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Immagine e reputazione

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altamarea
altamarea
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato

Immagine e reputazione non sono due concetti in contrasto.

L’immagine e condizionata dalla reputazione e questa è influenzata anche dall’immagine.

Per immagine s’intende ciò che un individuo vuol far vedere di sé agli altri, anche se non rappresenta ciò che è.

L’immagine agisce sull’esteriorità, la reputazione sui comportamenti.

L’immagine viene comunicata in modo direzionale dal soggetto perché ne ha il pieno controllo e può decidere di modificarla come e quando vuole.
Invece la reputazione è una costruzione multi-direzionale tra l’individuo e gli altri. E’ gestibile ma non completamente controllabile dal soggetto; non può modificarla a proprio piacimento, perché esprime l’opinione che gli altri si fanno di lui; indica la stima e la considerazione di cui si gode.

L’immagine è creata nel presente ed è effimera, perciò necessita di interventi continui. Invece la reputazione ha radici nel passato, si sedimenta nel corso degli anni e dura a lungo.

L’immagine è parte del nostro essere ma è ampia la differenza tra l’immagine desiderata e quella percepita dagli altri.

Nell’ambiente in cui viviamo, in particolare in quello lavorativo, gli altri osservano continuamente i nostri comportamenti ed esprimono opinioni sulle nostre competenze, la personalità, l’impegno, esprimono il loro giudizio.

Il processo di costruzione della propria reputazione necessita di tempo.

L’antico filosofo greco Socrate credeva che “il modo per ottenere una buona reputazione sta nell’agire per essere ciò che desideri apparire”.

La buona reputazione è il capitale sociale di un individuo, di un’organizzazione, ed assicura credibilità e affidabilità.

Per evitare di restare paralizzati dal giudizio degli altri riguardo la propria immagine e la reputazione, è importante verificare sulla base di quali parametri si forma la loro opinione. Ovviamente “Chi ha coraggio fa anche a meno della reputazione”.

Quante vite spezzate, quanti sogni e progetti naufragati a causa della malvagia reputazione da parte di altri e ritenuta insopportabile!

Charlie Chaplin, a questo proposito, raccomandava: “Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”.

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altamarea
altamarea
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
La persona ha un valore sociale che dipende anche dalla reputazione che gli altri ne hanno . Per esempio, nell’ambito lavorativo le persone desiderano essere descritte come tecnicamente competenti, socialmente attive, di carattere forte, integre, impegnate nel lavoro, leali con il proprio gruppo di collaboratori.

Impossibile sapere con esattezza cosa gli altri pensano di noi o come ci descrivono. Possiamo ricevere un feedback tramite terze parti o  da altre situazioni ma si deve avere la capacità di interpretare.

La reputazione di una persona può essere lesa dalla diffusione di notizie denigratorie o dall’attribuzione di fatti che diminuiscono o  compromettono la dimensione sociale del soggetto, specie nell’ambito commerciale.

La diffamazione  offende la reputazione altrui ed è un reato che prevede la punibilità dal Codice penale.  Idem per l’ingiuria. Le due fattispecie  ledono l’onore altrui.

L’ingiuria tende ad offendere l’onore o il decoro di una persona presente, invece la diffamazione è costituita dalla comunicazione, effettuata con diverse persone, lesiva della reputazione di una persona assente al momento del fatto.

Secondo un recente studio la propria percezione morale ha facilità nell’attribuire colpe agli altri e difficoltà ad avere l’opinione positiva di una persona: è più semplice  far diventare peccatori che santi, è più facile che un pettegolezzo si trasformi in reputazione anziché riuscire a liberarsi di esso. Difatti per portare ad un miglioramento della percezione morale sono necessarie numerose prove che lo dimostrino, mentre per ottenere un’opinione negativa sono sufficienti pochi eventi.

La ricerca di psicologia sociale è titolata “The Tipping Point of Moral Change: When Do Good and Bad Acts Make Good and Bad Actors?” condotto da Nadav Klein e Ed O’Brien.

Immagine e reputazione Cattiva-reputazione-quando-%C3%A8-pi%C3%B9-facile-crearla-che-liberarsene-680x365

Tra auto-percezione e reputazione (che può essere positiva o negativa) c’è un necessario rapporto dialettico che coinvolge l’autostima e l’identità personale da un lato, e l’opinione degli altri su di noi, dall’altro.

La reputazione va distinta dalla stima, in quanto questa è espressione di un giudizio positivo da parte degli altri: il suo contrario è la disistima che veicola cattiva reputazione.

La dialettica tra senso-di-sé (auto-percezione, autovalutazione) e opinione altrui (reputazione) può creare nell’individuo un conflitto tra le due prospettive.

Un altro tema correlato è quello dell’interpretazione del ruolo sociale che rivestiamo, e delle “maschere” che indossiamo. Nel contesto relazionale e sociale non è possibile essere-se-stessi fino in fondo: si può cercare di esserlo nelle relazioni affettive nell’ambito familiare, ma nelle relazioni extrafamiliari  non sempre è possibile, ma neppure consigliabile.

the end

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tiziana
tiziana
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato

altamarea ha scritto:La persona ha un valore sociale che dipende anche dalla reputazione che gli altri ne hanno . Per esempio, nell’ambito lavorativo le persone desiderano essere descritte come tecnicamente competenti, socialmente attive, di carattere forte, integre, impegnate nel lavoro, leali con il proprio gruppo di collaboratori.

Impossibile sapere con esattezza cosa gli altri pensano di noi o come ci descrivono. Possiamo ricevere un feedback tramite terze parti o  da altre situazioni ma si deve avere la capacità di interpretare.

La reputazione di una persona può essere lesa dalla diffusione di notizie denigratorie o dall’attribuzione di fatti che diminuiscono o  compromettono la dimensione sociale del soggetto, specie nell’ambito commerciale.

La diffamazione  offende la reputazione altrui ed è un reato che prevede la punibilità dal Codice penale.  Idem per l’ingiuria. Le due fattispecie  ledono l’onore altrui.

L’ingiuria tende ad offendere l’onore o il decoro di una persona presente, invece la diffamazione è costituita dalla comunicazione, effettuata con diverse persone, lesiva della reputazione di una persona assente al momento del fatto.

Secondo un recente studio la propria percezione morale ha facilità nell’attribuire colpe agli altri e difficoltà ad avere l’opinione positiva di una persona: è più semplice  far diventare peccatori che santi, è più facile che un pettegolezzo si trasformi in reputazione anziché riuscire a liberarsi di esso. Difatti per portare ad un miglioramento della percezione morale sono necessarie numerose prove che lo dimostrino, mentre per ottenere un’opinione negativa sono sufficienti pochi eventi.

La ricerca di psicologia sociale è titolata “The Tipping Point of Moral Change: When Do Good and Bad Acts Make Good and Bad Actors?” condotto da Nadav Klein e Ed O’Brien.

Immagine e reputazione Cattiva-reputazione-quando-%C3%A8-pi%C3%B9-facile-crearla-che-liberarsene-680x365

Tra auto-percezione e reputazione (che può essere positiva o negativa) c’è un necessario rapporto dialettico che coinvolge l’autostima e l’identità personale da un lato, e l’opinione degli altri su di noi, dall’altro.

La reputazione va distinta dalla stima, in quanto questa è espressione di un giudizio positivo da parte degli altri: il suo contrario è la disistima che veicola cattiva reputazione.

La dialettica tra senso-di-sé (auto-percezione, autovalutazione) e opinione altrui (reputazione) può creare nell’individuo un conflitto tra le due prospettive.

Un altro tema correlato è quello dell’interpretazione del ruolo sociale che rivestiamo, e delle “maschere” che indossiamo. Nel contesto relazionale e sociale non è possibile essere-se-stessi fino in fondo: si può cercare di esserlo nelle relazioni affettive nell’ambito familiare, ma nelle relazioni extrafamiliari  non sempre è possibile, ma neppure consigliabile.

the end

Caro Altamarea,  
come va? Affronti tematiche difficili, bisognerebbe fare anche la brutta copia, se si avesse tempo.

Del mondo noi conosciamo i fenomeni, nostra rappresentazione, come dice anche Schopenhauer, quindi il mondo della nostra conoscenza è la nostra rappresentazione del mondo. Le infinite rappresentazioni appaiono ordinate nello spazio e nel tempo e legate tra loro dal principio di causalità.

Già la tragedia greca ci parlava di maschere, che sono le persone stesse, poi.

Avanzando negli anni abbiamo Pirandello che nel 1921, al teatro Valle a Roma, con " Sei personaggi in cerca d'autore" frantuma e distrugge tutto il teatro precedente ( Sei  personaggi sono stati creati da un autore che poi si ferma e non dà loro delle parti ma sono stati creati, e vanno alla ricerca di un autore che dia loro un ruolo, alla fine trovano un capo comico che dà loro un ruolo, ma non è quello che vorrebbero, è questa la famosa incomunicabilità tra uomo e uomo di Pirandello), poi ricordiamo sempre di  Pirandello "Uno, nessuno e centomila" ( ciascuno puo' essere percepito dagli altri come uno, nessuno o centomila), e poi il "Fu Mattia Pascal" dove l'autore pone l'accento sulla "forma" che ciascun uomo assume fin dalla nascita e dalla quale stenta a liberarsi.
E' una "forma" che scegliamo di avere,  o che ci viene imposta dagli altri per motivi di convivenza e di lavoro. E' difficile liberarsi dalla "forma" in cui siamo racchiusi, ed  è con questa che ci rappresentiamo agli altri.
Ciao.

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