Vorrei che in questo thread scrivessimo tutti i ricordi di quando eravamo bambini: le favole, i nonni, le illusioni, le fantasie, le idee, le paure, insomma tutto quello che ricordiamo ...
Inizio io dicendo che io e la mia famiglia vivevamo insieme ai nonni materni, nella stessa casa ma su due piani diversi. Ero solita andare dai nonni ogni pomeriggio e con i loro racconti, con i loro modi di fare, con le loro credenze si apriva un mondo fatato per me, fatto di mille piccole cose, di profumi, di pensieri.
La nonna preparava a casa il pane e doveva bastare per circa una settimana. Conoscevo a memoria qual'era il giorno che si preparava il pane e appena potevo salivo dalla nonna e la trovavo intenta a preparare la farina a fontana sullo "scanaturi", un tavolo da lavoro di legno coi bordi alti , adatto a contenere la pasta del pane; dopo prendeva un barattolo di vetro con la chiusura ermetica e lo apriva. Si sprigionava un odore acre, di lievito di birra fermentato troppo, era il "crescente", la pasta madre, che serviva per far lievitare il pane. Al centro della fontana di farina metteva un pugnetto di sale e poi acqua tiepida e il crescente. Iniziava ad impastare con vigore, lei diceva a "scaniare". La ricordo riversa sullo scanturi a dare pugni alla pasta... Quando la pasta era omogenea e morbida , preparava i "pupiddi", cioè delle piccole pagnotte ,e li adagiava su un asse di legno lungo circa due metri, levigato ,pulito e infarinato. Infine prendeva una tovaglia pulita e profumata e la adagiava sui pupiddi , prendeva l'asse sulla spalla e insieme scendevamo la scala per recarci presso il forno di pietra che c'era a due isolati da casa nostra. Quando arrivavamo, la nonna era già stanca e depositava l'asse sul piano di lavoro del forno.Poi diceva al fornaio che aveva bisogno di infornare il pane e lui con la pala prendeva i pani e li metteva nel forno delicatamente. Aspettavamo circa mezz'ora e quando il pane era ben cotto e di un colore quasi marrone, lo prendevamo e lo mettevamo sulla tovaglia , che la nonna legava a mo di sporta e tornavamo a casa.
Lei metteva sul tavolo il pane e io prendevo tra le mani il mio.
Di solito il nonno, quando tornavamo dal forno , era rincasato. Allora mi guardava negli occhi e sapeva già cosa desideravo. Prendeva il mio panuzzo e lo tagliava a metà ancora caldissimo. Metteva dentro un pò di olio di oliva profumato, un pizzico di sale, qualche oliva snocciolata, un pò di origano, qualche pezzetto di acciuga e un pizzico di peperoncino . Chiudeva e tagliava in quattro pezzi il pane. Io ne prendevo subito un pezzo e anche lui...questo del pane caldo condito è uno dei profumi più buoni che ricordo...
Continua...
Inizio io dicendo che io e la mia famiglia vivevamo insieme ai nonni materni, nella stessa casa ma su due piani diversi. Ero solita andare dai nonni ogni pomeriggio e con i loro racconti, con i loro modi di fare, con le loro credenze si apriva un mondo fatato per me, fatto di mille piccole cose, di profumi, di pensieri.
La nonna preparava a casa il pane e doveva bastare per circa una settimana. Conoscevo a memoria qual'era il giorno che si preparava il pane e appena potevo salivo dalla nonna e la trovavo intenta a preparare la farina a fontana sullo "scanaturi", un tavolo da lavoro di legno coi bordi alti , adatto a contenere la pasta del pane; dopo prendeva un barattolo di vetro con la chiusura ermetica e lo apriva. Si sprigionava un odore acre, di lievito di birra fermentato troppo, era il "crescente", la pasta madre, che serviva per far lievitare il pane. Al centro della fontana di farina metteva un pugnetto di sale e poi acqua tiepida e il crescente. Iniziava ad impastare con vigore, lei diceva a "scaniare". La ricordo riversa sullo scanturi a dare pugni alla pasta... Quando la pasta era omogenea e morbida , preparava i "pupiddi", cioè delle piccole pagnotte ,e li adagiava su un asse di legno lungo circa due metri, levigato ,pulito e infarinato. Infine prendeva una tovaglia pulita e profumata e la adagiava sui pupiddi , prendeva l'asse sulla spalla e insieme scendevamo la scala per recarci presso il forno di pietra che c'era a due isolati da casa nostra. Quando arrivavamo, la nonna era già stanca e depositava l'asse sul piano di lavoro del forno.Poi diceva al fornaio che aveva bisogno di infornare il pane e lui con la pala prendeva i pani e li metteva nel forno delicatamente. Aspettavamo circa mezz'ora e quando il pane era ben cotto e di un colore quasi marrone, lo prendevamo e lo mettevamo sulla tovaglia , che la nonna legava a mo di sporta e tornavamo a casa.
Lei metteva sul tavolo il pane e io prendevo tra le mani il mio.
Di solito il nonno, quando tornavamo dal forno , era rincasato. Allora mi guardava negli occhi e sapeva già cosa desideravo. Prendeva il mio panuzzo e lo tagliava a metà ancora caldissimo. Metteva dentro un pò di olio di oliva profumato, un pizzico di sale, qualche oliva snocciolata, un pò di origano, qualche pezzetto di acciuga e un pizzico di peperoncino . Chiudeva e tagliava in quattro pezzi il pane. Io ne prendevo subito un pezzo e anche lui...questo del pane caldo condito è uno dei profumi più buoni che ricordo...
Continua...