I teorici dei sistemi sociali hanno insistito nel definire qualsiasi sistema sociale come un aggregato regolato da leggi e il sistema stesso è al centro delle riflessioni sul potere. Ognuno di noi può constatare l'onnipresenza del potere e la sua pervasività che informa ogni aspetto della vita individuale e sociale, dall'unità minima e primaria quale è la famiglia, alle nostre istituzioni più semplici come la scuola, fino ai sistemi più complessi. I portatori del potere sono tali, oltre che in virtù dell'interdipendenza del sistema, anche perchè sono i portavoce più rappresentativi di idee già presenti che incarnano ed esprimono sia in qualità di sostenitori che di trasgressori.
La figura archetipica del potente mantiene queste caratteristiche nelle varie epoche e nei vari contesti. Questa ripetitività rende il rappresentante del potere riconoscibile e per questo rende difficile storicizzarlo, cio capire in cosa consiste il suo potere concretamente ( ovvero comprenderlo politicamente).
Si sono susseguiti perciò, con varia fortuna, i padroni della terra e hanno formato la classe che domina la società con la sua ricchezza e con i suoi privilegi. Vivono in modo diverso da i non potenti e questa loro diversità si fonda sul mito della irraggiungibilità, dell'appartenenza a una "casta" di "separati", mito alimentato e rafforzato dai mass-media, che costruiscono sui potenti vere e proprie saghe e leggende ( tutto esattamente come secoli fa).
Eppure basta una breve disamina di quelle che sono le più evidenti debolezze dei potenti per capire che gli “allori” nascondono la beffa, e che dietro le sembianze di un forte si cela spesso un soggetto sofferente di una profonda sterilità psichica. Il legame perverso che si instaura tra chi domina e chi è dominato trasforma il potere in una sorta di malattia sociale.
Aldo Carotenuto ha evidenziato come alla base di ogni forma di dominio vi sia una palese incapacità creativa che si risolve in bisogno di reprimere l’originalità altrui. I potenti vivono con “l'idea che la propria affermazione sottintenda necessariamente l'esclusione o il fallimento di altri" e sentono l'esigenza "di dominare i propri simili”. Per queste persone l’atto creativo è la testimonianza di una capacità di vivere che manca loro. La volontà di esercitare il controllo sull'altro nasce dall'invidia e da un profondo sentimento di vuoto e di sterilità .
Ecco dunque colto il legame tra desiderio di potere e disagio esistenziale irrisolto: la mortificazione delle potenzialità creative genera la paura di vivere, la paura dell’altro, la paura di lottare per la vita. Questa paura, che è la negazione stessa della vita, è il disagio che si cela dietro la maschera di ogni potente.
All’apparenza tutto ciò non dovrebbe costituire un problema per la società ma, quando a queste persone ne corrispondono altre che, avvertendo la propria debolezza, hanno bisogno dell’"uomo forte" che li rassicuri e li riscatti dalle loro paure, il pericolo diventa collettivo e la sua portata assume dimensioni allarmanti.
Di questo fascino si può discutere e si dovrebbe farlo.
N.b.
Se vi interessa se ne occupano questi autori:
Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Freud
Psicologia delle folle , Le Bon
Il fascino del potere, Carotenuto
... e Fromm
La figura archetipica del potente mantiene queste caratteristiche nelle varie epoche e nei vari contesti. Questa ripetitività rende il rappresentante del potere riconoscibile e per questo rende difficile storicizzarlo, cio capire in cosa consiste il suo potere concretamente ( ovvero comprenderlo politicamente).
Si sono susseguiti perciò, con varia fortuna, i padroni della terra e hanno formato la classe che domina la società con la sua ricchezza e con i suoi privilegi. Vivono in modo diverso da i non potenti e questa loro diversità si fonda sul mito della irraggiungibilità, dell'appartenenza a una "casta" di "separati", mito alimentato e rafforzato dai mass-media, che costruiscono sui potenti vere e proprie saghe e leggende ( tutto esattamente come secoli fa).
Eppure basta una breve disamina di quelle che sono le più evidenti debolezze dei potenti per capire che gli “allori” nascondono la beffa, e che dietro le sembianze di un forte si cela spesso un soggetto sofferente di una profonda sterilità psichica. Il legame perverso che si instaura tra chi domina e chi è dominato trasforma il potere in una sorta di malattia sociale.
Aldo Carotenuto ha evidenziato come alla base di ogni forma di dominio vi sia una palese incapacità creativa che si risolve in bisogno di reprimere l’originalità altrui. I potenti vivono con “l'idea che la propria affermazione sottintenda necessariamente l'esclusione o il fallimento di altri" e sentono l'esigenza "di dominare i propri simili”. Per queste persone l’atto creativo è la testimonianza di una capacità di vivere che manca loro. La volontà di esercitare il controllo sull'altro nasce dall'invidia e da un profondo sentimento di vuoto e di sterilità .
Ecco dunque colto il legame tra desiderio di potere e disagio esistenziale irrisolto: la mortificazione delle potenzialità creative genera la paura di vivere, la paura dell’altro, la paura di lottare per la vita. Questa paura, che è la negazione stessa della vita, è il disagio che si cela dietro la maschera di ogni potente.
All’apparenza tutto ciò non dovrebbe costituire un problema per la società ma, quando a queste persone ne corrispondono altre che, avvertendo la propria debolezza, hanno bisogno dell’"uomo forte" che li rassicuri e li riscatti dalle loro paure, il pericolo diventa collettivo e la sua portata assume dimensioni allarmanti.
Di questo fascino si può discutere e si dovrebbe farlo.
N.b.
Se vi interessa se ne occupano questi autori:
Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Freud
Psicologia delle folle , Le Bon
Il fascino del potere, Carotenuto
... e Fromm