Quando si tratta di letteratura non sono un grande appassionato di thriller, quindi ho scoperto Millennium solo tramite i film e, se sul piano tecnico/cinematografico sono rimasto freddino, su quello concettuale mi ha dato un po' di più da pensare.
C'è un altro film -Hard Candy- che avevo visto poco prima di procurarmi la trilogia di millennium, che parte in sostanza dagli stessi assunti di base (occhio che sotto c'è tutta la trama del film, finale compreso; se siete di quelli che si rovinano il piacere di guardare un film se sanno come va a finire astenetevi):
- Spoiler:
Una ragazzina di quattordici anni conosce su internet ed incontra un fotografo professionista di 30. Abbastanza in fretta, si scopre che la ragazzina in realtà lo ha incastrato perché lo sospetta di essere un pedofilo e di aver ucciso un'altra giovinetta. Dopo un'ora circa di gioco del gatto col topo a base, soprattutto di torture psicologiche, lo porta ad ammettere tutto e lo costringe al suicidio. Giustizia è fatta.
e questo mi è piaciuto, cinematograficamente, di più. Soprattutto la prova d'attrice della protagonista l'ho trovata formidabile. Quello che mi ha scosso, sia in Hard Candy che nella trilogia di Millennium, è la giustificazione di fondo verso comportamenti che sono tanto mostruosi quanto gli atti che ne sono la causa. Niente al mondo giustifica un pedofilo stupratore assassino, né uno che violenta o sfrutta le donne ma in che modo il fatto che queste persone siano dei mostri giustifica chi li uccide o li tortura?
O ancora: quanto è utile, nell'ottica di desiderare una società dove queste brutture non si verifichino, accentuare la contrapposizione "Donna vs. Uomo" o "Adulto vs. Teenager"? Non ci si capirebbe meglio, invece che con la divisione in categorie con l'unificazione in "Persone"?
"Lei è una ragazza che odia gli uomini che odiano le donne". Così suona fighissimo, è un perfetto slogan pubblicitario (ed infatti, così è stato usato). "Lei è una persona che odia le persone che odiano le persone" è una discreta idiozia, perchè "Lei" dovrebbe, quindi, odiare sé stessa.
Non voglio dire con questo che occorre rinunciare all'odio. L'odio è un sentimento perfettamente umano e, anzi, io credo profondamente che sia un sentimento da coltivare, proprio com'è da coltivare l'amore. Anzi, l'odio è esattamente identico all'amore, con la sola differenza che le emozioni che vengono veicolate all'interno dei due sentimenti sono opposte. Ma quello è quanto, per il resto le dinamiche e gli effetti sono identici. Entrambi i sentimenti, ad esempio, ci proiettano, ci avvicinano molto alla persona/cosa che ne è oggetto. Enrambi i sentimenti tendono a creare un'identificazione, con il loro oggetto. Ed entrambi presentano il rischio di eccedere, in questa identificazione: finendo per soffocare, per schiacciare l'amato per -di converso- finendo per diventare, per trasformarsi in ciò che si odia. Io ti odio, perché tu hai commesso un abuso, ed abuso di te. ù
Tutto questo mi fa venire in mente Piazzale Loreto. Mi è difficile dire che Mussolini & co. non se lo siano meritati, di finire appesi in piazza come i maiali. Allo stesso tempo, però, mi è altrettanto difficile non riconoscere in quel gesto lo stesso odio, lo stesso disprezzo per l'umanità, la stessa mentalità punitiva di stampo fascista ("
colpirne appenderne uno per educarne cento") contro cui il gesto stesso si scagliava.
E riflettendo su questo genere di cose, ogni volta che sento invocare la castrazione chimica per gli stupratori o i pedofili, ogni volta che quella parte (di fondamentale umanità) di me si lascia rapire dalle tempeste emotive, dal sequestro emozionale dell'odio, inizio a spaventarmi, perchè mi chiedo: e dopo?