Internet Pittografico
Mi ci faceva pensare ieri sera Alberto Angela, parlando dell’evoluzione della scrittura. Graffiti, caratteri cuneiformi, geroglifici, simboli vocali, fonici, introduzione delle vocali e quindi alfabeto.
Una evoluzione chiara, lineare, conseguenziale.
Poi ha parlato della scrittura orientale, cinese e giapponese tradizionali; ed ha sottolineato il fatto che quel modo di esprimersi è “sostanzialmente” diverso dal nostro perché interessa la metà destra dell’encefalo umano (fantasia, arte, sintesi ecc…), mentre il nostro impegna soprattutto la metà sinistra del cervello (logica, raziocinio, analisi…).
Per me è stata una rivelazione, quella trasmissione alla Tivvù, perché ero convinto che i pittogrammi orientali fossero gli strascichi di un medioevo culturale, affascinante finché si vuole, ma sempre retrogrado medioevo, ed in cuor mio ho sempre auspicato che le nuove generazioni di quei popoli lontani imparassero infine a scrivere in modo decente e comprensibile, facile e logico.
Il Nostro buon Commentatore ci ha fatto poi soffermare sul valore estetico della scrittura orientale, e su questo ho concordato pienamente con lui: più che scritti sono pitture, e da sempre vorrei un kakemono appeso nel mio ufficio. Come elemento decorativo, non come indecifrabile saggio aforisma da meditare sorbendo il thè nel tokonoma.
Poi ha precisato che per imparare a scrivere in quelle lingue occorre mandare a mente almeno cinque o seimila simboli… “di tutti puntini e lineette!!!…”
«Ma sii serio!… ». Nell’intimo del mio pensiero l’ho mandato a quel paese: «Ti pare possibile che dei bambini del ventunesimo secolo siano disponibili ad attendere di aver imparato cinquemila sgorbi prima di poter comunicare?… Questi qui, i nostri ragazzi, vogliono già eliminare la “Q” e l’ “H” e la “N” dalle nostre solo ventisei lettere!…». Altro che un disegnino per ogni parola!!
Io continuavo a pensare, ed il buon Alberto a parlare. Ed ad un certo punto dice: «Naturalmente, seppure rigorosamente parlando solo in linea teorica ed imperfettamente, il modo orientale di scrivere usando la pittografia, supera le differenze di linguaggio: in Cina per esempio esistono più di trecento lingue diverse, ma tutti possono più o meno leggere gli stessi libri… »
«E ti pare niente!!!»
«E ti pare poco!!!»
Quest’ultima affermazione mi ha fatto riflettere sul serio. Naturalmente, come sanno tutti, uno dei problemi più grossi della nostra società occidentale è quello della comunicazione, ed in particolare quello della differenza di lingue. “Quattro gatti” di europei e siamo divisi in cinquanta lingue, ma in tante, tante di più se consideriamo, come dovremmo, i dialetti, ché un siciliano non comunica con un torinese ed un altoatesino con l’emiliano a l’abruzzese col ligure e così via… e se volessimo parlarci, dovremmo imparare altro che cinquemila, o diecimila sgorbietti!…
Dirò che per un attimo mi son sentito avvilito… ma solo per un attimo!…
Poi, illuminato, sono stato preso dalla gioia!
Penso che la Natura benigna e provvida da Sé sola medica e guarisce i propri mali e pareggia le imperfezioni dei suoi diletti figli: gli umani!!!
Ed infatti, quando siamo arrivati al bailamme totale delle lingue, quando a causa della facilità di spostamenti e comunicazioni dobbiamo necessariamente imporci una lingua unica ed artefatta per comprenderci, quando ci rassegniamo a sottostare alla protervia anglosassone che perso l’Impero si ripropone con la schiavitù del suo brutto linguaggio imposto come universale dallo strapotere venale, Madre Natura ripropone in una rivoluzione incruenta e pacioccona la grazia di una nuova, antichissima modalità d’espressione. La pittografia, appunto.
Silenziosamente la nuova scrittura si impadronisce di tutti noi, e nessuno scolaro si lamenta di doverla apprendere. Le abbreviazioni dei messaggini SMS, i simboli “smiley”, stilizzazioni di espressioni facciali ottenute coi simboli delle tastiere, sono l’equivalente dei pittogrammi orientali ottenuti con tratti di pennello. Unici per tutti, comprensibili a tutti. Ma anche tanti altri simboletti e disegnini, dai segnali stradali portuali, doganali, ferroviari… alle indicazioni merceologiche di spedizione tipo “fragile” rappresentata da un bicchiere o “teme l’umidità” con l’ombrello aperto sono pittogrammi. Ed è scrittura vera, infatti un tempo erano proprio parole o frasi.
Ma più di tutti si avvantaggia del nuovo-antico modo di scrivere il PC. Le “icone”, nate negli anni ottanta come abbellimento e personalizzazione di alcuni programmi, sono via via diventate indispensabili strumenti di lavoro, di comunicazione, di linguaggio. Più o meno uniformate nello stile si sono moltiplicate a dismisura ed hanno tutte e sempre un solo obiettivo: essere immediatamente interpretabili da chiunque. Io credo che Internet non avrebbe la diffusione che ha se non ci fossero le icone. Ormai un utente appena appena disinvolto, riesce a lavorare su programmi scritti in posti lontani, con istruzioni in lingue del tutto ignorate, solo interpretando le icone e qualche parola inglese che, spesso perduto gran parte del significato originale, è diventata icona anch’essa, interprete di un’azione, di un fenomeno, di un oggetto.
Cinquemila pittogrammi per scrivere in cinese?… forse un bambino italiano di dieci anni ne ha già memorizzato il doppio!
Lucio Musto 19 settembre 2002
SAGGIO
Mi ci faceva pensare ieri sera Alberto Angela, parlando dell’evoluzione della scrittura. Graffiti, caratteri cuneiformi, geroglifici, simboli vocali, fonici, introduzione delle vocali e quindi alfabeto.
Una evoluzione chiara, lineare, conseguenziale.
Poi ha parlato della scrittura orientale, cinese e giapponese tradizionali; ed ha sottolineato il fatto che quel modo di esprimersi è “sostanzialmente” diverso dal nostro perché interessa la metà destra dell’encefalo umano (fantasia, arte, sintesi ecc…), mentre il nostro impegna soprattutto la metà sinistra del cervello (logica, raziocinio, analisi…).
Per me è stata una rivelazione, quella trasmissione alla Tivvù, perché ero convinto che i pittogrammi orientali fossero gli strascichi di un medioevo culturale, affascinante finché si vuole, ma sempre retrogrado medioevo, ed in cuor mio ho sempre auspicato che le nuove generazioni di quei popoli lontani imparassero infine a scrivere in modo decente e comprensibile, facile e logico.
Il Nostro buon Commentatore ci ha fatto poi soffermare sul valore estetico della scrittura orientale, e su questo ho concordato pienamente con lui: più che scritti sono pitture, e da sempre vorrei un kakemono appeso nel mio ufficio. Come elemento decorativo, non come indecifrabile saggio aforisma da meditare sorbendo il thè nel tokonoma.
Poi ha precisato che per imparare a scrivere in quelle lingue occorre mandare a mente almeno cinque o seimila simboli… “di tutti puntini e lineette!!!…”
«Ma sii serio!… ». Nell’intimo del mio pensiero l’ho mandato a quel paese: «Ti pare possibile che dei bambini del ventunesimo secolo siano disponibili ad attendere di aver imparato cinquemila sgorbi prima di poter comunicare?… Questi qui, i nostri ragazzi, vogliono già eliminare la “Q” e l’ “H” e la “N” dalle nostre solo ventisei lettere!…». Altro che un disegnino per ogni parola!!
Io continuavo a pensare, ed il buon Alberto a parlare. Ed ad un certo punto dice: «Naturalmente, seppure rigorosamente parlando solo in linea teorica ed imperfettamente, il modo orientale di scrivere usando la pittografia, supera le differenze di linguaggio: in Cina per esempio esistono più di trecento lingue diverse, ma tutti possono più o meno leggere gli stessi libri… »
«E ti pare niente!!!»
«E ti pare poco!!!»
Quest’ultima affermazione mi ha fatto riflettere sul serio. Naturalmente, come sanno tutti, uno dei problemi più grossi della nostra società occidentale è quello della comunicazione, ed in particolare quello della differenza di lingue. “Quattro gatti” di europei e siamo divisi in cinquanta lingue, ma in tante, tante di più se consideriamo, come dovremmo, i dialetti, ché un siciliano non comunica con un torinese ed un altoatesino con l’emiliano a l’abruzzese col ligure e così via… e se volessimo parlarci, dovremmo imparare altro che cinquemila, o diecimila sgorbietti!…
Dirò che per un attimo mi son sentito avvilito… ma solo per un attimo!…
Poi, illuminato, sono stato preso dalla gioia!
Penso che la Natura benigna e provvida da Sé sola medica e guarisce i propri mali e pareggia le imperfezioni dei suoi diletti figli: gli umani!!!
Ed infatti, quando siamo arrivati al bailamme totale delle lingue, quando a causa della facilità di spostamenti e comunicazioni dobbiamo necessariamente imporci una lingua unica ed artefatta per comprenderci, quando ci rassegniamo a sottostare alla protervia anglosassone che perso l’Impero si ripropone con la schiavitù del suo brutto linguaggio imposto come universale dallo strapotere venale, Madre Natura ripropone in una rivoluzione incruenta e pacioccona la grazia di una nuova, antichissima modalità d’espressione. La pittografia, appunto.
Silenziosamente la nuova scrittura si impadronisce di tutti noi, e nessuno scolaro si lamenta di doverla apprendere. Le abbreviazioni dei messaggini SMS, i simboli “smiley”, stilizzazioni di espressioni facciali ottenute coi simboli delle tastiere, sono l’equivalente dei pittogrammi orientali ottenuti con tratti di pennello. Unici per tutti, comprensibili a tutti. Ma anche tanti altri simboletti e disegnini, dai segnali stradali portuali, doganali, ferroviari… alle indicazioni merceologiche di spedizione tipo “fragile” rappresentata da un bicchiere o “teme l’umidità” con l’ombrello aperto sono pittogrammi. Ed è scrittura vera, infatti un tempo erano proprio parole o frasi.
Ma più di tutti si avvantaggia del nuovo-antico modo di scrivere il PC. Le “icone”, nate negli anni ottanta come abbellimento e personalizzazione di alcuni programmi, sono via via diventate indispensabili strumenti di lavoro, di comunicazione, di linguaggio. Più o meno uniformate nello stile si sono moltiplicate a dismisura ed hanno tutte e sempre un solo obiettivo: essere immediatamente interpretabili da chiunque. Io credo che Internet non avrebbe la diffusione che ha se non ci fossero le icone. Ormai un utente appena appena disinvolto, riesce a lavorare su programmi scritti in posti lontani, con istruzioni in lingue del tutto ignorate, solo interpretando le icone e qualche parola inglese che, spesso perduto gran parte del significato originale, è diventata icona anch’essa, interprete di un’azione, di un fenomeno, di un oggetto.
Cinquemila pittogrammi per scrivere in cinese?… forse un bambino italiano di dieci anni ne ha già memorizzato il doppio!
Lucio Musto 19 settembre 2002