In sua assenza l'uomo vive in una condizione di perenne minaccia che lo rende una belva infelice tra belve infelici. Per essere Uomo ( con tutte quelle belle qualità che tanto ci piacciono) deve essere suddito del potere supremo.
Questa svolta non avviene perchè l'uomo ha in sé un qualcosa che lo conduce “ a migliorarsi”. Ma si verifica proprio perchè l'uomo è una bestia feroce che persegue solo il proprio interesse.
Lo Stato garantendo prosperità attraberso la relazione obbedienza/protezione è il suo primo interesse.
E il cerchio si chiude.
Questo è il bello della filosofia.
Raramente nella vita accade.
Comunque, quali riflessioni possiamo imbastire su queste cose che Hobbes, non avendo ne il televisore ne internet, ha avuto il desiderio di scriverci?
Inizio io.
- Ciò che conduce l'uomo a costruire il potere e ad assoggettarsi ad esso è l'interesse
- L'essere soggetto ad esso coincide con il suo interesse
Nel potere si esprime quindi la vera ferinità dell'uomo?
Il potere è quindi la sintesi di tante sopraffazioni singole cristallizate in un'istituzione?
E ancora
Se l'uomo diventa Uomo solo se soggetto al potere assoluto, allora egli se fosse libero di agire sarebbe una belva e le sue azioni buone e belle, sono la menzogna obbligata di uno schiavo?
La possibilità di essere liberi e non subordinati ha come unico possibile sbocco un moltiplicarsi di lotte?
Davvero può esserci l'Uomo laddove c'è libertà?
È ragionevole ricercare la libertà e/o rispettarla?
Quali effetti ha sull'uomo l'assenza di un potere o l'esercizio di un potere che non sia supremo?
Ecc...
Mi fermo.
Proviamo a pensarci su. Ma “in concreto”. Anche se le “teorie circolari” sono stupende favole della buona notte