La “cana”
La mia “cana” sta male.
No. Non sta morendo. Non ancora… è solo vecchia. Più vecchia di quanto è pensabile sia una cagna della sua razza. E sente gli acciacchi della sua vecchiezza. Normale…
ma lei, è la mia cana… la “mia” cana…
La saluto. “Ciao, Vé” (il suo nome, per intero, è Vega, ma è troppo lungo, e da molto tempo, lei ed io, abbiamo deciso di accorciarlo così, perch’io non sprechi inutilmente fiato).
Mi guarda, come al solito, con quel suo sguardo dolcissimo, impregnato di saggezza, di pazienza, di comprensione per me… chissà? … fors’anche di affetto; un affetto canino, diverso dal nostro.
La saluto sempre così, ogni sera, quando chiudo il portoncino e lei rimane in giardino e alla cuccia (non so se ci vada per comodo suo o solo per farmi piacere), mentre io mi barrico dentro, mi infosso nel mio inutile guscio di pietra e d’acciaio, tremebondo di mille insidie soltanto sognate.
Ogni sera così da oltre dieci anni (per lei da una vita).
E lei sempre risponde col suo sguardo sognante ed un breve uggiolio.
Lei ed io, abbiamo deciso che quello è il suo “buonanotte!” per me.
Stasera, il suo uggiolio, aveva un tono diverso.
Ed anche il suo sguardo, mi pareva diverso.
Può darsi, ho pensato, che stasera io sono più sbronzo di sempre? E vedo di nuvole e nebbie che in realtà non ci sono? o forse sono solo più stanco?… o che cosa?… di cosa, mi vuole parlare stasera, la cana?… Sono sveglio di nuovo, ed attento: il sonno è passato, e la nebbia scomparsa.
La cana mi ha detto: che cosa?… non credo di avere capito.
La guardo. Mi guarda.
Ma io non capisco. Lei aspetta paziente: rifletto.
“Cana, mia piccola amica che ora sei vecchia,
“che cosa ti ho dato e in che cosa ho mancato
“in tant’anni di tua compagnia,
“in tutto ‘sto tempo che ti ho avuta vicina,
“che mi hai amato,
“compreso,
“perdonato e capito,
“mentr’io non sapevo e capivo quasi nulla di te?
Mi viene di chiedere scusa:
alla cana, sì, alla cana… perché?… mi sembra
di non averla amata abbastanza. O almeno
non tanto… quanto lei ha amato me.
E poi mi difendo: “Ma guarda:
“che il mondo va avanti così.
“Perfino il mio Dio, il Pastore di tutte le genti,
“non è stato più dolce con me.
“Non mi ha destinato le cose
“che di più ho cercato;
“le gioie più belle e i piaceri
“più intensi, li ha dati a quegli altri:
“a quelli diversi da me. Ai nemici!
Mi guarda, la cana, e sorride.
(si, sorride,… perché?…).
Mi guarda e sorride,… ancora
non ho afferrato granché.
Mi spinge più oltre: “rifletti!”
ripete il suo sguardo:
“affonda nell’animo la mente
“e più dentro nel cuore ricerca
“le emozioni che muovono il mondo!
“cerca il vero, l’essenza, la linfa
“che rende giustizia alla vita!…”
Un poco ci penso.
Un poco capisco.
Forse.
La cana, può darsi, ha voluto pagare
tutt’assieme,
le scodelle di zuppa che ha avuto…
ma non credo.
Non lo so, ma m’è parso solo
che lei dicesse “Grazie”.
“perché mi hai permesso d’amarti”.
Lucio Musto 14 giu. 02 parole 526
La mia “cana” sta male.
No. Non sta morendo. Non ancora… è solo vecchia. Più vecchia di quanto è pensabile sia una cagna della sua razza. E sente gli acciacchi della sua vecchiezza. Normale…
ma lei, è la mia cana… la “mia” cana…
La saluto. “Ciao, Vé” (il suo nome, per intero, è Vega, ma è troppo lungo, e da molto tempo, lei ed io, abbiamo deciso di accorciarlo così, perch’io non sprechi inutilmente fiato).
Mi guarda, come al solito, con quel suo sguardo dolcissimo, impregnato di saggezza, di pazienza, di comprensione per me… chissà? … fors’anche di affetto; un affetto canino, diverso dal nostro.
La saluto sempre così, ogni sera, quando chiudo il portoncino e lei rimane in giardino e alla cuccia (non so se ci vada per comodo suo o solo per farmi piacere), mentre io mi barrico dentro, mi infosso nel mio inutile guscio di pietra e d’acciaio, tremebondo di mille insidie soltanto sognate.
Ogni sera così da oltre dieci anni (per lei da una vita).
E lei sempre risponde col suo sguardo sognante ed un breve uggiolio.
Lei ed io, abbiamo deciso che quello è il suo “buonanotte!” per me.
Stasera, il suo uggiolio, aveva un tono diverso.
Ed anche il suo sguardo, mi pareva diverso.
Può darsi, ho pensato, che stasera io sono più sbronzo di sempre? E vedo di nuvole e nebbie che in realtà non ci sono? o forse sono solo più stanco?… o che cosa?… di cosa, mi vuole parlare stasera, la cana?… Sono sveglio di nuovo, ed attento: il sonno è passato, e la nebbia scomparsa.
La cana mi ha detto: che cosa?… non credo di avere capito.
La guardo. Mi guarda.
Ma io non capisco. Lei aspetta paziente: rifletto.
“Cana, mia piccola amica che ora sei vecchia,
“che cosa ti ho dato e in che cosa ho mancato
“in tant’anni di tua compagnia,
“in tutto ‘sto tempo che ti ho avuta vicina,
“che mi hai amato,
“compreso,
“perdonato e capito,
“mentr’io non sapevo e capivo quasi nulla di te?
Mi viene di chiedere scusa:
alla cana, sì, alla cana… perché?… mi sembra
di non averla amata abbastanza. O almeno
non tanto… quanto lei ha amato me.
E poi mi difendo: “Ma guarda:
“che il mondo va avanti così.
“Perfino il mio Dio, il Pastore di tutte le genti,
“non è stato più dolce con me.
“Non mi ha destinato le cose
“che di più ho cercato;
“le gioie più belle e i piaceri
“più intensi, li ha dati a quegli altri:
“a quelli diversi da me. Ai nemici!
Mi guarda, la cana, e sorride.
(si, sorride,… perché?…).
Mi guarda e sorride,… ancora
non ho afferrato granché.
Mi spinge più oltre: “rifletti!”
ripete il suo sguardo:
“affonda nell’animo la mente
“e più dentro nel cuore ricerca
“le emozioni che muovono il mondo!
“cerca il vero, l’essenza, la linfa
“che rende giustizia alla vita!…”
Un poco ci penso.
Un poco capisco.
Forse.
La cana, può darsi, ha voluto pagare
tutt’assieme,
le scodelle di zuppa che ha avuto…
ma non credo.
Non lo so, ma m’è parso solo
che lei dicesse “Grazie”.
“perché mi hai permesso d’amarti”.
Lucio Musto 14 giu. 02 parole 526