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La quercia blu
Più usuale di così, la giornata non poteva cominciare.
Eppure sarebbe stata un giorno particolare, assolutamente diverso da ogni altro.
Con l’incertezza naturale del periodo autunnale il tempo aveva fatto le bizze per più di una settimana, alternando piovaschi a temporali, a fugaci schiarite; fresco, tiepido e freddo in rapido susseguirsi di ora in ora, ma senza ordine. E vento a raffiche balorde.
Ora il cielo schiariva lentamente nei colori pastello di una mattina di pace, dove monti e piante maestose, boschi e prati sembravano svelarsi al mondo come gli occhi di una angelo che si aprano al mattino dopo una notte a contemplare stelle.
Ogni goccia di rugiada, un’infinitesima stilla di luce, ogni foglia, un sorriso.
Giù alla capanna, il Bosa è già sveglio da un pezzo, ha già ha rassettato l’unica stanza della sua tana da eremita, ed il caffè brontola nel bricco sulla vecchia “cucina economica” a legna, relitto prezioso di tempi andati, faticosamente portata quassù da un mulo volenteroso, quando il Bosa decise di lasciare la sua cattedra alla facoltà di botanica, e farsi boscaiolo.
Boscaiolo restio a toccare un ramo se non sicuramente secco, per farne legna per la stufa, eremita di un eremitaggio laico, ma profondamente mistico, e provetto cacciatore di funghi.
In effetti (fra noi lo possiamo solo sussurrare, per non urtare la suscettibilità del Bosa) la pensione devoluta gli era decisamente poca, pur per la sua vita umilissima, perché il più à destinato alla retta del collegio di qell’orfanella incontrata per strada che gli chiese il pane.
Il Bosa non lagna mai, ma integra gli scarni introiti con la vendita dei funghi raccolti nei “posti” segreti del bosco… quelli buoni che conosce solo lui.
Chi vive in città forse non lo sa, ma i funghi sono strane creature. Né animali né piante, vivono della loro esistenza sotterranea come in un mondo a parte, con strane regole e d affascinanti filosofie, che il Bosa conosce bene, per professione, per passione... e per un suo istinto particolare… ma di questo forse parleremo un’altra volta.
I funghi, e questo la gente di città in qualche modo un poco lo sa, sono strane creature anche quando facendo capolino dal loro mondo segreto, spuntano nel bosco.
In certi anni ne spuntano pochissimi, in certi altri in quantità esagerata ed a volte, ma raramente, giusti per numero e qualità, tanto da farci su un guadagno decente, da parte dei raccoglitori.
Perché se è vero che quando sono pochi rendono bene, perché ai consumatori costano carissimi, di soldi te ne trovi comunque pochi a fronte di una gran fatica di ricerca, e talvolta non ti rifai nemmeno delle spese, sempre ammesso che il mercato non si inacidisca e la gente si rassegni e decida: “quest’anno niente funghi”, e compri solo quelli artificiali… che ditemi voi cosa significa un fungo coltivato!...
Un fungo è un fungo solo perché ha in se la libertà del bosco, il profumo del vento ed il fascino del mondo degli Elfi!... mentre uno che nasce nella merda di cavallo?…. mah!
Ma peggio è quando i funghi sono troppi. Ti affanni a raccoglierli e riempirne ceste e cassette… ma nessuno te ne compra se non quasi a regalo, ché la concorrenza è troppa e gli intermediari ci marciano. Loro si, fanno affari, ma al cercatore rimangono gli spiccioli…
E non c’è speranza di battere le industrie che li seccano… Tu ne perdi due terzi in marciume, mentre loro senza affumicarli ammazzano tutte le larve prima che nascano, ed i funghi li vendono lo stesso, e sono belli e puliti…
Quell’anno, sembrava potesse essere uno di quelli buoni. Le voci misteriose della foresta avevano sussurrato ed i segni erano favorevoli.
Il Bosa, in totale equivoco fra il suo rigoroso agnosticismo ed una specie di deferente, inconfessato feticismo prende le sue ceste e borbottando fra se come fanno gli uomini solitari scaramanzie (o forse preghiere) lascia la capanna, in quel quieto, splendido mattino, e si avvia verso il folto, circospetto, che nessuno lo segua, o sbirci il suo andare nei posti segreti.
Uscendo, come d’abitudine o come segno propiziatorio, lascia all’aperto, sotto la tettoia, il bricco del caffè ancora caldo, sulla fornacella di ghisa dove ha raccolto le ultime braci del camino.
Come conforto per qualche affaticato viandante di passaggio?... come buon auspicio di un breve e gioioso ritorno?... come scaramantica trappola ad inchiodare lì gli spioni, allettandoli col caldo corroborante?...
Non ci è dato di saperlo. Bontà d’animo, preveggenza e intento apotropaico si mescolano reciprocamente nell’animo dei sapienti perduti nei boschi.
Loro, sono usi a parlare indifferentemente con le stelle, le piante, le bestie, i funghi.
Va il Bosa, lentamente, per dar tempo all’occhio esperto di scrutare nel sottobosco alla ricerca delle preziose cappelle. Ricerca veloce e superficiale per scoprire nuovi improbabili affioramenti, ricerca attenta dove già sa che le ife sono fitte, sotto la superficie, e pronte a fruttificare.
Nessuna fretta. La fretta non si addice alle creature del bosco, ed il vecchio professore creatura del bosco lo è diventato certamente.
Assorto nel suo pensare, ormai è più che altro un ascoltare, ché troppo ha ragionato e pensato in gioventù, il Bosa percepisce gli olezzi leggeri nell’aria quasi immobile, le voci sommesse di infinite piccole creature, lo sfumarsi dei colori, i piccoli mutamenti del paesaggio… un giovane pollone che cresce vigoroso accanto a sua madre ormai quasi cadente, un nuovo nido di picchio, il cerchio delle streghe quest’anno ancora più largo… qualche bucaneve precoce…
Farà freddo, quest’inverno
Vive di ogni palpito del folto e ne partecipa, creatura fra le creature, tutte insieme in armonia nel cuore della creazione. Vive il suo mondo… e cerca funghi….
E ne trova, il vecchio, ne trova… il suo istinto aveva ragione, e ben aveva interpretato le voci… “sarà un anno buono questo”, pensa consolato dal pensiero di un giusto guadagno, ma soprattutto gratificato nella sua passione di cercatore.
E c’è anche la canna della cucina che andrebbe sostituita, rugginosa com’è!... chissà che una notte non finisca di bucarsi e mi riempie la capanna di ossido di carbonio…
Istintivamente la sua mente va alla reazione chimica dell’ossido di carbonio che contamina l’emoglobina del sangue, con produzione ci carbossiemoglobina soffocante… sorride fra se della sua passata scienza. Come se contasse molto come si muore quando è venuto il momento di andarsene… uomo bischero!... quante angosce potrebbe evitarsi se solo ascoltasse anche oltre che presuntuosamente ragionare…
La raccolta dei funghi procede proficua, e fra poco siamo alla cunetta della Quercia Blu!...
Quella blu è una quercia enorme, che il Bosa ha chiamato blu per via di uno squarcio pauroso che ha nel tronco, di certo provocato da un fulmine… chissà quanto tempo fa!...
In corrispondenza di quello squarcio antico si vede un pezzetto di cielo, che nessun ramo nuovo ha ancora ingombrato, e così nella quasi ininterrotta copertura di quella zona, perforata dalla folgore… spicca il fazzoletto blu del grande albero.
Per effetto di quel fulmine, o di qualche altra tempestosa vicissitudine della sua lunga vita, il tronco possente ha subito una strana inclinazione, quasi per una voglia di sradicarsi ed alla sua base s’è prodotta una cunetta ellittica… una vera miniera di funghi!...
Ed il posto più segreto fra tutti i “posti”…
Oggi, in questa magica mattina, la “valletta della quercia blu” è incredibile. Il vecchio biologo cercatore non ha mai visto una tale quantità di stupendi funghi in un solo posto…
innumerevoli, belli, giovani, carnosi, sanissimi!... una meraviglia!... ed una quantità tale da rendere ridicola ogni altra ricerca. Questi qui bastano per il guadagno di tutta la stagione… e ce se ne può anche fare una spanciata, come mai fatta!...
La mente razionale del professore suggerisce che tanta abbondanza forse è dovuta ad un grave degrado del grande albero… in fondo i funghi sono come una specie di parassiti…
Ed istintivamente lo sguardo si leva in alto.
No, non sembra più vecchia del solito, la quercia blu… e nemmeno più malata… ma che importa, comunque?... qui lo spirito del mistico sopravanza la ragione.
Il ciclo della vita è comunque ineluttabile, e quale miglior momento che morire, che questo spettacolare mattino di novembre?... e quale miglior modo di morire, se non donando una così sterminata produzione di gioielli preziosi?... profumo di bosco, nettare di fata, essenza di mistero?...
Il vecchio accademico prova la completezza di un momento di gioia assoluta.
Non c’è più fretta, ammesso che ce ne sia mai stata. Il posto è segreto e nessuno l’ha seguito.
Può raccogliere con calma tutti i funghi che gli servono, tutti quelli che vuole, e può mangiarne senza scrupoli… a volontà!
Un piccolo fuoco è acceso con la consumata abilità dell’uomo dei boschi, ed alimentato con ramoscelli di mirto ed altre essenze profumata. La borraccia del vino rosso è naturalmente a tracolla, come d’abitudine, e torna utile anche la fiaschetta col sale, quello da lasciare il dono ai daini, sul masso piatto su alla sorgente.
Affetta funghi beato, il professore e li arrostisce sulla brace, girandoli spesso che non prendano d’amaro ed innaffiandoli con generose sorsate alla borraccia.
Quella di oggi è una giornata particolare, e va festeggiata. Che importa se per una volta la fiaschetta si vuota?... E che fa se il tempo è girato di nuovo e minaccia la neve?
Lo ritrovarono a primavera, dopo un inverno eccezionalmente gelato. Qualche osso bianco, pochi stracci fracidi ed alcuni poveri strumenti. Un coltellino affilato, una borraccia vuota, due cesti da funghi.
Tracce di una felicità coerente, in armonia col creato.
Lucio Musto 21 ottobre 2009
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La quercia blu
Più usuale di così, la giornata non poteva cominciare.
Eppure sarebbe stata un giorno particolare, assolutamente diverso da ogni altro.
Con l’incertezza naturale del periodo autunnale il tempo aveva fatto le bizze per più di una settimana, alternando piovaschi a temporali, a fugaci schiarite; fresco, tiepido e freddo in rapido susseguirsi di ora in ora, ma senza ordine. E vento a raffiche balorde.
Ora il cielo schiariva lentamente nei colori pastello di una mattina di pace, dove monti e piante maestose, boschi e prati sembravano svelarsi al mondo come gli occhi di una angelo che si aprano al mattino dopo una notte a contemplare stelle.
Ogni goccia di rugiada, un’infinitesima stilla di luce, ogni foglia, un sorriso.
Giù alla capanna, il Bosa è già sveglio da un pezzo, ha già ha rassettato l’unica stanza della sua tana da eremita, ed il caffè brontola nel bricco sulla vecchia “cucina economica” a legna, relitto prezioso di tempi andati, faticosamente portata quassù da un mulo volenteroso, quando il Bosa decise di lasciare la sua cattedra alla facoltà di botanica, e farsi boscaiolo.
Boscaiolo restio a toccare un ramo se non sicuramente secco, per farne legna per la stufa, eremita di un eremitaggio laico, ma profondamente mistico, e provetto cacciatore di funghi.
In effetti (fra noi lo possiamo solo sussurrare, per non urtare la suscettibilità del Bosa) la pensione devoluta gli era decisamente poca, pur per la sua vita umilissima, perché il più à destinato alla retta del collegio di qell’orfanella incontrata per strada che gli chiese il pane.
Il Bosa non lagna mai, ma integra gli scarni introiti con la vendita dei funghi raccolti nei “posti” segreti del bosco… quelli buoni che conosce solo lui.
Chi vive in città forse non lo sa, ma i funghi sono strane creature. Né animali né piante, vivono della loro esistenza sotterranea come in un mondo a parte, con strane regole e d affascinanti filosofie, che il Bosa conosce bene, per professione, per passione... e per un suo istinto particolare… ma di questo forse parleremo un’altra volta.
I funghi, e questo la gente di città in qualche modo un poco lo sa, sono strane creature anche quando facendo capolino dal loro mondo segreto, spuntano nel bosco.
In certi anni ne spuntano pochissimi, in certi altri in quantità esagerata ed a volte, ma raramente, giusti per numero e qualità, tanto da farci su un guadagno decente, da parte dei raccoglitori.
Perché se è vero che quando sono pochi rendono bene, perché ai consumatori costano carissimi, di soldi te ne trovi comunque pochi a fronte di una gran fatica di ricerca, e talvolta non ti rifai nemmeno delle spese, sempre ammesso che il mercato non si inacidisca e la gente si rassegni e decida: “quest’anno niente funghi”, e compri solo quelli artificiali… che ditemi voi cosa significa un fungo coltivato!...
Un fungo è un fungo solo perché ha in se la libertà del bosco, il profumo del vento ed il fascino del mondo degli Elfi!... mentre uno che nasce nella merda di cavallo?…. mah!
Ma peggio è quando i funghi sono troppi. Ti affanni a raccoglierli e riempirne ceste e cassette… ma nessuno te ne compra se non quasi a regalo, ché la concorrenza è troppa e gli intermediari ci marciano. Loro si, fanno affari, ma al cercatore rimangono gli spiccioli…
E non c’è speranza di battere le industrie che li seccano… Tu ne perdi due terzi in marciume, mentre loro senza affumicarli ammazzano tutte le larve prima che nascano, ed i funghi li vendono lo stesso, e sono belli e puliti…
Quell’anno, sembrava potesse essere uno di quelli buoni. Le voci misteriose della foresta avevano sussurrato ed i segni erano favorevoli.
Il Bosa, in totale equivoco fra il suo rigoroso agnosticismo ed una specie di deferente, inconfessato feticismo prende le sue ceste e borbottando fra se come fanno gli uomini solitari scaramanzie (o forse preghiere) lascia la capanna, in quel quieto, splendido mattino, e si avvia verso il folto, circospetto, che nessuno lo segua, o sbirci il suo andare nei posti segreti.
Uscendo, come d’abitudine o come segno propiziatorio, lascia all’aperto, sotto la tettoia, il bricco del caffè ancora caldo, sulla fornacella di ghisa dove ha raccolto le ultime braci del camino.
Come conforto per qualche affaticato viandante di passaggio?... come buon auspicio di un breve e gioioso ritorno?... come scaramantica trappola ad inchiodare lì gli spioni, allettandoli col caldo corroborante?...
Non ci è dato di saperlo. Bontà d’animo, preveggenza e intento apotropaico si mescolano reciprocamente nell’animo dei sapienti perduti nei boschi.
Loro, sono usi a parlare indifferentemente con le stelle, le piante, le bestie, i funghi.
Va il Bosa, lentamente, per dar tempo all’occhio esperto di scrutare nel sottobosco alla ricerca delle preziose cappelle. Ricerca veloce e superficiale per scoprire nuovi improbabili affioramenti, ricerca attenta dove già sa che le ife sono fitte, sotto la superficie, e pronte a fruttificare.
Nessuna fretta. La fretta non si addice alle creature del bosco, ed il vecchio professore creatura del bosco lo è diventato certamente.
Assorto nel suo pensare, ormai è più che altro un ascoltare, ché troppo ha ragionato e pensato in gioventù, il Bosa percepisce gli olezzi leggeri nell’aria quasi immobile, le voci sommesse di infinite piccole creature, lo sfumarsi dei colori, i piccoli mutamenti del paesaggio… un giovane pollone che cresce vigoroso accanto a sua madre ormai quasi cadente, un nuovo nido di picchio, il cerchio delle streghe quest’anno ancora più largo… qualche bucaneve precoce…
Farà freddo, quest’inverno
Vive di ogni palpito del folto e ne partecipa, creatura fra le creature, tutte insieme in armonia nel cuore della creazione. Vive il suo mondo… e cerca funghi….
E ne trova, il vecchio, ne trova… il suo istinto aveva ragione, e ben aveva interpretato le voci… “sarà un anno buono questo”, pensa consolato dal pensiero di un giusto guadagno, ma soprattutto gratificato nella sua passione di cercatore.
E c’è anche la canna della cucina che andrebbe sostituita, rugginosa com’è!... chissà che una notte non finisca di bucarsi e mi riempie la capanna di ossido di carbonio…
Istintivamente la sua mente va alla reazione chimica dell’ossido di carbonio che contamina l’emoglobina del sangue, con produzione ci carbossiemoglobina soffocante… sorride fra se della sua passata scienza. Come se contasse molto come si muore quando è venuto il momento di andarsene… uomo bischero!... quante angosce potrebbe evitarsi se solo ascoltasse anche oltre che presuntuosamente ragionare…
La raccolta dei funghi procede proficua, e fra poco siamo alla cunetta della Quercia Blu!...
Quella blu è una quercia enorme, che il Bosa ha chiamato blu per via di uno squarcio pauroso che ha nel tronco, di certo provocato da un fulmine… chissà quanto tempo fa!...
In corrispondenza di quello squarcio antico si vede un pezzetto di cielo, che nessun ramo nuovo ha ancora ingombrato, e così nella quasi ininterrotta copertura di quella zona, perforata dalla folgore… spicca il fazzoletto blu del grande albero.
Per effetto di quel fulmine, o di qualche altra tempestosa vicissitudine della sua lunga vita, il tronco possente ha subito una strana inclinazione, quasi per una voglia di sradicarsi ed alla sua base s’è prodotta una cunetta ellittica… una vera miniera di funghi!...
Ed il posto più segreto fra tutti i “posti”…
Oggi, in questa magica mattina, la “valletta della quercia blu” è incredibile. Il vecchio biologo cercatore non ha mai visto una tale quantità di stupendi funghi in un solo posto…
innumerevoli, belli, giovani, carnosi, sanissimi!... una meraviglia!... ed una quantità tale da rendere ridicola ogni altra ricerca. Questi qui bastano per il guadagno di tutta la stagione… e ce se ne può anche fare una spanciata, come mai fatta!...
La mente razionale del professore suggerisce che tanta abbondanza forse è dovuta ad un grave degrado del grande albero… in fondo i funghi sono come una specie di parassiti…
Ed istintivamente lo sguardo si leva in alto.
No, non sembra più vecchia del solito, la quercia blu… e nemmeno più malata… ma che importa, comunque?... qui lo spirito del mistico sopravanza la ragione.
Il ciclo della vita è comunque ineluttabile, e quale miglior momento che morire, che questo spettacolare mattino di novembre?... e quale miglior modo di morire, se non donando una così sterminata produzione di gioielli preziosi?... profumo di bosco, nettare di fata, essenza di mistero?...
Il vecchio accademico prova la completezza di un momento di gioia assoluta.
Non c’è più fretta, ammesso che ce ne sia mai stata. Il posto è segreto e nessuno l’ha seguito.
Può raccogliere con calma tutti i funghi che gli servono, tutti quelli che vuole, e può mangiarne senza scrupoli… a volontà!
Un piccolo fuoco è acceso con la consumata abilità dell’uomo dei boschi, ed alimentato con ramoscelli di mirto ed altre essenze profumata. La borraccia del vino rosso è naturalmente a tracolla, come d’abitudine, e torna utile anche la fiaschetta col sale, quello da lasciare il dono ai daini, sul masso piatto su alla sorgente.
Affetta funghi beato, il professore e li arrostisce sulla brace, girandoli spesso che non prendano d’amaro ed innaffiandoli con generose sorsate alla borraccia.
Quella di oggi è una giornata particolare, e va festeggiata. Che importa se per una volta la fiaschetta si vuota?... E che fa se il tempo è girato di nuovo e minaccia la neve?
Lo ritrovarono a primavera, dopo un inverno eccezionalmente gelato. Qualche osso bianco, pochi stracci fracidi ed alcuni poveri strumenti. Un coltellino affilato, una borraccia vuota, due cesti da funghi.
Tracce di una felicità coerente, in armonia col creato.
Lucio Musto 21 ottobre 2009
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