La morte ando' a trovare il vecchio.
Ci andava quasi ogni giorno , ormai.
Sedeva insieme a lui sulla riva e lo guardava pescare.Quando il vecchio prendeva un pesce e lo rimetteva in acqua, la morte scuoteva la testa.
Il vecchio annusava l'odore delle alghe portate a riva dalle onde. Diceva ridendo : - Sono morte ma respirarle fa bene ai polmoni.
- Ridi pure vecchio - diceva la morte, e si riparava dal sole con un cappellaccio di paglia sfondata.
Il pescatore osservava i colori del mare pennellati dal vento, una striscia chiara di bonaccia e laggiù una striscia indaco di maestrale , e pensava alle isole che aveva visitato.
La morte pensava ai galeoni inabissati , agli scheletri che li abitavano, e ad antiche battaglie.
La lenza vibrava sottile, quasi invisibile, sospesa tra due mondi.
- Le onde sono tutte diverse- diceva il vecchio .- Se ascolti bene, quando si infrangono a riva, non sentirai mai lo stesso suono. Il mare e' un grande musicista. E anche i pesci sono uno diverso dall'altro. Ci sara' sempre un riflesso, un ricamo sulla pinna, la miniatura di una squama che non avevi mai visto prima.
-Anche i soldati sembrano tutti uguali- dise cupa la morte.
-Bisogna averne visti molti per capire la differenza.
Una nuvola copri' il sole, e il vecchio rabbrividi'.
-E' ora che tu venga con me vecchio- disse severa la morte.
-Hai tanti anni, ormai fai fatica a vedere la lenza, i pesci ti scappano. E quando li prendi, li lasci andare, perche' pensi che ti assomigliano. Perche' vuoi vivere ancora? Che speranza hai?
-Magari mi succedera' ancora qualcosa di bello. Mi passi un verme ?
La morte infilo' il verme sull'amo con maestria. Poi disse:
-Cosa vuoi che ti succeda ancora ? Passi i tuoi giorni tra malattia e insonnia, e non fai altro che ricordare. Vivi solo nel passato ormai.
-Forse hai ragione- disse il vecchio.
Il vento cambio' e le barche all'ormeggio cominciarono a girare , come in una danza.
Il vecchio catturo' un pesciolino d'argento col colletto nero e lo ributto' in acqua.
-Ti ho mai raccontato di quell'aragosta che scappo' dalla cesta, e cammino' fino al mare ? Correva come un gatto te lo giuro.
-Me lo hai raccontato almeno dieci volte. E io ti ho raccontato di quello che mi e' successo con Rasputin?
-Almeno dieci volte anche tu. E' tanto tempo che ci conosciamo, morte.
-Si , molto. Da quando mori' il tuo cane.
-No,- disse il vecchio- non fu allora. Fu tristissimo, avevo solo sette anni. Ma pensai che Billy non era morto, aveva semplicemente fatto un salto troppo lungo. Era un gran saltatore, aveva spiccato un balzo oltre il mondo. Per molto tempo ci giocai insieme, gli parlavo e lui mi seguiva.
Tu non c'eri ancora.
- Non ricordo- disse la morte.
-Ricordi benissimo- disse il vecchio.- Ti ho conosciuto l'anno dopo, quando ho visto sul letto mio fratello, pallido e con la fronte fasciata. Allora mi sei venuta vicino. E da allora, a
nessun pensiero sono stato fedele come al tuo.
- Grazie- disse la morte con un inchino.
-E anche tu mi sei fedele- disse il vecchio.- Vai in giro per il mondo, ma so che ti ricordi sempre di me.
Il mare ora era calmo e trasparente. La lenza era una freccia infissa nel mare, immobile e argentata. Il silenzio sembro' troppo anche alla morte.
-Tu pensi che io sia ingiusta, vecchio?
-Ingiusta, inutile, crudele.
-E perche' parli con me ?
-Cos'altro posso fare ?
-Forse potrei non essere ingiusta- disse la morte. -Ma se fossi giusta, allora anche la vita dovrebbe cambiare, non credi?
Pensare a me sarebbe diverso, niente potrebbe essere come prima. Niente di quello che c'e' rimarrebbe. E non sarebbe una morte anche questa ?
-Parli troppo ,morte , mi spaventi i pesci.
-Gia'. Sai, anche per loro la morte e' ingiusta.
-Si , lo so. E' un pensiero che qualche volta non mi fa dormire.
Il vecchio sembro' di colpo immensamente triste.
-Qual e' il momento più felice che ricordi ,vecchio?
- Oh , sono tanti- rispose il pescatore.
-Il primo che ti viene in mente.
-Tanti anni fa, in un giorno d'estate come questo, io e mio figlio andammo a pescare. Lui aveva otto anni. Camminando verso la spiaggia, incontrammo un campo di girasoli. Era sterminato, saliva su una collina come un'onda e poi la scavalcava e scendeva, tutto il mondo sembrava d'oro.
Entrammo nel campo. Nuotavamo in un campo frusciante, pieno d'odori e insetti. A ogni folata di vento, i fiori si muovevano tutti insieme, come fanno i banchi di pesci, nessuno dava l'ordine,
sapevano dove andare. Ogni girasole era diverso dall'altro.
Come le onde, e come i soldati. Io e mio figlio stavamo vicini.
Io proteggevo lui e lui proteggeva me. Salimmo fino in cima alla collina e vedemmo un oceano grande, assetato di sole.
Poi ritornammo indietro. Un amico ci aveva visto.
Percio' ho una foto di quel giorno. La guardo ogni volta
che sono triste.
da "la grammatica di Dio" S.Benni