Un antico cofanetto
Non era la classica lucerna di bronzo, ma un cofanetto istoriato di legno scuro.
Lo trovai nella vecchia soffitta, non so nemmeno più perché c’ero andato, e mi incuriosì a prima vista per il suo aspetto “vecchio”. Non “antico”, solo incredibilmente vecchio. Può darsi per la polvere che lo incrostava o gli infiniti fili di ragnatela tesi fra uno sbalzo e l’altro dell’intarsio, ma sopratutto più per la sua forma, gradevole e bizzarra.
D’istinto lo presi per aprirlo: c’era solo un piccolo scrocco di un metallo rossiccio. Dentro, era foderato con quei cuscinetti trapuntati i raso che spesso si trovano nei portagioie; pulito e ben conservato. Il cofanetto era pieno per metà, occupato da un’unica massa traslucida di aspetto setoso, una specie di bombolone di melassa azzurra con riflessi d’argento. “Non si attacca né bagna le pareti” – pensai oziosamente.
Immediatamente la sostanza cominciò a gonfiarsi, rapidamente da stupirmi ma non tanto da spaventarmi: ebbi il tempo di appoggiare il cofanetto in terra prima che traboccasse. Cresceva come una nuvola di vapore, dilatandosi dall’interno, come in grosse bolle e volute, come fosse una nebbia densa e untuosa, pian piano assumendo l’aspetto indistinto e maestoso che ci è familiare per averlo visto in mille illustrazioni.
In pochi secondi il Genio della Lampada era già alto quanto me, e cominciò a parlare.
In verità non so se parlasse davvero o, come succede spesso nei racconti di fantascienza, mi trasmettesse solo i concetti lasciando al mio cervello il compito di rivestirli di parole. Ma non importa; più o meno disse:
«Mi spiace che tu abbia aperto lo scrigno così improvvisamente, senza darmi il tempo di prepararmi adeguatamente; di solito il rito è preceduto da esorcismi, manipolazioni e sfregamenti, frasi magiche e preghiere, fumi di resine ed altro… ma non importa, tanto per me quelle cose non contano granché…. Eccomi dunque.
Hai risvegliato il mio sonno, ed immagino tu voglia esprimere i tuoi desideri, realizzare i sogni, far trovare a me le risposte ai tuoi dubbi e cercare quelle improbabili soluzioni che sei troppo pigro per cercare da solo….
Ebbene eccomi, sono al tuo servizio e puoi chiedere.
Comandami, e realizzerai quello che vuoi: sempreché naturalmente tu segua le regole…».
«Quale?, quella dei tre desideri?… da dire in fretta e con le dita incrociate?…»
subito sospettoso di qualche possibile inghippo o dell’immancabile trucco cercavo di premunirmi, sondare i termini del contratto, ricacciando lo stupore che pure mi urgeva dentro per la paradossale situazione in cui mi trovavo.
«No… no. Quelle sono fantasiose colorate sciocchezze inventate dai vostri novellatori.
Intendevo le regole semplici e logiche che bisogna tener presenti nel fare le richieste…e che vedo non ricordi.
Te le ripeterò, così stai attento! – mi sembrava un po’ spazientito – eppure…, sono così semplici!…
Primo: non puoi fare richieste assurde, sennò me ne torno immediatamente a dormire.
Secondo: non puoi fare richieste contrastanti, nel senso che non puoi pentirti. Fatta la richiesta, io opero il cambiamento nel continuo dell’universo ed il cambiamento è definitivo.
Terzo: puoi pensarci su quanto ti pare, e puoi farne quante te ne pare, ma nel momento che pronunci le richieste devi essere chiaro ed univoco.
Io non voglio essere accusato di interpretare male nulla…e non voglio nemmeno interpretare!. Io sono un servo, e faccio “esattamente” quello che tu mi comandi.
Quarto e ultimo: più che una regola si può chiamare un avvertimento. Tieni ben presente che le tue richieste saranno “a pacchetto intero”, cioè ricorda che nella richiesta tu includerai automaticamente ogni possibile conseguenza del cambiamento che mi chiedi di fare nel continuo universale… per cui prima di parlare, pensaci molto, molto attentamente!.
Tutto qui.»
Era poco, troppo poco, e ci sentivo puzza di bruciato. Prudentemente:
«Posso farti qualche altra domanda, per chiarirmi qualche dettaglio?…»
«Certo, chiedi pure tutto quello che vuoi!…»
«Ecco, per esempio… che significa fare una richiesta assurda?, che è oltre il limite dei tuoi poteri?…limiti che io non conosco!»
Forse si indispettì perché la sua voce mi sembrò alterata:
«Chiariamo subito che “ammesso pure che io possa avere dei limiti”, non è certo forza o capacità o intelligenza tua quella di rilevarli.
“Tu”, puoi considerarmi onnipotente!. Parlando di richieste assurde, intendo proprio “assurde”, cioè senza senso, come solo voi umani riuscite a fare!…
Mi spiegherò con un esempio semplice – il tono s’è fatto saccente – in modo tu possa capire bene. Se tu dovessi chiedermi… diciamo un triangolo con quattro angoli, questa sarebbe una richiesta assurda, perché è nella definizione stessa di triangolo il fatto che abbia tre angoli.
E “nessuna cosa”, fosse pure una diavoleria di qualche strana dimensione o immaginario diverso tempo che sia chiamabile “angolo”, può aggiungersi ad un “tri-angolo” senza stravolgerne la natura: Chiaro?»
Chiaro, e perfino troppo banale; e volli insistere:
«Ma chi vuoi che sia così idiota da chiedere un triangolo con quattro angoli!…»
«Ce ne sono…, ce ne sono!. Il mio è certo solo un esempio, ma di richieste assurde ne fanno in tanti…purtroppo,… praticamente tutti! …». Ora mi sembrava davvero sconsolato.
«E… potrei fare… una richiestina piccola, di prova, per vedere se ho capito bene?… una richiestina non compromettente?… tanto hai detto che non è imperativo il limite di tre…».
Francamente non mi fidavo ancora dell’immenso potere che sembrava essermi capitato fra le mani.
«Certo!, chiedi pure senza paura!…il limite di tre domande non esiste! – ridacchiò malignamente fra sé – forse la diceria nasce dal fatto che difficilmente qualche umano riesce a fare più di tre domande senza incasinare tutto il continuo universale!»
«Diciamo… vorrei subito un panino… col prosciutto. Un panino col prosciutto piccolo e buonissimo… il panino più buono dell’universo!… adesso!!».
Non accadde assolutamente nulla, mi parve.
Io lì, fermo come un baccalà ed il mio Genio della Lampada, alto forse due metri e mezzo, a fluttuare silenzioso attorcendosi nella sua luce azzurrina un poco più in là, nella polverosa soffitta. Mi agitai un po’ inquieto, guardandomi attorno… per vedere sul piano sporco di un tavolinetto zoppo un candido piattino di ceramica… con il mio panino. Doveva essere sbucato dal nulla, silenzioso ed istantaneo. Io non avevo percepito alcun rumore, non un movimento, non un soffio.
Ma il panino!… ragazzi, è davvero da non potersi dire!… che panino!…
Avevo esplicitamente chiesto il panino al prosciutto più buono dell’universo, e nessun dubbio che quello lo fosse!… che squisitezza, che dolcezza!, che soave voluttà per il palato!… non ve lo posso descrivere!
Lo avevo avuto. Certamente quello era il panino più buono che potesse esistere: l’assoluto di tutti i panini. Il mio Genio funzionava.
Ancora con quella delizia in mano, e dopo un poco nello stomaco, cominciai a pensare seriamente alle cose da chiedere.
Avrei chiesto cose importanti, quelle grosse e definitive.
Dovevo chiedere cambiamenti decisivi, miglioramenti fondamentali per tutti, per l’umanità intera.
Richieste chiare, senza possibilità di ripensamenti, complete di ogni immaginabile conseguenza, aveva specificato il Genio, e certamente sapeva quel che diceva.
Occorre essere prudenti e valutare tutto. Per non far guai irreparabili.
Ma in fondo, che diamine!, non occorre nessuna chiaroveggenza per individuare i bisogni fondamentali dell’Umanità… sono sotto gli occhi di tutti! Le conosciamo tutti le esigenze primarie ed i beni irrinunciabili!… Ce lo hanno ripetuto mille volte ed i concetti sono chiari.
Attenzione ci dovrà semmai essere sul come come porre le domande, evitando ogni piccolo equivoco… Ha un’aria da furbacchione, questo Genio!… e poi si sa, è sempre meglio essere prudenti, con la servitù…. “Nemici pagati!”, dicevano i nostri nonni.
Prima di tutto, la salute. E’ certo che sia la cosa fondamentale… Milioni di persone, e bambini che muoiono di lebbra, di malaria, di spaventose, sporche, malattie tropicali!…
Non che la gente non debba morire, intendiamoci!… ma a tempo debito, ed in modo decoroso, con malattie decenti e poco dolorose, che non devastino il corpo e lo spirito…
Certo, anche allo spirito, occorre pensare. La salute dell’anima è troppo importante!… ne va della vita eterna, del Paradiso, della Salvezza!…
Ma prima il cibo.
Quello è davvero un bisogno primario. Se la gente ha fame, tanta fame da star male, non può certo ragionare, e nemmeno pensare a salvarsi l’anima. Prima la fame e la sete: la fame e la sete del corpo, la fame e la sete di giustizia…
No. Troppe cose insieme. Mettiamole prima in fila, poi valutiamole una ad una, e per ognuna formuliamo esattamente la inequivoca richiesta…
Allora… Salute, cibo, democrazia, religione, benessere… Forse il “Benessere” è terreno troppo accidentato: si rischia di rovinare tutto. Lasciamolo per dopo.
“Salute per tutti”. Certo questa è la cosa che mi sembra più importante. Perché i bambini possano diventare grandi ed avere la loro opportunità, perché i grandi possano distogliere la mente dal dolore e giudicare la vita anche per la gioia… e magari la serenità, che è un gradino più in su.
Nessun bambino morto, innanzi tutto. I bambini morti sono quelli che mi angosciano di più… e nemmeno malati!… Ma quelli che più ti fanno star male sono quelli che muoiono per fame, denutrizione e disidratazione. Uno, nel mondo, ogni otto secondi… , ogni tre secondi, secondo altre stime.
Bambini che starebbero bene solo se mangiassero un pochino, non bambini attaccati dalla malattia o uccisi dai leoni o sfortunati vittime di incidenti e guerre. Quelli sono altri, che pure soffrono e muoiono… poverini.
Poi ci sono i loro papà e le loro mamme, colpevoli solo di essere nati in un posto sbagliato della terra: magari a pochi chilometri di distanza da un paese opulento e felice… tutta gente innocente da salvare.
Sono pronto, sono convinto: è certamente la vita, la prima cosa da chiedere al Genio.
Mi impegno per preparare la richiesta nel modo migliore possibile anzi, in modo perfetto. Il Genio l’ha detto chiaramente, ripetendomi le regole: “nessuna ambiguità”, ed aveva l’aria furbetta di chi ti vuole fregare. Ma io sarò assolutamente preciso…. “…nessuna ambiguità” ha detto e “… ogni conseguenza” … “ogni conseguenza”.
Mi ricordo di certi calcoli che feci anni fa, e che inserii in un saggio dal titolo… “Tredici e venti” sull’incremento demografico mondiale.
E mi tornano in mente le variazioni della popolazione che calcolai in funzione dei tassi di mortalità infantile e precoce mondiale.
Rivedo come le previsioni conducessero ineluttabilmente all’estinzione del genere umano nel giro di pochi anni, se si volesse prescindere dalla mattanza in atto di tante etnie e gruppi sociali.
E la conclusione drammaticamente inequivoca: sarebbe indispensabile una drastica costante riduzione della natalità per poter auspicare, ma solo fra alcune generazioni, una significativa riduzione della mortalità.
Sennò è inevitabile il caos, la guerra totale per l’accaparramento delle risorse e la distruzione di ogni popolo e nazione, l’estinzione della razza!…
Appena in tempo!… Per quanto buona e santa sembri, nell’interesse dell’umanità la richiesta della salute universale è meglio non farla, al Genio potente.
Ripiego su pretese meno ambiziose.
Potrei chiedere che non si fabbricassero più armi, che certamente sono una cosa cattiva e anche che divenissero contemporaneamente inutilizzabili tutte quelle che esistono oggi nel mondo.
Certo sarebbe un grosso guaio per i fabbricanti di fucili e gli armaioli, per i cacciatori, i grassatori, i militari, gli attori di film western, i terroristi e i carabinieri…ma un indiscutibile vantaggio per tutti noialtri… che siamo la stragrande maggioranza della gente!…
Niente più morti ammazzati e faide fra i clan della camorra, niente bombardamenti, niente attacchi terroristici ed autobombe!
Pensiamoci bene: nemmeno la sana aggressività umana ne avrebbe un danno, ché le nostre controversie potremo sempre risolverle riempendoci di cazzotti!…
Chiedo… O c’è qualche inghippo?…
Ecco, le armi sono oggi il potere, e sono anche garanzia contro lo strapotere, e tutto il mondo si regge in precario equilibrio sul possesso delle armi e sulla possibilità di procurarsele.
Pensare un’umanità che d’un colpo rimanesse senz’armi è auspicare uno scenario apocalittico. Senza il potere dissuasivo della polizia ogni sciopero sarebbe una rivolta, ogni manifestazione un massacro, ogni partita di pallone una mattanza.
La guerra mondiale, la quarta prevista da Einstein, quella combattuta con pietre e bastoni, scoppierebbe nel giro di una settimana ed anche meno… per approdare forse ad un nuovo equilibrio mondiale, con meno vittime di quante ne potrebbero fare cannoni e bombe atomiche, ma l’umanità si ritroverebbe indietro di milioni di anni, in una civiltà dove solo la forza bruta ha ragione, solo il più robusto comanda un mondo di tanti Golia e nessun Davide!…
No, meglio pensarci bene, prima di chiedere l’eliminazione delle armi. Forse le armi potranno essere deposte dopo il trionfo assoluto della carità evangelica… ma non ci siamo ancora!
Forse qualche modificazione meno spettacolare della scomparsa delle armi, ma altrettanto profonda potrebbe andar meglio…
Per esempio, l’unificazione della lingua.
La comunicazione è comprensione, e la comprensione è accettazione dell’altro, rispetto, ed infine amore. Si certo, se tutti potessimo parlare lo stesso linguaggio, faremmo passi veloci verso la pacifica unità di tutto il genere umano.
Mi piacerebbe che si parlasse italiano in tutto il mondo, ma forse non sarebbe giusto; noi la nostra occasione l’abbiamo avuta già col latino dei romani, è bene che la lingua universale diventi un’altra.
Forse l’inglese, che ha già quasi il monopolio del mondo moderno, o il francese, che è l’idioma più musicale di tutti?… O forse il cinese, che col suo sistema pittografico affranca la lingua parlata da quella scritta, e così, pur potendoci capire tutti, ognuno potrebbe continuare a cantare le sue canzoni e scrivere le poesie coi ritmi della sua terra…
Già, perché poi, tutte le odi e i canti cantati da infiniti amanti, andrebbero perdute?…
O dovrei chiedere che tutti acquisiscano tutti gli idiomi del mondo?… no. Troppo complicato; farei nascere una nuova Babele…. Lasciamo perdere la lingua
Comincio a pensare che forse non è così facile ed immediato come sembrava risolvere i problemi dell’umanità, anche avendone i poteri.
Ma naturalmente tutto dipende dall’emozione che mi urge dentro per quest’occasione eccezionale che mi è capitata.
Devo solo calmarmi, ragionare con calma e cominciare a muovere le cose piano piano, un tassello alla volta per non creare repentini sconvolgimenti nel “continuo universale” come lo chiama il Genio.
Calma, ragionamento e ponderazione, mi ci vogliono.
E piano piano… aggiusto io tutte le cose:
«Genio!…».
«Si?… padrone?…»
«Mi confermi che posso avanzare tutte le richieste che voglio, che non ci sono limiti di tempo, e che tu puoi fare tutto quello che ti chiedo?…»
«Certo, padrone!… naturalmente rispettando le regole…»
«Si, si!… me l’hai già detto!… Allora adesso devi startene lì buono buono ad aspettare, perché io per cambiare bene il mondo ho bisogno di riflettere con calma sugli ordini da darti… e nel frattempo…»
«Si?…, padrone?…»
«Nel frattempo voglio un altro panino col prosciutto come quello di prima, anzi, ancora migliore di quello di prima!…adesso!»
Devo riconoscere che il comandare cosi me lo dà un certo piacevole senso di onnipotenza, ma naturalmente in me non c’è alcuna malizia… più che altro lo fo per gioco…
Il Genio si sta raggrinzendo rapidamente, e coagulandosi ritorna gelatinoso nel suo cofanetto. Con una voce che si fa rapidamente sempre più flebile, in fretta mi spiega:
«Te l’avevo detto, padrone, di non fare richieste impossibili. Quello di prima “era già” il panino al prosciutto più buono dell’universo… è assurdo che tu ne voglia uno “ancora più buono”!…».
In un momento è tutto finito.
Mi ritrovo con in mano un cofanetto vecchio pieno a metà con un bombolone di sego. So che non mi resta che richiuderlo e riporlo dove l’ho trovato.
Non sono riuscito a salvare il mondo. Nemmeno a renderlo un poco migliore.
Ho inciampato in un panino al prosciutto.
Forse è stato un bene. Qualche guaio magari l’avrei combinato davvero, come magari l’ha combinato qualcun altro che ha trovato il cofanetto prima di me…
Una cosa però l’ho imparata di certo: non sono ancora pronto ad essere Dio.
Lucio Musto 10 febbraio 2005
Non era la classica lucerna di bronzo, ma un cofanetto istoriato di legno scuro.
Lo trovai nella vecchia soffitta, non so nemmeno più perché c’ero andato, e mi incuriosì a prima vista per il suo aspetto “vecchio”. Non “antico”, solo incredibilmente vecchio. Può darsi per la polvere che lo incrostava o gli infiniti fili di ragnatela tesi fra uno sbalzo e l’altro dell’intarsio, ma sopratutto più per la sua forma, gradevole e bizzarra.
D’istinto lo presi per aprirlo: c’era solo un piccolo scrocco di un metallo rossiccio. Dentro, era foderato con quei cuscinetti trapuntati i raso che spesso si trovano nei portagioie; pulito e ben conservato. Il cofanetto era pieno per metà, occupato da un’unica massa traslucida di aspetto setoso, una specie di bombolone di melassa azzurra con riflessi d’argento. “Non si attacca né bagna le pareti” – pensai oziosamente.
Immediatamente la sostanza cominciò a gonfiarsi, rapidamente da stupirmi ma non tanto da spaventarmi: ebbi il tempo di appoggiare il cofanetto in terra prima che traboccasse. Cresceva come una nuvola di vapore, dilatandosi dall’interno, come in grosse bolle e volute, come fosse una nebbia densa e untuosa, pian piano assumendo l’aspetto indistinto e maestoso che ci è familiare per averlo visto in mille illustrazioni.
In pochi secondi il Genio della Lampada era già alto quanto me, e cominciò a parlare.
In verità non so se parlasse davvero o, come succede spesso nei racconti di fantascienza, mi trasmettesse solo i concetti lasciando al mio cervello il compito di rivestirli di parole. Ma non importa; più o meno disse:
«Mi spiace che tu abbia aperto lo scrigno così improvvisamente, senza darmi il tempo di prepararmi adeguatamente; di solito il rito è preceduto da esorcismi, manipolazioni e sfregamenti, frasi magiche e preghiere, fumi di resine ed altro… ma non importa, tanto per me quelle cose non contano granché…. Eccomi dunque.
Hai risvegliato il mio sonno, ed immagino tu voglia esprimere i tuoi desideri, realizzare i sogni, far trovare a me le risposte ai tuoi dubbi e cercare quelle improbabili soluzioni che sei troppo pigro per cercare da solo….
Ebbene eccomi, sono al tuo servizio e puoi chiedere.
Comandami, e realizzerai quello che vuoi: sempreché naturalmente tu segua le regole…».
«Quale?, quella dei tre desideri?… da dire in fretta e con le dita incrociate?…»
subito sospettoso di qualche possibile inghippo o dell’immancabile trucco cercavo di premunirmi, sondare i termini del contratto, ricacciando lo stupore che pure mi urgeva dentro per la paradossale situazione in cui mi trovavo.
«No… no. Quelle sono fantasiose colorate sciocchezze inventate dai vostri novellatori.
Intendevo le regole semplici e logiche che bisogna tener presenti nel fare le richieste…e che vedo non ricordi.
Te le ripeterò, così stai attento! – mi sembrava un po’ spazientito – eppure…, sono così semplici!…
Primo: non puoi fare richieste assurde, sennò me ne torno immediatamente a dormire.
Secondo: non puoi fare richieste contrastanti, nel senso che non puoi pentirti. Fatta la richiesta, io opero il cambiamento nel continuo dell’universo ed il cambiamento è definitivo.
Terzo: puoi pensarci su quanto ti pare, e puoi farne quante te ne pare, ma nel momento che pronunci le richieste devi essere chiaro ed univoco.
Io non voglio essere accusato di interpretare male nulla…e non voglio nemmeno interpretare!. Io sono un servo, e faccio “esattamente” quello che tu mi comandi.
Quarto e ultimo: più che una regola si può chiamare un avvertimento. Tieni ben presente che le tue richieste saranno “a pacchetto intero”, cioè ricorda che nella richiesta tu includerai automaticamente ogni possibile conseguenza del cambiamento che mi chiedi di fare nel continuo universale… per cui prima di parlare, pensaci molto, molto attentamente!.
Tutto qui.»
Era poco, troppo poco, e ci sentivo puzza di bruciato. Prudentemente:
«Posso farti qualche altra domanda, per chiarirmi qualche dettaglio?…»
«Certo, chiedi pure tutto quello che vuoi!…»
«Ecco, per esempio… che significa fare una richiesta assurda?, che è oltre il limite dei tuoi poteri?…limiti che io non conosco!»
Forse si indispettì perché la sua voce mi sembrò alterata:
«Chiariamo subito che “ammesso pure che io possa avere dei limiti”, non è certo forza o capacità o intelligenza tua quella di rilevarli.
“Tu”, puoi considerarmi onnipotente!. Parlando di richieste assurde, intendo proprio “assurde”, cioè senza senso, come solo voi umani riuscite a fare!…
Mi spiegherò con un esempio semplice – il tono s’è fatto saccente – in modo tu possa capire bene. Se tu dovessi chiedermi… diciamo un triangolo con quattro angoli, questa sarebbe una richiesta assurda, perché è nella definizione stessa di triangolo il fatto che abbia tre angoli.
E “nessuna cosa”, fosse pure una diavoleria di qualche strana dimensione o immaginario diverso tempo che sia chiamabile “angolo”, può aggiungersi ad un “tri-angolo” senza stravolgerne la natura: Chiaro?»
Chiaro, e perfino troppo banale; e volli insistere:
«Ma chi vuoi che sia così idiota da chiedere un triangolo con quattro angoli!…»
«Ce ne sono…, ce ne sono!. Il mio è certo solo un esempio, ma di richieste assurde ne fanno in tanti…purtroppo,… praticamente tutti! …». Ora mi sembrava davvero sconsolato.
«E… potrei fare… una richiestina piccola, di prova, per vedere se ho capito bene?… una richiestina non compromettente?… tanto hai detto che non è imperativo il limite di tre…».
Francamente non mi fidavo ancora dell’immenso potere che sembrava essermi capitato fra le mani.
«Certo!, chiedi pure senza paura!…il limite di tre domande non esiste! – ridacchiò malignamente fra sé – forse la diceria nasce dal fatto che difficilmente qualche umano riesce a fare più di tre domande senza incasinare tutto il continuo universale!»
«Diciamo… vorrei subito un panino… col prosciutto. Un panino col prosciutto piccolo e buonissimo… il panino più buono dell’universo!… adesso!!».
Non accadde assolutamente nulla, mi parve.
Io lì, fermo come un baccalà ed il mio Genio della Lampada, alto forse due metri e mezzo, a fluttuare silenzioso attorcendosi nella sua luce azzurrina un poco più in là, nella polverosa soffitta. Mi agitai un po’ inquieto, guardandomi attorno… per vedere sul piano sporco di un tavolinetto zoppo un candido piattino di ceramica… con il mio panino. Doveva essere sbucato dal nulla, silenzioso ed istantaneo. Io non avevo percepito alcun rumore, non un movimento, non un soffio.
Ma il panino!… ragazzi, è davvero da non potersi dire!… che panino!…
Avevo esplicitamente chiesto il panino al prosciutto più buono dell’universo, e nessun dubbio che quello lo fosse!… che squisitezza, che dolcezza!, che soave voluttà per il palato!… non ve lo posso descrivere!
Lo avevo avuto. Certamente quello era il panino più buono che potesse esistere: l’assoluto di tutti i panini. Il mio Genio funzionava.
Ancora con quella delizia in mano, e dopo un poco nello stomaco, cominciai a pensare seriamente alle cose da chiedere.
Avrei chiesto cose importanti, quelle grosse e definitive.
Dovevo chiedere cambiamenti decisivi, miglioramenti fondamentali per tutti, per l’umanità intera.
Richieste chiare, senza possibilità di ripensamenti, complete di ogni immaginabile conseguenza, aveva specificato il Genio, e certamente sapeva quel che diceva.
Occorre essere prudenti e valutare tutto. Per non far guai irreparabili.
Ma in fondo, che diamine!, non occorre nessuna chiaroveggenza per individuare i bisogni fondamentali dell’Umanità… sono sotto gli occhi di tutti! Le conosciamo tutti le esigenze primarie ed i beni irrinunciabili!… Ce lo hanno ripetuto mille volte ed i concetti sono chiari.
Attenzione ci dovrà semmai essere sul come come porre le domande, evitando ogni piccolo equivoco… Ha un’aria da furbacchione, questo Genio!… e poi si sa, è sempre meglio essere prudenti, con la servitù…. “Nemici pagati!”, dicevano i nostri nonni.
Prima di tutto, la salute. E’ certo che sia la cosa fondamentale… Milioni di persone, e bambini che muoiono di lebbra, di malaria, di spaventose, sporche, malattie tropicali!…
Non che la gente non debba morire, intendiamoci!… ma a tempo debito, ed in modo decoroso, con malattie decenti e poco dolorose, che non devastino il corpo e lo spirito…
Certo, anche allo spirito, occorre pensare. La salute dell’anima è troppo importante!… ne va della vita eterna, del Paradiso, della Salvezza!…
Ma prima il cibo.
Quello è davvero un bisogno primario. Se la gente ha fame, tanta fame da star male, non può certo ragionare, e nemmeno pensare a salvarsi l’anima. Prima la fame e la sete: la fame e la sete del corpo, la fame e la sete di giustizia…
No. Troppe cose insieme. Mettiamole prima in fila, poi valutiamole una ad una, e per ognuna formuliamo esattamente la inequivoca richiesta…
Allora… Salute, cibo, democrazia, religione, benessere… Forse il “Benessere” è terreno troppo accidentato: si rischia di rovinare tutto. Lasciamolo per dopo.
“Salute per tutti”. Certo questa è la cosa che mi sembra più importante. Perché i bambini possano diventare grandi ed avere la loro opportunità, perché i grandi possano distogliere la mente dal dolore e giudicare la vita anche per la gioia… e magari la serenità, che è un gradino più in su.
Nessun bambino morto, innanzi tutto. I bambini morti sono quelli che mi angosciano di più… e nemmeno malati!… Ma quelli che più ti fanno star male sono quelli che muoiono per fame, denutrizione e disidratazione. Uno, nel mondo, ogni otto secondi… , ogni tre secondi, secondo altre stime.
Bambini che starebbero bene solo se mangiassero un pochino, non bambini attaccati dalla malattia o uccisi dai leoni o sfortunati vittime di incidenti e guerre. Quelli sono altri, che pure soffrono e muoiono… poverini.
Poi ci sono i loro papà e le loro mamme, colpevoli solo di essere nati in un posto sbagliato della terra: magari a pochi chilometri di distanza da un paese opulento e felice… tutta gente innocente da salvare.
Sono pronto, sono convinto: è certamente la vita, la prima cosa da chiedere al Genio.
Mi impegno per preparare la richiesta nel modo migliore possibile anzi, in modo perfetto. Il Genio l’ha detto chiaramente, ripetendomi le regole: “nessuna ambiguità”, ed aveva l’aria furbetta di chi ti vuole fregare. Ma io sarò assolutamente preciso…. “…nessuna ambiguità” ha detto e “… ogni conseguenza” … “ogni conseguenza”.
Mi ricordo di certi calcoli che feci anni fa, e che inserii in un saggio dal titolo… “Tredici e venti” sull’incremento demografico mondiale.
E mi tornano in mente le variazioni della popolazione che calcolai in funzione dei tassi di mortalità infantile e precoce mondiale.
Rivedo come le previsioni conducessero ineluttabilmente all’estinzione del genere umano nel giro di pochi anni, se si volesse prescindere dalla mattanza in atto di tante etnie e gruppi sociali.
E la conclusione drammaticamente inequivoca: sarebbe indispensabile una drastica costante riduzione della natalità per poter auspicare, ma solo fra alcune generazioni, una significativa riduzione della mortalità.
Sennò è inevitabile il caos, la guerra totale per l’accaparramento delle risorse e la distruzione di ogni popolo e nazione, l’estinzione della razza!…
Appena in tempo!… Per quanto buona e santa sembri, nell’interesse dell’umanità la richiesta della salute universale è meglio non farla, al Genio potente.
Ripiego su pretese meno ambiziose.
Potrei chiedere che non si fabbricassero più armi, che certamente sono una cosa cattiva e anche che divenissero contemporaneamente inutilizzabili tutte quelle che esistono oggi nel mondo.
Certo sarebbe un grosso guaio per i fabbricanti di fucili e gli armaioli, per i cacciatori, i grassatori, i militari, gli attori di film western, i terroristi e i carabinieri…ma un indiscutibile vantaggio per tutti noialtri… che siamo la stragrande maggioranza della gente!…
Niente più morti ammazzati e faide fra i clan della camorra, niente bombardamenti, niente attacchi terroristici ed autobombe!
Pensiamoci bene: nemmeno la sana aggressività umana ne avrebbe un danno, ché le nostre controversie potremo sempre risolverle riempendoci di cazzotti!…
Chiedo… O c’è qualche inghippo?…
Ecco, le armi sono oggi il potere, e sono anche garanzia contro lo strapotere, e tutto il mondo si regge in precario equilibrio sul possesso delle armi e sulla possibilità di procurarsele.
Pensare un’umanità che d’un colpo rimanesse senz’armi è auspicare uno scenario apocalittico. Senza il potere dissuasivo della polizia ogni sciopero sarebbe una rivolta, ogni manifestazione un massacro, ogni partita di pallone una mattanza.
La guerra mondiale, la quarta prevista da Einstein, quella combattuta con pietre e bastoni, scoppierebbe nel giro di una settimana ed anche meno… per approdare forse ad un nuovo equilibrio mondiale, con meno vittime di quante ne potrebbero fare cannoni e bombe atomiche, ma l’umanità si ritroverebbe indietro di milioni di anni, in una civiltà dove solo la forza bruta ha ragione, solo il più robusto comanda un mondo di tanti Golia e nessun Davide!…
No, meglio pensarci bene, prima di chiedere l’eliminazione delle armi. Forse le armi potranno essere deposte dopo il trionfo assoluto della carità evangelica… ma non ci siamo ancora!
Forse qualche modificazione meno spettacolare della scomparsa delle armi, ma altrettanto profonda potrebbe andar meglio…
Per esempio, l’unificazione della lingua.
La comunicazione è comprensione, e la comprensione è accettazione dell’altro, rispetto, ed infine amore. Si certo, se tutti potessimo parlare lo stesso linguaggio, faremmo passi veloci verso la pacifica unità di tutto il genere umano.
Mi piacerebbe che si parlasse italiano in tutto il mondo, ma forse non sarebbe giusto; noi la nostra occasione l’abbiamo avuta già col latino dei romani, è bene che la lingua universale diventi un’altra.
Forse l’inglese, che ha già quasi il monopolio del mondo moderno, o il francese, che è l’idioma più musicale di tutti?… O forse il cinese, che col suo sistema pittografico affranca la lingua parlata da quella scritta, e così, pur potendoci capire tutti, ognuno potrebbe continuare a cantare le sue canzoni e scrivere le poesie coi ritmi della sua terra…
Già, perché poi, tutte le odi e i canti cantati da infiniti amanti, andrebbero perdute?…
O dovrei chiedere che tutti acquisiscano tutti gli idiomi del mondo?… no. Troppo complicato; farei nascere una nuova Babele…. Lasciamo perdere la lingua
Comincio a pensare che forse non è così facile ed immediato come sembrava risolvere i problemi dell’umanità, anche avendone i poteri.
Ma naturalmente tutto dipende dall’emozione che mi urge dentro per quest’occasione eccezionale che mi è capitata.
Devo solo calmarmi, ragionare con calma e cominciare a muovere le cose piano piano, un tassello alla volta per non creare repentini sconvolgimenti nel “continuo universale” come lo chiama il Genio.
Calma, ragionamento e ponderazione, mi ci vogliono.
E piano piano… aggiusto io tutte le cose:
«Genio!…».
«Si?… padrone?…»
«Mi confermi che posso avanzare tutte le richieste che voglio, che non ci sono limiti di tempo, e che tu puoi fare tutto quello che ti chiedo?…»
«Certo, padrone!… naturalmente rispettando le regole…»
«Si, si!… me l’hai già detto!… Allora adesso devi startene lì buono buono ad aspettare, perché io per cambiare bene il mondo ho bisogno di riflettere con calma sugli ordini da darti… e nel frattempo…»
«Si?…, padrone?…»
«Nel frattempo voglio un altro panino col prosciutto come quello di prima, anzi, ancora migliore di quello di prima!…adesso!»
Devo riconoscere che il comandare cosi me lo dà un certo piacevole senso di onnipotenza, ma naturalmente in me non c’è alcuna malizia… più che altro lo fo per gioco…
Il Genio si sta raggrinzendo rapidamente, e coagulandosi ritorna gelatinoso nel suo cofanetto. Con una voce che si fa rapidamente sempre più flebile, in fretta mi spiega:
«Te l’avevo detto, padrone, di non fare richieste impossibili. Quello di prima “era già” il panino al prosciutto più buono dell’universo… è assurdo che tu ne voglia uno “ancora più buono”!…».
In un momento è tutto finito.
Mi ritrovo con in mano un cofanetto vecchio pieno a metà con un bombolone di sego. So che non mi resta che richiuderlo e riporlo dove l’ho trovato.
Non sono riuscito a salvare il mondo. Nemmeno a renderlo un poco migliore.
Ho inciampato in un panino al prosciutto.
Forse è stato un bene. Qualche guaio magari l’avrei combinato davvero, come magari l’ha combinato qualcun altro che ha trovato il cofanetto prima di me…
Una cosa però l’ho imparata di certo: non sono ancora pronto ad essere Dio.
Lucio Musto 10 febbraio 2005