Rispondo all’appello di ReLear e ringrazio NinfaEco per la referenza, anche se non sono un «berlusconologo» di professione. Ce ne sono già troppi e molti farebbero bene a cambiare mestiere. Io ho solo letto qualche libro sul personaggio. Negli ultimi dodici anni, ne sono stati scritti a centinaia, ma ben pochi mi sembrano meritevoli di attenzione.
Berlusconi è un tipo che divide: di solito o lo si ama o lo si odia. Ed è per questo che la maggioranza dei giornalisti che se ne sono occupati non è mai stata particolarmente neutrale. Nessuno si pone davanti al Cavaliere per studiarlo come se fosse un politico qualsiasi: i giornalisti tendono ad essere rispettosi, deferenti, diplomatici e cauti; oppure ostili, sarcastici e sprezzanti. È quasi impossibile mantenersi neutrali quando si esamina Berlusconi, anche perché, per molte persone, la neutralità è già una forma di ostilità: «chi non è con noi è contro di noi».
Non considero tanto affidabile il suo biografo più ostile, Marco Travaglio, che lo ha vivisezionato in almeno una ventina di volumi. Sono per lo più mattoni di centinaia di pagine (molte delle quali ripetute quasi identiche da un libro all’altro), che diventano illeggibili quando si riducono a mere trascrizioni di atti processuali e intercettazioni telefoniche.
L’Italia è piena di «guru antisistema» e spesso i loro «seguaci» aderiscono in modo totale, adorante e acritico al loro pensiero. Di solito nessuno – a parte Filippo Facci e pochi altri – si prende la briga di sbugiardare Travaglio, perché tra giornalisti e lettori è diffuso il dogma secondo cui «Travaglio è così documentato che è impossibile smentirlo». Eppure, se si leggono i suoi libri (e articoli) con spirito critico e si va a verificare di persona quello che afferma, ci si accorge degli errori sui fatti, delle analisi di parte o poco rigorose, delle citazioni imprecise o tagliate tendenziosamente… Facci lo liquida su «Libero»: «il problema […] è che smentire puntualmente Travaglio serve a fare il suo gioco vanesio e legittimante, roba che oltretutto fa perdere un sacco di tempo perché la quantità di asserzioni omissive che dice o scrive è talmente clamorosa da rischiar di consumare tempo e articoli che meritano di meglio».
Il professor Paul Ginsborg – che è un critico del Cavaliere, ma non lo odia visceralmente – scriveva che la migliore biografia di Berlusconi è quella di Giuseppe Fiori: «Il venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest» (Garzanti). Il libro analizza il personaggio da una prospettiva originale; ma ormai si tratta di un’opera datata. Un lavoro più recente, che procede per temi anziché con un criterio cronologico, è «L’ombra del potere» (Laterza), scritto dal giornalista inglese David Lane.
Un altro libro notevole – ma ormai bisognoso di aggiornamenti – è «Citizen Berlusconi. Il Cavalier Miracolo» (Garzanti) dell’americano Alexander Stille, che ha ricevuto elogi da destra e da sinistra: «Non è un libro contro Berlusconi. L’autore non lo odia, né lo sopravvaluta, né lo disprezza, tanto meno si lascia ipnotizzare. Alexander Stille comprende che nessun altro personaggio incarna come il Cavaliere le grandi rivoluzioni della post-modernità, la potenza della comunicazione, l’impeto dei consumi» (Filippo Ceccarelli, «la Repubblica»); «Un libro serio. Che non riduce tutto a macchietta. E che prova a leggere la vicenda come il paradigma di alcune tendenze delle democrazie di oggi e di domani» (Fabrizio Forquet, «Il Sole-24 Ore»); «Dà atto a Berlusconi di aver rivoluzionato la nostra società, svecchiandola e introducendo valori nuovi» (Gaspare Di Sclafani, «Libero»).
Negli ultimi anni, sono stati prodotti anche molti documentari su Berlusconi. Mi vengono in mente, ad esempio, «Quando c’era Silvio. Storia del periodo berlusconiano», realizzato nel 2005 da Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio; «Videocracy. Basta apparire» (2009) di Eric Gandini; «Viva Zapatero!» (2005) e «Draquila. L’Italia che trema» (2010) di Sabina Guzzanti.
Si tratta quasi sempre di lavori critici o dichiaratamente ostili a Berlusconi. Non ho mai visto un solo documentario che avesse un approccio neutrale o favorevole al Cavaliere. Ecco perché sullo schermo si ripropone lo stesso problema che c’è sulla carta: la difficoltà di incontrare giudizi sereni ed equilibrati sul personaggio.