vene, carne, come noi.”
Giordano Bruno -


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Esseri Oscuri posti sullo sfondo del Campo Energetico Umano.

«Perché desideriamo che qualcuno ci guidi quando possiamo fare da soli?»

«Gli sciamani dell’antico Messico scoprirono che abbiamo un compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che emerge dalle profondità del cosmo e assume il dominio della nostra vita.»

-Carlos Castaneda -

257
silena
silena
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Trieste

Dalla raccolta “Trieste e una donna” (1910-12)

"Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.


Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

Umberto Saba

258
Constantin
avatar
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
L'UOMO FOLLE
di FRIEDRICH NIETZCHE


L’uomo folle.
Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio?” gridò “ve lo voglio dire! L’abbiamo ucciso – voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per cancellare l’intero orizzonte? Che mai facemmo per sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giuochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”.
A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto” proseguì “non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancor sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni – eppure son loro che l’hanno compiuta!”– .
Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”

259
Contenuto sponsorizzato

Visualizza l'argomento precedente Visualizza l'argomento successivo Torna in alto  Messaggio [Pagina 11 di 11]

Vai alla pagina : Precedente  1, 2, 3 ... 9, 10, 11

Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.