Il convento visto da fuori era molto grande ed era adiacente ad una bellissima chiesa dove ci recavamo sempre a messa, prima di effettuare la visita. Ricordo che dentro la chiesa, era possibile per le suore, partecipare alla messa, attraverso delle finestre con delle grate, poste a mezz'altezza, tra il pavimento e i lucernari della chiesa.
Mentre assistevamo alla messa, alzando gli occhi, era possibile notare delle figure scure, quasi fossero delle ombre, che pregavano e recitavano i versi evangelici insieme agli altri fedeli. Si veniva a creare quindi un'atmosfera surreale, con luci, ombre ed echi, di voci, di bisbigli, che ti circondavano da ogni parte, creando un vero e proprio odierno effetto surround.
Terminata la messa, ci si spostava presso la sala del convento adibita per visite. La ricordo ancora bene, era un grande salone, con pareti ed il tetto tutto dipinto di bianco. Alle pareti vi erano diversi quadri che rappresentavano immagini religiose. Non era molto arredata. Giusto degli appendiabiti all'ingresso, alcune panche e delle sedie appoggiate ad una parete, mentre, sul lato opposto, vi erano tante finestrelle contraddistinte da grate molto spesse, come quelle viste in chiesa, dipinte di nero che contrastava tutto quel colore bianco predominante.
Ci si accomodava in una di queste "postazioni" e, da dietro la grata, una suora ci chiedeva il nome della consorella oggetto della visita, in modo da mandarla a chiamare. Quando la mia prozia arrivava, mia madre, mia nonna e soprattutto, mio nonno, suo fratello minore, scoppiavano in lacrime. All'epoca non ero in grado di capire se fossero lacrime di gioia o di disperazione. So solo che i volti cambiavano aspetto, le lacrime scorrevano e gli occhi di tutti diventavano lucidi.
Naturalmente non era possibile abbracciarsi, ma stringere solo tre dita che appena potevano farsi strada, attraverso quelle spesse grate che ci separavano da lei. Solo tre dita. Ogni volta che sono andato a trovarla, ho potuto "abbracciare" questa anziana prozia, attraverso il contatto di tre dita... e basta! Vederci per lei, ogni volta era una grande gioia. Io la guardavo molto curioso, perchè pur avendo ascoltato bene mia madre, quando mi spiegava che la sua era una scelta di vita, vederla attraverso le sbarre, mi lasciava sgomento. Com'era possibile tutto ciò? Quale logica seguiva questa forma di sacrificio?
Ogni volta che andavamo a trovarla, mia madre e la mia prozia, commentando quanto fossi cresciuto rispetto all'ultima visita, ricordavano un episodio di diversi anni prima, quando, non avendo neppure un mese di vita, mia madre mi appoggiò su un portapacchi girevole, che veniva usato per donare pacchi contenenti viveri, indumenti e generi di prima necessità, alle "recluse", così da permettere alla zia di potermi abbracciare e stringere per qualche attimo.
Guardavo quel portapacchi impressionato. Dovevo essere proprio piccolo per poterci passare attraverso. A mala pena poteva contenere un pacco lungo 60/70 cm e largo non più di 30/35. Ogni volta, la mia prozia non poteva non raccontare con quanta paura mi stringeva e mi teveva in braccio, avendo timore che la madre superiora potesse scoprirla da un momento all'altro.
Del resto, anche se di pochi giorni, ero pur sempre un esemplare "MASCHIO" che varcava una soglia proibita e inaccessibile a chiunque. Di mia sorella invece non ebbe così paura, potè tenerla in braccio per tutta la durata della visita, piuttosto che per pochi minuti come era capitato con me! Ma del resto era una "FEMMINA", come loro, e non era certo la stessa cosa!!!
Sembra assurdo, anzi lo era! Ma in quel contesto, probabilmente, il tutto rientrava nella normalità delle cose, persino temere di stringere un neonato... maschio!
Gli anni passavano e almeno una volta l'anno, andavamo a trovarla. Sempre più anziana, con spessi occhiali da vista, poichè il ricamo quotidiano assorbiva sempre di più la sua debole vista. Poi, un giorno, la vedemmo arrivare aiutandosi con un bastone, poichè a furia di stare in ginocchio a pregare, anche le gambe cominciarono a tradirla. Ma pregava sempre per noi e per gli altri tre fratelli, oltre che i nipoti e parenti tutti, nessuno escluso, anche quelli lontani, di cui domandava sempre. Aveva una memoria eccezionale. Ricordava tutto!
L'ultima volta che la vidi, prima che morisse, nell'Aprile del 1991, ci permisero di varcare quella stanza con le grate alle finestre. Non era più in grado di scendere dai piani alti, dato che viveva oramai seduta in una sedia a rotelle e naturalmente, non poteva avere libero accesso a tutte le stanze di quell'antico convento. Ci fecero salire e accomodare in un'altra stanza adibita per le visite dove lei ci stava aspettando. Fu così che per la seconda volta mi abbracciò. Ricordo mi strinse forte, gli occhi le lacrimavano e con il suo abbraccio, che ancora oggi sento molto stretto, mi trasmise tutto l'amore che per anni mi aveva trasmesso attraverso solamente la stretta di quelle "tre" dita, che impunemente si facevano largo attraverso le sbarre, come fosse stata una galeotta.
Ma in verità non fu la seconda volta che mi abbracciò, come si premurò subito a precisare, quando glielo feci notare, ma la terza! Avevo dimenticato di quando morì la mia bisnonna, nel 1976 (avevo otto anni) e in quell'infelice occasione, le diedero "il permesso" di poter essere presente al funerale, anche perchè era l'unica figlia femmina della famiglia. La sua memoria non perdeva colpi! Io infatti, non me lo ricordavo più.
Prima di congedarsi ci disse che era molto "felice" di essere in quelle precarie condizioni, cosicchè aveva avuto ancora una volta il "privilegio" di poterci riabbracciare. Con mio nonno, suo fratello, quell'abbraccio mancava dal 1925, quando lui da ragazzino la vide partire per non tornare più a casa e, più recentemente, dal quel triste evento in cui era morta la loro madre. Pensa un pò!
In tutti quegli di anni vita passata da reclusa, la mia prozia uscì solo due volte dal convento. A parte per il funerale della madre, appunto, la seconda volta capitò a metà degli anni 80 (adesso non ricordo bene esattamente quando) per potersi recare a Roma per un'operazione delicata alle ginocchia.
Le altre consorelle la chiamavano "la viaggiatrice", perchè lei, almeno un paio di volte, aveva avuto "l'opportunità" di uscire dal convento. Ancora adesso risiede lì, dentro il convento, in un angolo adibito a cimitero. Sono sicuro che da lassù, prega ancora per noi.
Ultima modifica di Bumble-bee il Lun 25 Lug 2011 - 22:55 - modificato 1 volta.