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Monteriggioni
A Monteriggioni io c’ero già stato, e ancora ne conservavo un ricordo dolce, fra l’avventuroso ed il fantastico. Un ricordo di bambino alla scoperta di una città segreta ed insieme autorevole, perché i grandi già ti avevano imposto rispetto.
Da quelle mura, niente meno, era nata la corona dell’Italia, quella delle banconote e dei bolli ufficiali, su quel volto nobile di donna che tutti ci rappresenta.
Ci inculcavano allora, non so se a scapaccioni o in altro modo, l’amor di Patria ed il rispetto di tutto quanto sacro, anche il modello ispiratore di un disegno emblematico… e noi ci credevamo!...
Dicevo dunque che Monteriggioni l’avevo già visitata una volta da bambino, e ne ricordavo il fascino.
Raggiungerla, quella volta, era stata una cosa lunga, sull’ansante corriera della SITA partita da Poggibonsi dove già c’eravamo arrivati con un viaggio in treno scuro di fuliggine della vecchia, piccola locomotiva sui pochi vagoncini a belvedere; ma lo zio Giovanni e zia Maria ci avevano allietato il percorso mostrandoci le mille meraviglie delle colline senesi, i luoghi del prezioso chianti, e mille mirabolanti storie sul lavoro dello zio, che da quelle parti era di casa.
Mi pare di ricordare, ma qui potrei sbagliarmi, di un lungo tratto da fare a piedi, in vista dell’imponente mole del castello lassù sul colle, ché la carrozzabile forse non arrivava ancora alle mura, ancora inviolabili come di tradizione storica… si sa, i senesi al mantenimento di certe integrità ci tengono… o ci tenevano molto.
Benissimo invece ricordo la mia impressione di bambino al superamento della porta est (la roccaforte, per comprensibili motivazioni storiche di inespugnabilità di porte ne la solo due, piccole, disagevoli, aperte nelle mura in direzioni opposte)…. l’impressione di entrare in un sacrario, una città morta cristallizzata in un tempo passato, il rudere di una fierezza sconfinata preservata per la memoria.
Ricordo di poche casupole deserte dall’aria vecchissima, di ciuffi d’erba, di una chiesa austera e silenziosa, di microscopici appezzamenti forse coltivati ad orto urbano o forse solo bizzarre macchie regolari di vegetazione, residuo di quanto il luogo viveva dello sferragliante suono di cavalieri in armi e corruschi gagliardetti sventolanti al vento.
Ma solo una immagine… a vederlo, il luogo appariva sospeso, pietrificato in testimonianza di passate, frenetiche attività.
Ed un ricordo bizzarro ho ancora di un dettaglio, adesso penso studiato ad arte dagli zii per dare maggiore enfasi alla visita. Subito dentro la cerchia possente delle torri e delle mura, gli zii accusarono stanchezza e sedettero sui gradini della chiesa:
«andate voi da soli, ragazzi, a visitare la città, che noi già la conosciamo e ci riposiamo un poco… ma state attenti e tornate presto!...»
Inconcepibile che gli zii mollassero la loro attenta sorveglianza su di noi, anche in quei tempi ingenui e buoni, e di grande effetto!... infatti lo ricordo ancora dopo mille anni!... Monteriggioni è certamente la prima città ad aver visitato senza guida…
Non, ripeto, che ci fosse molto da vedere… casupole vecchie (o antiche) come quelle di Siena, ma conservate peggio, scrostate, cadenti, muffose… qualche vicoletto dove scappare, un incrocio per rincontrarci fra noi bambini, una piazzetta… e di nuovo l’imponente muraglia e la discesa dell’altra porta spalancata verso i campi del grano e i vigneti… Tutto lì!
Evidentemente tornammo in fretta e non fummo rimproverati.
Volevo offrire quest’emozione antica anche a RO, ritrovandoci in viaggio da quelle parti, e ce l’ho portata… e l’imponente eterna fortezza s’è erta spavalda ed inespugnabile ancora una volta ai nostri occhi lassù sul suo colle, pronta ad un’altra pugna, ad un’altra difesa…
«Siena la protesse egregiamente - penso - e mai fu conquistata… Se non per il tradimento del suo capitano che l’orgoglioso baluardo svendette per denaro alla perfida Firenze…
Chissà se quella turrita cinta, ora onore e vanto dell’Italia dei francobolli, sarà egualmente protettrice?... e chissà se pure lei sarà ceduta al suo nemico, con atto vile e traditore?...»
Soffoco i miei pensieri mesti e m’ingegno di capire il funzionamento complesso del moderno parcometro… e poi entriamo.
Dentro, la Monteriggioni di oggi, è perfettamente uguale ad un qualsiasi altro borgo turistico d’Italia… e ce ne abbiamo una infinità.
I negozietti caratteristici stracolmi di oggetti esclusivi, gli stessi che troviamo a Vico Equense o a Tarvisio, a Pont St Martin o a Vieste o San Marino…
La stessa folla vociante di turisti cinemuniti a caccia di scorci esclusivi da aggiungere su face book ad innumerevoli altri praticamente identici, i tavolini dei bar per mettersi in mostra, turbinio di foulard e gonne colorate, gelatini preconfezionati e palloncini per i bambini…
«Cosa mi aspettavo? - ancora oziosamente penso - questa è l’Ialia di oggi, vista dal di dentro, proprio come quella che ricordi di aver visto anche tu, ai tuoi tempi, dalla stessa prospettiva.
Non è Monteriggioni che è mutata a austera a carnascialesca… Lei, come sempre rappresenta noi, ed il nostro essere… è stata costruita per questo, ed è rimasta fedele.
Era l’immagine della potenza di Siena, l’Emblema orgoglioso di una Italia liberata ed austera, ed ora la foto digitale di un quartiere marginale del Villaggio Globale… che c’è di strano?...»
Niente c’è di strano, se non io e le mie stolte romanticherie. Vado a rifugiarmi in Chiesa, che già so troverò vuota, a parlare un attimo col mio Dio, chiuso e silenzioso nella sua piccola teca, come sempre. Come sempre forse in attesa dell’uomo.
Per la visita del borgo, e dello scontato museo delle armature ci sarà tempo dopo.
Ed ancora, sempre più stolidamente mi viene da chiedere:
«Sarà un caso che le armi e l’onor cantati un tempo le abbiano messe qui apposta, in questo emblematico ed ora caciarone angolo d’Italia?...»
Lucio Musto 12 febbraio 2012
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Monteriggioni
A Monteriggioni io c’ero già stato, e ancora ne conservavo un ricordo dolce, fra l’avventuroso ed il fantastico. Un ricordo di bambino alla scoperta di una città segreta ed insieme autorevole, perché i grandi già ti avevano imposto rispetto.
Da quelle mura, niente meno, era nata la corona dell’Italia, quella delle banconote e dei bolli ufficiali, su quel volto nobile di donna che tutti ci rappresenta.
Ci inculcavano allora, non so se a scapaccioni o in altro modo, l’amor di Patria ed il rispetto di tutto quanto sacro, anche il modello ispiratore di un disegno emblematico… e noi ci credevamo!...
Dicevo dunque che Monteriggioni l’avevo già visitata una volta da bambino, e ne ricordavo il fascino.
Raggiungerla, quella volta, era stata una cosa lunga, sull’ansante corriera della SITA partita da Poggibonsi dove già c’eravamo arrivati con un viaggio in treno scuro di fuliggine della vecchia, piccola locomotiva sui pochi vagoncini a belvedere; ma lo zio Giovanni e zia Maria ci avevano allietato il percorso mostrandoci le mille meraviglie delle colline senesi, i luoghi del prezioso chianti, e mille mirabolanti storie sul lavoro dello zio, che da quelle parti era di casa.
Mi pare di ricordare, ma qui potrei sbagliarmi, di un lungo tratto da fare a piedi, in vista dell’imponente mole del castello lassù sul colle, ché la carrozzabile forse non arrivava ancora alle mura, ancora inviolabili come di tradizione storica… si sa, i senesi al mantenimento di certe integrità ci tengono… o ci tenevano molto.
Benissimo invece ricordo la mia impressione di bambino al superamento della porta est (la roccaforte, per comprensibili motivazioni storiche di inespugnabilità di porte ne la solo due, piccole, disagevoli, aperte nelle mura in direzioni opposte)…. l’impressione di entrare in un sacrario, una città morta cristallizzata in un tempo passato, il rudere di una fierezza sconfinata preservata per la memoria.
Ricordo di poche casupole deserte dall’aria vecchissima, di ciuffi d’erba, di una chiesa austera e silenziosa, di microscopici appezzamenti forse coltivati ad orto urbano o forse solo bizzarre macchie regolari di vegetazione, residuo di quanto il luogo viveva dello sferragliante suono di cavalieri in armi e corruschi gagliardetti sventolanti al vento.
Ma solo una immagine… a vederlo, il luogo appariva sospeso, pietrificato in testimonianza di passate, frenetiche attività.
Ed un ricordo bizzarro ho ancora di un dettaglio, adesso penso studiato ad arte dagli zii per dare maggiore enfasi alla visita. Subito dentro la cerchia possente delle torri e delle mura, gli zii accusarono stanchezza e sedettero sui gradini della chiesa:
«andate voi da soli, ragazzi, a visitare la città, che noi già la conosciamo e ci riposiamo un poco… ma state attenti e tornate presto!...»
Inconcepibile che gli zii mollassero la loro attenta sorveglianza su di noi, anche in quei tempi ingenui e buoni, e di grande effetto!... infatti lo ricordo ancora dopo mille anni!... Monteriggioni è certamente la prima città ad aver visitato senza guida…
Non, ripeto, che ci fosse molto da vedere… casupole vecchie (o antiche) come quelle di Siena, ma conservate peggio, scrostate, cadenti, muffose… qualche vicoletto dove scappare, un incrocio per rincontrarci fra noi bambini, una piazzetta… e di nuovo l’imponente muraglia e la discesa dell’altra porta spalancata verso i campi del grano e i vigneti… Tutto lì!
Evidentemente tornammo in fretta e non fummo rimproverati.
Volevo offrire quest’emozione antica anche a RO, ritrovandoci in viaggio da quelle parti, e ce l’ho portata… e l’imponente eterna fortezza s’è erta spavalda ed inespugnabile ancora una volta ai nostri occhi lassù sul suo colle, pronta ad un’altra pugna, ad un’altra difesa…
«Siena la protesse egregiamente - penso - e mai fu conquistata… Se non per il tradimento del suo capitano che l’orgoglioso baluardo svendette per denaro alla perfida Firenze…
Chissà se quella turrita cinta, ora onore e vanto dell’Italia dei francobolli, sarà egualmente protettrice?... e chissà se pure lei sarà ceduta al suo nemico, con atto vile e traditore?...»
Soffoco i miei pensieri mesti e m’ingegno di capire il funzionamento complesso del moderno parcometro… e poi entriamo.
Dentro, la Monteriggioni di oggi, è perfettamente uguale ad un qualsiasi altro borgo turistico d’Italia… e ce ne abbiamo una infinità.
I negozietti caratteristici stracolmi di oggetti esclusivi, gli stessi che troviamo a Vico Equense o a Tarvisio, a Pont St Martin o a Vieste o San Marino…
La stessa folla vociante di turisti cinemuniti a caccia di scorci esclusivi da aggiungere su face book ad innumerevoli altri praticamente identici, i tavolini dei bar per mettersi in mostra, turbinio di foulard e gonne colorate, gelatini preconfezionati e palloncini per i bambini…
«Cosa mi aspettavo? - ancora oziosamente penso - questa è l’Ialia di oggi, vista dal di dentro, proprio come quella che ricordi di aver visto anche tu, ai tuoi tempi, dalla stessa prospettiva.
Non è Monteriggioni che è mutata a austera a carnascialesca… Lei, come sempre rappresenta noi, ed il nostro essere… è stata costruita per questo, ed è rimasta fedele.
Era l’immagine della potenza di Siena, l’Emblema orgoglioso di una Italia liberata ed austera, ed ora la foto digitale di un quartiere marginale del Villaggio Globale… che c’è di strano?...»
Niente c’è di strano, se non io e le mie stolte romanticherie. Vado a rifugiarmi in Chiesa, che già so troverò vuota, a parlare un attimo col mio Dio, chiuso e silenzioso nella sua piccola teca, come sempre. Come sempre forse in attesa dell’uomo.
Per la visita del borgo, e dello scontato museo delle armature ci sarà tempo dopo.
Ed ancora, sempre più stolidamente mi viene da chiedere:
«Sarà un caso che le armi e l’onor cantati un tempo le abbiano messe qui apposta, in questo emblematico ed ora caciarone angolo d’Italia?...»
Lucio Musto 12 febbraio 2012
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