biba ha scritto:Sei una creatura più unica che rara...
Il discorso della casa però si potrebbe riformulare, così come quello del chattare (qui anche se è un forum, si conversa quasi come in una chat).
Ti capisco quando dici di sentire la necessità di sperimentare una solitudine profonda.. non c'è posto migliore di questo, dove la maggiorparte delle volte si è contraddetti e giudicati (spesso con termini tipo "usa meglio le tue sinapsi") per il solo fatto di non condividere un'atteggiamento spigoloso, in risposta ad una tua affermazione, che per quanto ostile alla comunità, è sempre un tuo modo personale di vedere le cose, ma, va be', non usciamo dai binari..
L'utilizzo di altri utenti come protesi, a tuo dire (termine per me molto simpatico, causa lavoro) è un orrore, ma molto probabilmente, è un piacere che solletica la psiche di molte persone, ed è per questo che mi chiedo, come sia possibile creare una dipendenza tale, da oscurare la vita reale quotidiana e deporla all'ombra di questa virtuale, siamo così tesi e preoccupati del nostro aspetto fisico, da sentirci più "noi stessi" dietro una tastiera? Io mi riferisco soprattutto ai sentimenti che nascono, alla voglia di interloquire mentalmente con persone di cui sappiamo poco o nulla. E' l'insicurezza e quindi la sicura mancanza di un giudizio sull'aspetto fisico che fa da padrona a queste situazioni?
O una metamorfosi della moderna fase di innamoramento..
L'utilizzo di altri utenti quali protesi a solleticare la psiche di molte persone è un orrore originato da un errore percettivo. Si presume che oltre lo schermo vi siano degli ut-enti che si relazionano tra loro attraverso il linguaggio/scrittura quando non esiste che un immenso flusso di esperienze variegate, un unico fiume di immagini che uniscono l'interno e l'esterno. Non una "persona" che usa il linguaggio ma delle convenzioni grammaticali che creano l'illusione di un parlante/scrivente.
E la scrittura è frammento - mai totalità di senso - che ri-vela (non rivela), cioè nasconde sempre nuovamente il presunto interlocutore del quale nulla si può sapere e che anzi vanisce in proporzione al suo di-scriversi.
Una volta venuta meno l'illusione di un "io" anche le preoccupazioni inerenti l'aspetto fisico non hanno senso. Il pudore, la vergogna originano dall'idea di essere un "io", un'animuccia che "ha" un corpo e teme di essere oggettivata e considerata solo esteriormente, da uno sguardo "prensile", che desidera o rifiuta. Ma io non ho un corpo (malgrado il mio apparire fosse di estremo fascino
) ma "sono" un corpo. E nemmeno quello. "Sono" un insieme di sensazioni tattili, di temperature, pressioni, tensioni, rilassamenti in continuo divenire che solo la percezione ottica e la memoria "vedono" come un intero, ma è anche questa un'immagine mentale.
Ma ad essere romantici potremmo dire che nemmeno nell'esperienza dell'innamoramento si può sapere nulla di un "me".
La comunità degli amanti è tale soltanto nell'ombra che tiene i corpi sullo sfondo dell'anima, che ne impedisce la nudità sovrana dove l'anima si annullerebbe.