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Rinnovamento
Ed eccomi in viaggio, controvoglia ed insicuro, giù per questo stretto viottolo nel bosco, che a
tratti scompare del tutto, nascosto dalle foglie dai faggi possenti che, dorate o brunastre ormai, cominciano a cadere copiose.
A cavallo di quest’asino saggio, incredibilmente piccolo, incredibilmente forte, vecchio forse come il vecchio che mi ha quasi obbligato a montarlo.
Non ci so andare, sull’asino, mai montato uno, ma non ho paura. Il vecchio mi ha rassicurato, e naturalmente non è possibile non credere al vecchio:
«Vai tranquillo, mi ha detto. Ci pensa lui, a non farti cadere. Tu stai solo seduto. Lui sa dove andare, dove deve portarti e dove lasciarti. Gliel’ho detto io. Poi tu smonti, fai il tuo dovere, e prosegui per la tua strada. Non hai più motivo di restare quassù nella macchia.
Vai tranquillo e non darti pena. L’asino conosce la strada, e ritorna da solo…».
Tanta fiducia, nel vecchio, mi ha lasciato un po’ incredulo. Sono tempi difficili, questi, difficili per tutti. Se qualcuno mi vede, l’asino me lo prende di certo, per mangiarlo.
O forse lo nasconde gelosamente, riservandolo per domani quando, si sa, avremo fame davvero.
Fino alla fine, avevo sperato nel fondo del cuore che il vecchio venisse con me, mi accompagnasse, e non mi sarebbe importato far tutta la strada a piedi, per lasciar lui sulla groppa. Ma il vecchio è testardo, non c’è modo di fargli cambiare d’idea.
«Vai a votare.
Vai a votare il tuo mondo, tu che sei giovane.
Per me non ha senso venire. – le sue frasi lente e staccate mi si incidono dentro profondamente –
Vota la Repubblica.
Il Re se ne è andato, e con lui la democrazia.
Il Duce lo hanno appeso per i piedi, insieme con la disciplina, prima che ci desse la grandezza promessa.
Io non vengo, e non serve che venga.
E’ il tuo mondo che sta nascendo ed io non ho niente da spartirci, ché il mio è morto.
Poi, hai sentito? per votare ci vuole una carta che dice tu chi sei.
Io una carta così non l’ho mai avuta, perché io lo so, chi sono.
E lo sa tutto il mio mondo, tutto il mondo che conta, per me,
lo sanno tutti quelli della valle, tutti quelli che ho conosciuto, in cent’anni.
Ed a quelli di fuori, che gli importa conoscermi?... né a me importa di loro!
Io sono Beppe, il Carbonaro, e non ho bisogno di nessuna carta, a garanzia.
E non la voglio.
Io sono un uomo, ed un uomo, finora,
era più importante di una carta timbrata…»
Lucio Musto 18 giugno 2009
Rinnovamento
Ed eccomi in viaggio, controvoglia ed insicuro, giù per questo stretto viottolo nel bosco, che a
tratti scompare del tutto, nascosto dalle foglie dai faggi possenti che, dorate o brunastre ormai, cominciano a cadere copiose.
A cavallo di quest’asino saggio, incredibilmente piccolo, incredibilmente forte, vecchio forse come il vecchio che mi ha quasi obbligato a montarlo.
Non ci so andare, sull’asino, mai montato uno, ma non ho paura. Il vecchio mi ha rassicurato, e naturalmente non è possibile non credere al vecchio:
«Vai tranquillo, mi ha detto. Ci pensa lui, a non farti cadere. Tu stai solo seduto. Lui sa dove andare, dove deve portarti e dove lasciarti. Gliel’ho detto io. Poi tu smonti, fai il tuo dovere, e prosegui per la tua strada. Non hai più motivo di restare quassù nella macchia.
Vai tranquillo e non darti pena. L’asino conosce la strada, e ritorna da solo…».
Tanta fiducia, nel vecchio, mi ha lasciato un po’ incredulo. Sono tempi difficili, questi, difficili per tutti. Se qualcuno mi vede, l’asino me lo prende di certo, per mangiarlo.
O forse lo nasconde gelosamente, riservandolo per domani quando, si sa, avremo fame davvero.
Fino alla fine, avevo sperato nel fondo del cuore che il vecchio venisse con me, mi accompagnasse, e non mi sarebbe importato far tutta la strada a piedi, per lasciar lui sulla groppa. Ma il vecchio è testardo, non c’è modo di fargli cambiare d’idea.
«Vai a votare.
Vai a votare il tuo mondo, tu che sei giovane.
Per me non ha senso venire. – le sue frasi lente e staccate mi si incidono dentro profondamente –
Vota la Repubblica.
Il Re se ne è andato, e con lui la democrazia.
Il Duce lo hanno appeso per i piedi, insieme con la disciplina, prima che ci desse la grandezza promessa.
Io non vengo, e non serve che venga.
E’ il tuo mondo che sta nascendo ed io non ho niente da spartirci, ché il mio è morto.
Poi, hai sentito? per votare ci vuole una carta che dice tu chi sei.
Io una carta così non l’ho mai avuta, perché io lo so, chi sono.
E lo sa tutto il mio mondo, tutto il mondo che conta, per me,
lo sanno tutti quelli della valle, tutti quelli che ho conosciuto, in cent’anni.
Ed a quelli di fuori, che gli importa conoscermi?... né a me importa di loro!
Io sono Beppe, il Carbonaro, e non ho bisogno di nessuna carta, a garanzia.
E non la voglio.
Io sono un uomo, ed un uomo, finora,
era più importante di una carta timbrata…»
Lucio Musto 18 giugno 2009