Apprezzo molto gli sforzi immondi, davvero!
Per una volta eviterò di mondar l'immondo per mondar lo mondo
Hai toccato molti punti interessanti che hanno, in effetti, una contiguità con questo mito.
Per chi non lo sapesse, tuttavia, voglio ricordare come "finisce" il mito di Pandora: una volta che Pandora ha sollevato il coperchio dell'orcio contenente tutti i mali, questi si diffondono rapidamente sulla terra, generando la morte, la malattia, la vecchiaia ecc ecc. All'interno del vaso rimane solo la speranza.
E' qui che risiede il genio dell'inventore di questo mito ed è qui che il lettore si scontra con la sua interpretazione. Perchè la speranza rimane nel vaso??
Il perchè lo si può capire solo ricorrendo al sentimento religioso greco. La speranza, finchè resta nel vaso, è un male come tutti gli altri mali, ma quando rimane sola dentro di esso ecco che la speranza diventa un bene.
Attenzione, così come nel mito di Adamo ed Eva, anche qui stiamo parlando di una umanità sui generis. Pandora è la prima donna, non esistevano donne. Stiamo quindi parlando di un archetipo di umanità. In quel contesto, di una umanità in un certo qual modo congiunta al divino, la speranza è un male. Gli dei non sperano e non desiderano poichè essi già possiedono tutti i beni nella loro completezza. Ma nell'umanità post caduta ecco che la speranza diventa un bene.
Il perchè diventi un bene bisogna scoprirlo anche ricorrendo anche ad un altro mito greco in cui interviene ancora Prometeo. In questo mito le dee oceanine chiedono a Prometeo, incatenato da Zeus a una montagna, quale bene abbia mai donato lui agli uomini, ed egli risponde: "ho donato loro le cieche speranze".
Le cieche speranze. La speranza è in un certo senso cieca perchè ci permette di chiudere gli occhi sui mali, ce li rende in una qualche misura sopportabili.
I due miti, quello di Epimeteo-Pandora e quello di Adamo-Eva, sono quindi più simili di quanto si immagini. Entrambi parlano di una umanità che è pre-storica e, a mio avviso, tendono effettivamente a dare una risposta al tema dell'origine del male. In entrambi i miti è la donna e la sua curiosità la causa del liberarsi del male, costretto su un albero da un lato e in un orcio dall'altro.
Ciò in cui si differenziano sta nel "ritorno" e nel concetto di speranza; e qui si introduce il concetto di grazia che tu hai richiamato.
Se nel cristianesimo la speranza è una virtù teologale, nell'antichità classica la speranza è un bene che deve essere superato: non saremo spiritualmente realizzati fino a quando non cesseremo di sperare e torneremo ad essere dei.
A questo punto si apre un altro grandioso capitolo che consiste nella differente visione del ritorno al divino. Da un lato abbiamo la cristianità col concetto di grazie e del Dio fatt uomo che si abbassa fino alla miseria umana, dall'altro abbiamo la religione greca in cui è sempre fisso il concetto di "scala" e di purificazione. Più ci purificheremo dall'egoismo, dall'odio, dall'ira ecc, e più saliremo la scala che ci ricondice al divino. Da un lato la necessità il divino deve abbassarsi data la condizione di deficienza dell'uomo, dall'altro è l'uomo che, con le sue forze, riconquista la sua deità.
In realtà non è che mondo classico e cristianità siano così inconciliabili in quanto tutta la mistica cristiana ha sostanzialmente ripreso il concetto di scala. Ma qui il discorso si amplierebbe indefinitamente. Ma è proprio questa la ricchezza dei miti, essi tramandano, in immagini e simboli, intere teologie, cosmogonie ecc.
Ps: condivido, tuttavia, il tuo acuto ragionamento secondo cui entrambi i miti non sarebbero la spiegazione prima dell'origine del male ma piuttosto la risposta al suo manifestarsi. Diciamo che è la spiegazione del male visibile e percepibile agli uomini e non la spiegazione metafisica del male per il quale, se vogliamo essere sinceri, nessuna religione è riuscità a trovare una risposta, neanche simbolica o racchiusa in un mito.