Si sa invece che già presso gli Egizi, esisteva un insieme di norme che regolamentavano l’espletamento delle funzioni fisiologiche di scarico perché i geroglifici e gli oggetti usati nelle sepolture la testimoniano. La gente comune però compiva ancora queste attività all’aperto in piccole buche fatte nel momento dell’urgenza. Solo i faraoni, i sacerdoti e le caste superiori disponevano specifici spazi privati, e in epoca più recente utilizzavano vasi d’oro ricoperti di velluto.
Dal fatto che i legislatori greci vietavano di farla nei templi e negli edifici più importanti, si può desumere che l’usanza di farla dove capitava non fu abbandonata da questo popolo.
I Romani tennero in grande considerazione i cosi detti bisognini. Ogni casa in cui abitava un cittadino abbiente aveva all’esterno o dentro le mura domestiche la propria latrina personale. Si trattava di un semplice foro senza seduta, ma con uno scolo collegato ad un piccolo pozzo nero nel terreno. Per la prima volta le fonti documentarie che per quanto riguarda le civiltà precedenti ci lasciano in un inquietante silenzio, ci dicono anche che si pulivano e come. Vi erano appositi contenitori di acqua con spugne legate ad aste, che servivano a pulirsi il deretano senza sporcarsi le mani. Il risultato finale non era un problema visto che i Romani non portavano le mutande. Non possiamo escludere il fatto che molti praticassero ancora l’evacuazione free style, ma sappiamo anche esistevano latrine pubbliche. Si trattava di grandi stanze rettangolari o semi-circolari con intorno dei sedili di marmo lungo le pareti, con sopra dei fori e sotto dei canali di scolo per l’acqua. Erano disposti l’uno accanto all’altro in modo da garantire una serena evacuazione di gruppo, con conseguente reciproco supporto durante le cacarelle più impegnative. In questo modo “il momento del bisogno” diventava anche un’occasione di socializzazione ed incontro. Le tanto celebrate fogne erano collegate soltanto alle case dei ricchi e a queste latrine pubbliche. Il resto si smaltiva in strada con una vigorosa secchiata. A pulire le strade e i pozzi neri ci pensavano gli schiavi.
I romani però capirono con il tempo che buttare via tutto questo ben di Dio prodotto in quantità massiccia ed in modo democratico da tutti a costo zero era un peccato ed introdussero una tassa sulla pipì. La pipì serviva ai lavandai per ricavarne l’ammoniaca con la quale si trattavano i panni di lana, mentre con l’aceto si preparavano soluzioni antincendio. Per questo motivo, i lavandai avevano posto fuori le loro botteghe dei recipienti in cui ogni passante poteva liberamente orinare se ne sentivano l’esigenza. Dato che la tassa la introdusse Vespasiano, questi cessi presero il nome di vespasiani e da essi derivano gli attuali cessi così chiamati.
Contrariamente a quanto si pensa comunemente, nel Medioevo la Romana considerazione riservata ai Bisognini, non viene dimenticata. Continua l’uso del vaso da notte e restano in uso le latrine pubblice. Nel basso medioevo però, in seguito alla demonizzazione cristiana del corpo la cacca e la pipì iniziano ad essere malviste. Ci si nasconde con il vaso da notte per farla e i cessi pubblici scompaiono. Nascono anche le prime parolacce con cui ingiuriare gli evacuatori e le evacuazioni. Ai vasi da notte e alle latrine subentra il lancio mattuttino degli escrementi dalla finestra. La buona creanza imponeva di accompagnare il gesto con il premuroso grido di “Attenti sotto”. Chi lanciava cacca e pipì senza avvertire poteva essere sanzionato. Comunque, per maggior sicurezza si diffuse l’usanza, qualora si dovesse andarsene in giro la mattina, di munirsi di appositi attrezzi, antenati dell’odierno ombrello. In alternativa i bisognini venivano fatti mangiare agli animali da cortile o gettati in rigagnoli che scorrevano nelle città. Ovviamente si diffusero molte malattie, e visto e considerato che medici e religiosi consideravano pericoloso fare il bagno, si radicl il rimedio di tracannare 3 o 4 litri di vino al giorno con funzione disinfettante.
La situazione resta questa fino al 1600, anche se variano i contenitori dei bisognini. Compare ad esempio presso i nobili un elegante sedia con il buco e la così detta “scatola del tuono”, usata durante i viaggi.
Il WC compare nel 1596 ed è un’invenzione del figlioccio della regina Elisabetta I, un certo John Harrington. Consisteva in una seduta con un serbatoio di acqua sovrastante apribile tramite un rubinetto e da una botola a valvola che faceva poi defluire le acque di scolo in un pozzo nero sottostante. Era estremamente costoso e dovettero venire apportate ad esso molte modifiche per renderlo più fruibile. Nella seconda metà del 1700 viene introdotto il sifone a livello della valvola per evitare odorosi effluvi, e soltanto nel 1883 compare il wc come lo conosciamo oggi. Pochi anni dopo al wc viene aggiunto lo sciacquone. Intanto ricompaiono i bagni pubblici, questa volta separati per sesso. Finalmente si pensa anche risistemare le fogne, e il nuovo sistema di gestione delle deiezioni diventa pienamente efficiente.