Per un uomo la donna è l’ora della verità. Questa era l’espressione efficace con cui Jaques Lacan, il grande psicoanalista francese, riassumeva in uno dei suoi famosi seminari ciò a cui un uomo poteva venire esposto, quando incontrava nella sua vita una donna.
A cosa viene esposto dunque un uomo quando incontra nella sua vita una donna? Lacan dice, a qualcosa di ingovernabile, il ’’senza fondo’’ del femminile che di solito viene ridicolizzato dalla nota formula: ’’sono tutte puttane’’. Quando gli uomini affermano, pensano o fantasticano che la donna sia una puttana stanno provando a ridurre difensivamente la problematica dell’infinitezza, dell’illimitatezza propria del femminile.
Cos’è questa infinitezza? Cosa esprime? E’ un qualcosa che ’’sfugge in continuazione’’, l’irriducibile di ogni donna che nessun oggetto, nessuna somma di denaro, nessuna cosa potrà mai trattenere, è il tempo nella fisica contemporanea come diceva Proust a proposito della sua Albertine. Ecco perché Lacan distingueva, per meglio comprendere ciò, i modi di godimento sessuale maschile e femminile: mentre il primo ruota attorno all’avere, alla misura, al controllo, al principio di prestazione e alla sua moltiplicazione seriale (l’ ’’idiozia del fallo’’), quello femminile appare invece senza misura, irriducibile ad un organo, invisibile, infinito, non sottomesso all’ingombro fallico. Ebbene, il ’’sono tutte puttane’’ è la forma con cui gli uomini esorcizzano l’incontro con questo godimento, è una difesa per proteggersi da ciò che non intendono e non riescono a governare, è il loro modo idiota di appiattire la spigolosità angosciante che questa infinitezza costituisce. Lo si intuisce chiaramente, durante il rapporto sessuale. Il godimento femminile anatomicamente non si vede, non può essere rappresentato, non ha un bordo, un confine, un limite perché è privo di organo in tal senso. Davanti al corpo di una donna l’uomo non può fingere, o ha l’erezione o non ce l’ha, mentre una donna ben può fingere costringeno l’uomo rispondere o meno fallicamente al suo corpo e al suo desiderio.
Ma il rapporto erotico, nel suo più alto significato, il rapporto di coppia dunque, continua Lacan, non dev’essere caratterizzato da un godimento senza limiti, inteso appunto come appropriazione totale dell’Altro, risultato di una rivendicazione di un diritto di proprietà assoluto (di vita e di morte). Ci dev’essere il desiderio dell’Altro inteso come esperienza del non-tutto, della differenza assoluta e della separazione. Questi tre incontri ci rendono consapevoli che non si può godere di tutto (la violenza sessuale), non si può sapere tutto (la gelosia patologica), non si può avere tutto (il rapporto possessivo e l’idealizzazione dell’altro). L’incontro con l’Altro è esperienza del proprio limite. Ecco perché la condizione che rende possibile l’amore, come forma pienamente umana del legame, è la capacità di restare soli, di accettare il proprio limite. Lacan c’ha visto giusto.
Un uomo che perseguita, colpisce, minaccia o uccide la donna che lo ha deluso, tradito, abbandonato è un uomo che non riesce a interrogarsi sulle ragioni del fallimento della sua vita amorosa, che non riesce a misurarsi con la propria solitudine, mostrando come per lui il legame esisteva solo in funzione di una protezione fobica rispetto alla solitudine (che senso ha vivere infatti sotto lo stesso tetto coniugale insieme a moglie e amante, ’’affollando’’ in tal modo la casa?).
Nulla come la violenza sulle donne calpesta ciò che Lacan chiamava la ’’legge della parola’’, il comandamento etico di ogni Civiltà, che afferma che ciò che costituisce l’umano è l’esperienza del limite. E quando questo limite viene valicato non resta altro che distruzione, odio, rabbia, annientamento di sé e dell’altro. Si finisce per ammazzare l’altro e poi suicidarsi perché l’uomo, dal mancato incontro con il limite, con la parola, intesi nel modo spiegato da Lacan, non può sopportare di non essere più tutto per la sua donna quindi la uccide per non riconoscere che in realtà non è niente senza di lei.
Amare il totalmente diverso da sé è veramente un’impresa dice Lacan, amare la legge della parola, saper guardare nell’abisso che ognugno di noi è, è arduo perché genera a volte angoscia profonda, il più delle volte nell’uomo. Ha tutta l’aria di un sfida con noi stessi. Perché ci fa capire, come insegna Lacan, quanto la nostra soggettività sia fragile e conservatrice appena mette il naso fuori da quella finestra fin troppe volte chiusa che siamo soliti chiamare IO. (.cit)
Ma più a monte, oltre i generi, è la sconfitta-compimento di un amore impossibile in quanto "amare significa dare ciò che non si ha", lo scarto tra amore e desiderio che eccede sempre, in quanto desiderio d'Altro, la promessa di completezza che nella relazione d'amore non ha mai luogo...