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Crepuscolo degli idoli

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Cloroformio
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Viandante Residente
Viandante Residente
E' già la seconda volta - che al momento in cui scrivo corrisponde alla metà delle discussioni che ho aperto - che (ab)uso (di) un titolo nietzschiano. Ma tranquilli, non sono qui per tener banco su un noioso ciarlatano!
Piuttosto vorrei sottoporvi qualche considerazione, partendo (toh!) dalla mia esperienza.

Se mi chiedessero se volessi incontrare qualcuno su questo pianeta, o anche un cd. "personaggio storico", sarei abbastanza indeciso. Indeciso e grossomodo indifferente. Non avrei una preferenza e nemmeno una più o meno ampia cerchia di preferenze.

Questo non significa che non provi particolare stima per qualcuno. Stimo innanzitutto mio padre, ma anche qualche personaggio pubblico, vivo e morto. Credo che molti uomini (e qualche donna) abbiano avuto delle vite straordinarie e delle personalità eccezionali.
Di recente ho avuto la fortuna di incontrare uno dei pochi personaggi pubblici italiani che oggigiorno sono degni della loro notorietà, e in tale sede mi sono fatto autografare tre dei suoi libri. Nessuno era per me. E sebbene anche l'incontro reale non abbia affatto smentito che grande persona e affabile retore egli sia, l'emozione dell'incontro c'era, ma è stata relativa (per inciso, non era un incontro faccia a faccia: lì l'emozione ci sarebbe verosimilmente stata se non altro per l'imbarazzo). Conosco almeno una persona che avrebbe invece dato di matto al posto mio (una delle tre che ha ricevuto l'autografo).

Qual è la questione?
Che impazienza, è presto detto!

I grandi che hanno fatto la storia, in tutti i campi del sapere e dell'agire, sono dei modelli di riferimento per molti. E ispirarsi ai migliori (senza nulla togliere agli altri) non penso sia spregevole.
Per quanto mi riguarda non credo di aver mai avuto un idolo. Ogni essere umano, per quanto stimabile, per me rimane tale, frenando necessariamente sul nascere ogni credenza (ma per quel che mi concerne sarebbe meglio direi "illusione") di una qualche forma di superiorità o trascendenza. Per castrare ancora Nietzsche, per me ogni uomo è umano, troppo umano per poter essere un superuomo.
L'adorazione di un idolo non fa per me. Di modelli di riferimento ne posso avere; di eroi non penso; di divintà assolutamente no.

Prima di diventare il vostro idolo (anagramma di "l'odio" (ma anche, badiate bene, di "òdilo")), vorrei sapere da voi se potete dire altrettanto o se invece avete qualcuno che stimate molto più degli altri, che portate in palmo di mano, che dareste un braccio pur d'incontrare.

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NinfaEco
NinfaEco
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
[quote="Cloroformio"]
Qual è la questione?
Che impazienza, è presto detto!

Fa tutto da solo questo giovane virgulto Crepuscolo degli idoli 700819
Fermatelooooo! Crepuscolo degli idoli 753681

I grandi che hanno fatto la storia, in tutti i campi del sapere e dell'agire, sono dei modelli di riferimento per molti. E ispirarsi ai migliori (senza nulla togliere agli altri) non penso sia spregevole.
Per quanto mi riguarda non credo di aver mai avuto un idolo.
Manco io.
Ho però condiviso la mia vita per anni con una persona che benchè non stentasse ad autodefinirsi un genio, è sempre stato alla ricerca di maestri, come diceva lui... che poi erano tutti vissuti da lui come psuedo-padri di cui teneva molto a resta il figlio. Li seguiva, ammirava e sfidava.
Tramite lui ho compreso la bellezza di questa fantasia, ma non l'ho comunque mai sentita.
Vivo chi ne sa più di me come un'incontro maieutico. Ciò che nasce però lo vivo come mio, forse ignorando in parte un doveroso debito di riconoscenza, e lo inscrivo nel mio sentiero. Il punto credo sia che ci tengo profondamente alla mia visione del mondo anche se amo imparare, e che, pur essendo emotivamente fragilissima, non mi sento figlia di alcun padre.


Prima di diventare il vostro idolo (anagramma di "l'odio" (ma anche, badiate bene, di "òdilo")), vorrei sapere da voi se potete dire altrettanto o se invece avete qualcuno che stimate molto più degli altri, che portate in palmo di mano, che dareste un braccio pur d'incontrare.
Non ho nessun idolo, come ti ho detto ma l'elenco di chi stimo tende all'infinito.
Vado random, storici, letterai e fantastici
Hesse, Shakespeare, De Andrè, Rousseau, Socrate, John Lennon, Van Gogh, Rimbaud, Schiele, Calvino, Primo Levi, Don Chisciotte, Capitan Harlock, Bocca d'oro, Giuda e Gesù, il papa precedente prima che prendesse i voti, Rett Butler, James Dean, Keruac, Nicolò Cusano, Peppino Impastato, Churchill, Akira kurosawa, tutti i 7 samurai, il Gladiatore.....

3
Gèca
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Viandante Storico
Viandante Storico
Io mi porrei il problema del : Se ad uno di questi andasse d'incontrare me.
Per fortuna non lo saprò mai.

4
xmanx
xmanx
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Anche io lascio da parte idoli, unti da signore ecc... ecc...

Per quanto mi riguarda una persona è "grande" in funzione della portata e delle ripercussioni che le sue azioni hanno avuto sulla realtà. Ed è "grande" perchè si è mosso su ideali simili a quelli che animano me.

Non vorrei banalizzare ma...anche Hitler era un grande personaggio. Ma per me non è certamente un "grande".

Mi piacerebbe poter incontrare e stringere la mano a Mandela.

5
nextlife
nextlife
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Vi è indubbiamente qualche personaggio che stimo/ho stimato e che incontrerei/avrei incontrato volentieri, ma non elevo nessuno al rango di idolo.
La contenuta idealizzazione di un individuo, spesso processo desiderabile ed opportuno, è uno dei motivi che non permette tale elevazione.
Volendo poi entrare nel dettaglio, attesto che il mio concetto di stima il più delle volte è riferito ad un aspetto preciso, circostanziato, quantificabile. Esso quindi riesce ad estendersi alla totalità dell’individuo – e quindi ammantarlo nella sua interezza- esclusivamente nella misura in cui incontra aspetti a lui similari (dei quali peraltro non è affatto scontata la presenza) e quindi si costruisce una considerazione che dal particolare muove verso il generale.
~
Vorrei poi dire a Cloroformio -ma il tasso polemico è davvero ridotto- che mi pare una strategia insolita prefiggersi di castrare qualcuno avanzando proprio le riflessioni da quel qualcuno prodotte, fornendogli proprio il medesimo assetto semantico.
Forse vi è un fraintendimento di fondo, che scorgo anche nella connotazione che sembri fornire al concetto di “superuomo”.
Come dicevo in altra sede/circostanza, la focale Vattimo può aiutare non poco ad affrontare l’universo Nietzsche.

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Cloroformio
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Viandante Residente
Viandante Residente
nextlife ha scritto:Vorrei poi dire a Cloroformio -ma il tasso polemico è davvero ridotto- che mi pare una strategia insolita prefiggersi di castrare qualcuno avanzando proprio le riflessioni da qual qualcuno prodotte, fornendogli proprio il medesimo assetto semantico.
Forse vi è un fraintendimento di fondo, che scorgo anche nella connotazione che sembri fornire al concetto di “superuomo”.
Come dicevo in altra sede/circostanza, la focale Vattimo può aiutare non poco ad affrontare l’universo Nietzsche.

Decisamente d'accordo, circa il fraintendimento di fondo. Infatti la tua precisazione, che hai fatto bene a fare se la ritenevi opportuna, è frutto di un grosso fraintendimento. Con permesso e un tasso polemico ancor minore, mi permetto di chiarire l'infelice equivoco.

Forse per sbadataggine o poca accortezza, son caduto in quell'errore di dare per scontato qualcosa che evidentemente non lo era, non per tutti almeno. E cioè che fosse palese che non si trattasse di una discussione filosofica in senso stretto né, più specificamente, vi fosse alcun reale intenzione di parlare del filosofo di Rocken.
In effetti, ogni riferimento a Nietzsche ch'io abbia fatto in questa discussione non ha nulla che vedere con Nietzsche, come suggeriva anche l'inizio del mio discorso. Per essere più chiari ed evitare ulteriori inutili qui pro quo, il titolo di questa discussione è - come di certo Vattimo (e non solo) saprà - il medesimo di un'opera del filosofo tedesco. Ma fin da subito ho chiarito che non vi voleva essere alcun nesso. Per proseguire alla parte che ti ha fatto individuare "un'insolita strategia", ti confesserò che in tutta franchezza non v'era alcuna strategia, perché, in effetti, i nietzschiani testicoli, ch'ormai ricordano con nostalgia i tempi andati della putrefazione, non m'interessano. Proprio in quanto ho fatto ricorso a due espressioni mutuate dal vocabolario di Nietzsche - come il buon Vattimo, che ci segue sempre, non avrà mancato di (farti) notare - senza aver alcuna intenzione di proporre un'indagine sul suo pensiero, ho parlato di evirazione. Detto altrimenti, ho utilizzato espressioni cariche di un'eco profonda per spiegare qualcosa che così profondo non era. Avendo già chiamato in causa Nietzsche a sproposito, ho voluto rendere noto che (per usare una locuzione di più facile intendimento) "si sarebbe rivoltato nella tomba" a leggere quanto scrivevo. "Castrazione", quindi, come privazione del senso originario delle espressioni riportate.

Effettuato questo tedioso ma doveroso chiarimento, visto che ne hai approfittato per addentrarti nell'esegesi delle mie espressioni, ti rendo noto un altro tuo fraintendimento di fondo: dire che le espressioni che ho preso da Nietzsche abbiano "proprio il medesimo assetto semantico" che hanno nel loro autore equivale a dire quella che in gergo tecnico è definita "una stronzata".
Se ti sembra che "superuomo", che qui fondamentalmente uso come sinonimo generico di idolo, abbia qui "proprio il medesimo assetto semantico" che ha in Nietzsche, forse è il caso che Vattimo sia più chiaro nell'erudire i propri discepoli e nell'aiutarli ad affrontare l'universo Nietzsche.

Che altro dire? Solo un mio modesto parere: ribadito che nulla di nietzschiano v'era in questa discussione, non trovo per nulla "insolita" la strategia di "castrare qualcuno avanzando proprio le riflessioni da quel qualcuno prodotte, fornendogli proprio il medesimo assetto semantico". Innanzitutto, se uno utilizzasse un assetto semantico differente, si viaggerebbe su due piani semantici differenti e il confronto, ove fosse possibile, ne risulterebbe alterato e storpiato. In secondo luogo, se l'obiettivo è castrare qualcuno forse è proprio il caso di partire dalle sue riflessioni. Uso "partire" e non già "avanzare" perché, al di là di tutti i fraintendimenti possibili e immaginabili, penso sia tutto fuorché poco evidente che non ho avanzato nulla di nietzschiano, e che tutt'al più quelle espressioni avrebbero potuto far intendere una partenza (per effettuare una castrazione). Fondamentalmente, per concludere, credo che sia insolito che tu trovi insolita una strategia che di insolito non ha, a mio avviso, nulla.

7
nextlife
nextlife
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Converrai che non è inusuale trovare nelle strutture dialogiche che reggono un confronto concettuale, una buona dose di veemenza.
Se essa non è necessariamente un aspetto negativo, spesso si rende foriera di poco salubri manifestazioni dell’ego che evidentemente, un aspetto positivo non sono.
Devo invece notare, che in questo confronto il tono è un altro.
Il sostantivo “stronzata” - per quanto legittimo- forse è un pochino estremo, ma, sebbene avrò modo più avanti di ritornarvi, non inficia nulla.
Se il confronto non viene distorto da elementi di dubbia caratura, inevitabilmente arricchisce i partecipanti.
Nella validità di tale formula si inserisce –con identità di moltiplicatore– l’intento volto al chiarimento.
Sostanzialmente, almeno in questo frangente, credo sia questo il motivo per il quale a pensieri materializzati in caratteri, ne seguono altri. Certo il rischio è quello di tediare morbosamente chi ci legge. Certo potremmo di ciò scusarci anche se, un semplice click potrebbe risolvere ogni disagio in proposito.
Ma veniamo a noi.

Io comincerei proprio da Vattimo.
Sicuramente l’ho citato per primo, ma forse tu lo hai fatto in eccesso.
Egli non sta a Nietzsche come l’acqua sta al mulino e un approccio di una certa intensità al pensiero del filosofo tedesco non è nato e morrà con lui.
Premesso tutto ciò, quella del pensatore Piemontese rimane un'efficace lettura delle idee nietzschiane, in particolare proprio sul concetto di oltreuomo.
Io nei confonti di Vattimo non mi pongo in alcun modo particolare e di certo non rivesto il ruolo di discepolo, evidenzio solo tale efficacia e la paternità di una definizione che quando utilizzata, o anche solo prefigurata, richiede una specifica.

Relativamente alla questione dell’assetto semantico (la “stronzata” per capirci), tu comprenderai come tra riflessioni che presentano un’equivalenza sotto tale profilo, non sia possibile far nulla di ulteriore che dichiararla tale equivalenza.
Al contrario di ciò -partendo da una tematica, un concetto- sviluppare argomentazioni, riflessioni, intendimenti, che presentano significati diversi, consente l’instaurarsi del confronto in tutte le sue variabili.

Entrando poi nel vivo del discorso: (per rispetto alla tua persona, e anche per un fatto oggettivo, postuliamo sempre ad inizio di passaggio: a me -che scrivo- pare che..).
Tu hai avanzato molto di nietzschiano, indipendentemente dal fatto che fosse o meno tua intenzione farlo.
Già averlo chiamato in causa, ed aver proposto per il tuo viaggio, il commento da lui usato per il suo, evidenzia forse una consapevolezza inconscia difficilmente evitabile.
Volendo essere poi precisi, è meglio dire che portando avanti le tue riflessioni, hai raggiunto il filosofo su di un terreno che già lo vedeva attivo.
Entrambi avete rivolto le vostre attenzioni agli elementi presenti su quel terreno, con gli stessi proponimenti, le stesse argomentazioni.
Che tu -rispetto a lui- ti sia rivolto alla manifestazione se vogliamo più infima di tale varietà: l’idolo, è un dettaglio -che tra l’altro- non viene trascurato dalla critica nietzschiana in quanto compreso nel macroinsieme che lo ospita e che riceve notevoli sferzate, o per i nostalgici: martellate.

Hai raggiunto il pensatore di Rӧcken, quando hai dichiarato l’intento, la necessità di mantenere la natura fisica dell’ente in oggetto (in questo caso l’individuo), evitando ogni connotazione metafisica, elevazione ontologica.

Nel passaggio centrale del tuo intervento mi è poi parso di poter cogliere un silente enunciato, che recitava l’avversione per l’accettazione di valori precostituiti, di verità assolute e quant’altro.
Non è o (usiamo il condizionale) sarebbe – oltre ad una serie di altri significati- un ritorno a Nietzsche tutto ciò?
Non sarebbe l’indicazione potenziale di quell’oltreuomo così tanto osannato?

Certo, ad un certo punto lo eviri stabilendo la relazione oltreuomo-idolo, ma un istante prima non gli hai forse fornito un paio di testicoli supplementari?

Ecco perché parlavo di «fraintendimento di fondo» che si articolava anche «attraverso la connotazione che sembri fornire al concetto di “superuomo”»
Tale concetto, al fraintendimento era legato e non a : «Se ti sembra che "superuomo", che qui fondamentalmente uso come sinonimo generico di idolo, abbia qui "proprio il medesimo assetto semantico" che ha in Nietzsche, forse è il caso che Vattimo sia più chiaro nell'erudire i propri discepoli e nell'aiutarli ad affrontare l'universo Nietzsche»

Tento di riassumere:
vedo (o mi pare, se vogliamo) un intervento, scorgo aspetti che trovo in ampia sintonia con quelli di un noto pensatore (tra l’altro citato).
Scorgo però, sin dalle battute iniziali, anche una critica nei suoi confronti e visto che non vi è sostanziale diversità di enunciati, anzi, mi chiedo come tale critica possa manifestarsi.
La critica non vi è? Tanto meglio, tutto muove verso la collimazione.

8
Cloroformio
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Viandante Residente
Viandante Residente
Scusa il grande ritardo ma questo thread era caduto nel dimenticatoio sia del forum che della mia memoria.
nextlife ha scritto:Converrai che non è inusuale trovare nelle strutture dialogiche che reggono un confronto concettuale, una buona dose di veemenza.
Se essa non è necessariamente un aspetto negativo, spesso si rende foriera di poco salubri manifestazioni dell’ego che evidentemente, un aspetto positivo non sono.
Devo invece notare, che in questo confronto il tono è un altro.
Posso anche concordare con la tua premessa, ma essendo astratta da questa discussione, come confermi nell'ultima frase, non vedo il senso di tale premessa.
Il sostantivo “stronzata” - per quanto legittimo- forse è un pochino estremo, ma, sebbene avrò modo più avanti di ritornarvi, non inficia nulla.
Se il confronto non viene distorto da elementi di dubbia caratura, inevitabilmente arricchisce i partecipanti.
Nella validità di tale formula si inserisce –con identità di moltiplicatore– l’intento volto al chiarimento.
Sostanzialmente, almeno in questo frangente, credo sia questo il motivo per il quale a pensieri materializzati in caratteri, ne seguono altri. Certo il rischio è quello di tediare morbosamente chi ci legge. Certo potremmo di ciò scusarci anche se, un semplice click potrebbe risolvere ogni disagio in proposito.
Ma veniamo a noi.
In effetti la premessa è un po' tediosa, a questa percezione è soggettiva. Più che altro sarebbe meglio che i panegirici, che nemmeno io sono immune dal fare, concernessero il tema di cui si tratta.

Io comincerei proprio da Vattimo.
Sicuramente l’ho citato per primo, ma forse tu lo hai fatto in eccesso.
Trovi?
Egli non sta a Nietzsche come l’acqua sta al mulino e un approccio di una certa intensità al pensiero del filosofo tedesco non è nato e morrà con lui.
Premesso tutto ciò, quella del pensatore Piemontese rimane un'efficace lettura delle idee nietzschiane, in particolare proprio sul concetto di oltreuomo.
Io nei confonti di Vattimo non mi pongo in alcun modo particolare e di certo non rivesto il ruolo di discepolo, evidenzio solo tale efficacia e la paternità di una definizione che quando utilizzata, o anche solo prefigurata, richiede una specifica.
Sia io che Vattimo siamo lieti di sapere che non sei un suo discepolo. Nel citare Vattimo, che leghi appunto a Nietzsche, tiri fuori qualcosa di immensamente interessante su cui potresti darmi lumi importanti, ma che nulla c'entrava e nulla c'entra con le bassezze di questo thread. Avevo tentato dispiegarlo anche nel post precedente: converrebbe aprire una dotta discussione apposita, se non altro per essere vagamente IT (In Topic).

Relativamente alla questione dell’assetto semantico (la “stronzata” per capirci), tu comprenderai come tra riflessioni che presentano un’equivalenza sotto tale profilo, non sia possibile far nulla di ulteriore che dichiararla tale equivalenza.
Al contrario di ciò -partendo da una tematica, un concetto- sviluppare argomentazioni, riflessioni, intendimenti, che presentano significati diversi, consente l’instaurarsi del confronto in tutte le sue variabili.
Ottime considerazioni.

Entrando poi nel vivo del discorso:
Non ci speravo più.
(per rispetto alla tua persona, e anche per un fatto oggettivo, postuliamo sempre ad inizio di passaggio: a me -che scrivo- pare che..).
Apprezzo la specificazione, vale anche per me, ovviamente.
Tu hai avanzato molto di nietzschiano, indipendentemente dal fatto che fosse o meno tua intenzione farlo.
Già averlo chiamato in causa, ed aver proposto per il tuo viaggio, il commento da lui usato per il suo, evidenzia forse una consapevolezza inconscia difficilmente evitabile.
Vedi, una cosa che non sono mai riuscito a capire è perché un certo tipo di "intellettuale" voglia fare quello che chiamerei "l'intellettuale per forza": posso capire che in un primo tempo tu chiamassi in causa Nietzsche con qualche auspicio o pretesa di parlerà di lui in maniera quantomeno seria, ma dopo che ho chiarito che i richiami - tutt'altro che inconsci - alla sua persona e alla sua opera erano puramente strumentali, se non anzi uno storpiamento di tali concetti, senza alcun fine se non quello di replicarne i termini per indicare realtà ben più banali (in proposito suggerisco una rilettura della parte in cui spiego che non c'è la benché minima equivalenza tra il "superuomo" nietzschiano e l'uso che dello stesso termine ho fatto io. Trovo che ogni filosofo che credesse ciò, se esistesse un albo cui i filosofi fossero tenuti a iscriversi, dovrebbe esservi radiato all'istante), beh direi che a questo punto agisci come un "intellettuale per forza". Pur di fronte al faceto, ti ostini a volerlo elevare per parlare non solo di Nietzsche, ma pure di quello che consideri uno dei suoi più fini esegeti.
Dici che avrei dovuto semplificare la faccenda con un cartello recante la scritta "qui non si sta parlando di Nietzsche"?

Volendo essere poi precisi, è meglio dire che portando avanti le tue riflessioni, hai raggiunto il filosofo su di un terreno che già lo vedeva attivo.
Entrambi avete rivolto le vostre attenzioni agli elementi presenti su quel terreno, con gli stessi proponimenti, le stesse argomentazioni.
Che tu -rispetto a lui- ti sia rivolto alla manifestazione se vogliamo più infima di tale varietà: l’idolo, è un dettaglio -che tra l’altro- non viene trascurato dalla critica nietzschiana in quanto compreso nel macroinsieme che lo ospita e che riceve notevoli sferzate, o per i nostalgici: martellate.
Con gli stessi proponimenti ho seri dubbi e direi che pecchi non poco di presunzione, nel volere assimilare i miei ai suoi. Forse che Nietzsche voleva sapere se gli altri (nel mio caso gli utenti di questo forum) condividessero la sua tendenza a non osannare altre persone? Direi che lo stai svilendo non poco, se pensi questo.
Con le stesse argomentazioni direi che è un altro svilimento della sua opera. Quanto dici subito sotto è un punto valido, ma il plurale "argomentazioni" mi inibisce dal considerare valido quanto detto fin qui.

Hai raggiunto il pensatore di Rӧcken, quando hai dichiarato l’intento, la necessità di mantenere la natura fisica dell’ente in oggetto (in questo caso l’individuo), evitando ogni connotazione metafisica, elevazione ontologica.
Questo è il primo e al momento unico punto in cui posso dire, per onestà intellettuale, che il tuo chiamare in causa Nietzsche per instaurare una correlazione col mio discorso ha senso. Perché qui sì che il tuo paragone ha senso, e non si aggrappa alla menzione (per altro palesata) di un termine nietzschiano per costruire ponti che non vi sono.

Nel passaggio centrale del tuo intervento mi è poi parso di poter cogliere un silente enunciato, che recitava l’avversione per l’accettazione di valori precostituiti, di verità assolute e quant’altro.
Non è o (usiamo il condizionale) sarebbe – oltre ad una serie di altri significati- un ritorno a Nietzsche tutto ciò?
Non sarebbe l’indicazione potenziale di quell’oltreuomo così tanto osannato?
Visto che suggerisci questo tema, mi permetto di confutare tramite Nietzsche il tuo pensiero iniziale cui peraltro avevo già risposto, confutandolo.
Il pensiero iniziale cui mi riferisco è: "mi pare una strategia insolita prefiggersi di castrare qualcuno avanzando proprio le riflessioni da quel qualcuno prodotte, fornendogli proprio il medesimo assetto semantico". Al di là del "medesimo assetto semantico" (che, ribadisco, è una forzatura molto riduttiva nei suoi confronti), a me risulta strana questa tua frase stessa. Mi domando anzi cosa c'è di più logico e di migliore per confutare il pensiero di qualcuno (e non era mio interesse farlo con Nietzsche, se qualcuno non l'avesse ancora compreso) che rispondere sullo stesso piano.
Rinnegare Nietzsche con Nietzsche stesso - e qui usoNietzsche come tramite, come annunciato poc'anzi - è poi meno complesso che con altri filosofi: non è forse lui che, abbattendo i credi precostituiti, i giganti storici e dio stesso, ci ha insegnato a costruirci come uomini nuovi? Non ci insegna in definitiva, come insegnamento più intimo, ad andare anche oltre lui stesso? Ebbene quale ritorno a Nietzsche? Si potrebbe castrarlo partendo da lui stesso (cosa che, lo ripeto quasi fosse un rosario, non c'entra con questo thread).

Certo, ad un certo punto lo eviri stabilendo la relazione oltreuomo-idolo, ma un istante prima non gli hai forse fornito un paio di testicoli supplementari?
Non direi proprio, anche perché hai frainteso l'accezione di "castrazione" e quindi parti da un presupposto errato. Non stavo parlando del pensiero di Nietzsche, quindi non l'ho castrato né dotato di due palle extra come dici qua.

Tento di riassumere:
vedo (o mi pare, se vogliamo) un intervento, scorgo aspetti che trovo in ampia sintonia con quelli di un noto pensatore (tra l’altro citato).
Scorgo però, sin dalle battute iniziali, anche una critica nei suoi confronti e visto che non vi è sostanziale diversità di enunciati, anzi, mi chiedo come tale critica possa manifestarsi.
La critica non vi è? Tanto meglio, tutto muove verso la collimazione.
La collimazione la vuoi vedere te, però. Come potresti vederla altrove. E' bene precisare infatti che potresti andare ad indagare in ogni mio post (o in ogni posto di ogni utente) i legami (consci e inconsci) che ci sono con Nietzsche, se la cosa ti sollazza. Mi auguro che quantomeno - ricordando da dov'è partito quest'excursus - avrai compreso che non intendevo minimamente castrare Nietzsche nell'accezione da te intesa, ma anzi l'evirazione stava nell'usare i suoi termini per fini ben meno ambiziosi.

9
nextlife
nextlife
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Cloroformio ha scritto:Scusa il grande ritardo ma questo thread era caduto nel dimenticatoio sia del forum che della mia memoria.
In gioventù, conoscevo un individuo di nome Alfredo che presentava una particolarissima caratteristica: egli partecipava alle discussioni –che richiedevano una certa articolazione- con una settimana di ritardo.
Puntualmente -dopo 7/10 giorni- tra lo stupore e la difficoltà di tutti nel contestualizzare nuovamente il suo pensiero, egli argomentava.
Evidentemente necessitava di una pausa riflessiva per strutturare le proprie considerazioni. Alcuni erano convinti utilizzasse tale lasso di tempo per documentarsi sulla tematica in oggetto, ma ad ogni modo -dopo una settimana circa- Alfredo dichiarava: «presente!»
A distanza di tanti anni, mi sono accorto che certi miei comportamenti presentano lo stesso Alfrediano delay, figuriamoci se non posso comprendere il tuo, sporadico/sistematico che sia e da qualsiasi motivazione determinato.
Cloroformio ha scritto:
Posso anche concordare con la tua premessa, ma essendo astratta da questa discussione, come confermi nell'ultima frase, non vedo il senso di tale premessa.
Cloroformio ha scritto:
In effetti la premessa è un po' tediosa, a questa percezione è soggettiva. Più che altro sarebbe meglio che i panegirici, che nemmeno io sono immune dal fare, concernessero il tema di cui si tratta.
Io sarei più cauto nel disegnare certi confini: in fondo, prima del confronto sui contenuti, siamo essenzialmente due sconosciuti che necessitano di qualche accorgimento per modulare con successo un efficace canale comunicativo.
Detto questo, il senso che ti sfugge, che non noti o che non vuoi notare, si trova giusto alla distanza di un’interlinea da quanto hai scritto: nel quote successivo intendo.
Vedi, ho escluso una determinata connotazione, ma il rischio che paventavo rimaneva e rimane come elemento latente, come possibilità, in potenza.
In realtà, lo intravedo materializzarsi sporadicamente in passaggi quali:
«Sia io che Vattimo siamo lieti di apprendere..», «Trovi?», «Non ci speravo più», nonché tutto il passaggio sull’intellettuale per forza che –lasciatelo dire- trovo alquanto stucchevole.
Attesto sin da subito, che non ti seguirò in quest’eventuale connotazione per due precisi motivi. Il primo è legato al fatto che, l’invito avanzato nel corso del mio primo intervento:«la focale …..» può essere visto di cattivo grado dall’ego dell’interlocutore e quindi potrei essere io la causa prima di un certo inasprimento.
Il secondo, è che una dialettica impostata in questa maniera, si configura appunto come quello che vorrei –quando possibile- evitare e che appartiene ad un periodo della vita nel quale l’intento autocelebrativo pare avere un certa, vitale importanza.
~
Io direi –a questo punto- di abbandonare il nostro amico piemontese al suo destino.
Così facendo, si potrebbero raggiungere due scopi: il primo è quello di estrarre dal tuo fianco quell’oggetto cuneiforme che sembra infastidirti così tanto, il secondo è quello di evitare che egli, da efficace interprete, possa tramutarsi nel filosofo per antonomasia.

L’albo dei filosofi, e la considerazione ad esso correlata, mi ha indotto una certa ilarità: se tale albo esistesse, fosse sempre esistito e il criterio di esclusione riguardasse/avesse riguardato le cantonate, gli errori interpretativi - quand’anche recidivi e/o persistenti in presenza del conclamato- compiuti dagli individui, credo mancherebbero diversi nomi, alcuni anche importanti.

Ma raggiungiamo pure il passaggio focale di questo confronto -e relativo dissidio- (almeno dal tuo punto di vista)
Tu non devi credere non mi sia manifesta la consapevolezza sull’utilizzo strumentale (ed annesso storpiamento) del termine “superuomo” che hai compiuto.
Tu non devi pensare io ti attribuissi una concettuale equivalenza tra tale utilizzo e la connotazione nietzschiana dello stesso.
Quando mi riferivo al fraintendimento sul concetto, non mi riferivo a quello.
Mi riferivo al fatto che al momento più concreto dell’utilizzo dei termini « per fini meno ambiziosi», al momento più concreto di tale voluta travisazione, tu anteponevi passaggi nei quali raggiungevi lo splendore del concetto oltreomistico originario e le due connotazioni non sono qualitativamente assimilabili.
Mi pareva di scorgere tu non fossi consapevole di questo aspetto. Questo, è parte del fraintendimento che ti attribuivo e che –peraltro- mi pareva di aver evidenziato nel corso del mio ultimo intervento.
La contraddizione che scaturisce tra le affermazioni che ho appena compiuto, è appunto di provenienza analitica, ed è parte del problema che evidenziavo, laddove la chiave di lettura non è di stampo filosofico, bensì psicologico.

Anch’io poi, ribadisco quanto evidenziato precedentemente ovvero che, tue intenzioni a parte (sulle quali –in compagnia della chiave di lettura- tornerò), hai comunque evocato l’innominabile, raggiungendolo «nel terreno in cui era attivo» e ti deve comunque giungere la dimensione relativa dell’aspetto, cioè che il luogo, la dimensione è si rappresentativa, ma non esaustiva.
Questo –almeno dal mio punto di vista- dovrebbe fornirti rassicurazioni sulla travisazione riduttiva che avrei operato nei confronti di Nietzsche, sulla reale portata dei «medesimi proponimenti», «delle medesime argomentazioni», «del medesimo assetto semantico», che ad una dimensione relativa erano riferiti.
Ora, evidentemente io a tali termini dovevo fornire evidenziazione grafica del fatto che ci trovassimo in presenza di figure retoriche.
In realtà non si tratta di un’omissione inconsapevole (e forse per questo la colpa è maggiore) è che ritenevo il contesto, le qualità dell’interlocutore potessero non rendere necessari tali orpelli.
Quindi sì, forse tale evidenziazione grafica era opportuna, così come potevi fare tu quando ti autodefinivi come impostore.

Noto poi che le metodiche, e gli articolati confutativi continuano a non trovarci d’accordo, poco male.
Fammi solo dire che, seguendo l’intento di dichiarare la superabilità di un aspetto, hai scelto il concetto sbagliato, del filosofo sbagliato, perché vedi: nella nostra condizione di individui, si tornerebbe comunque –in un modo o nell’altro- ad esso.
Vi si tornerebbe infatti come eventuali abitanti dell’oltre, in qualità di testimoni di quella condizione così tanto caldeggiata e, qualora essa non fosse raggiunta -oppure mai perseguita-, vi si tornerebbe come rappresentanti di ciò che deve mutare, oggetto quindi della sua critica.

Hai fatto un’affermazione precisa nella quale rilevi una certa mia ostinazione nel voler parlare del filosofo tedesco e del congedato amico barbuto: meriti una risposta precisa.
Vi è una certa ostinazione è vero, ma non nell’aspetto che vedi tu, bensì, in quello che io ritenevo di aver rilevato, e che persiste.
A me non interessava affatto parlare di filosofia, di Nietzsche, del modo più o meno valido con il quale potevi rapportarti a questi aspetti, del modo con il quale potevo farlo io, no.
Nel mio caso essi erano davvero un tramite, (e quindi vi è forse una certa convergenza con te, ma poi vedrai che non la dichiarerò tale), per arrivare ad evidenziare elementi di altro tipo ovvero: certe dinamiche cognitive.
Mi pareva -e mi pare tuttora- di aver rilevato in quanto da te prodotto, una rappresentazione di certe distorsioni e dissonanze, associate ad una certa spinta inconscia o, se vogliamo ridurre la profondità: preconscia.
Se è questo che mi pare di aver rilevato, le tue assicurazioni in proposito non mi bastano, per il semplice motivo che non possono farlo. Necessito piuttosto di vedere la negazione articolarsi sul campo.

Sottolineo (un paio di volte) infine, che tali constatazioni, erano aspetti di lieve intensità, sin inizialmente connotati come modesti.
Tutto il successivo carteggio telematico, si articola su di una pluralità di elementi, che rischiano –solo per i poco accorti- di travisare il lieve abbrivio iniziale.
La domanda è: «vale la pena di imbastire tutto ciò, per un fine del genere?»
Ma perbacco! Certo che sì
Distorsioni e dissonanze, per quanto modeste, meritano sempre di ricevere una spallata (di eguale intensità).
Poi, ovviamente, ci sta anche sia io il destinatario di tale correttivo.

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Cloroformio
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Viandante Residente
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nextlife ha scritto:In gioventù, conoscevo un individuo di nome Alfredo che presentava una particolarissima caratteristica: egli partecipava alle discussioni –che richiedevano una certa articolazione- con una settimana di ritardo.
Puntualmente -dopo 7/10 giorni- tra lo stupore e la difficoltà di tutti nel contestualizzare nuovamente il suo pensiero, egli argomentava.
Evidentemente necessitava di una pausa riflessiva per strutturare le proprie considerazioni. Alcuni erano convinti utilizzasse tale lasso di tempo per documentarsi sulla tematica in oggetto, ma ad ogni modo -dopo una settimana circa- Alfredo dichiarava: «presente!»
A distanza di tanti anni, mi sono accorto che certi miei comportamenti presentano lo stesso Alfrediano delay, figuriamoci se non posso comprendere il tuo, sporadico/sistematico che sia e da qualsiasi motivazione determinato.
Ottimo. Qualsiasi cosa facesse Alfredo in quei 7-10 giorni, sia che si documentasse, sia che riflettesse e basta, sia che dormisse, se ciò lo aiutava ad affrontare meglio la discussione, allora sarebbe bene diffondere l'Alfredian delay. Dal canto mio avrai notato che nulla di significativo ho aggiunto a quanto detto in precedenza: pura dimenticanza, in parte dovuta all'inabissarsi della discussione, non solo nella mia mente, ma anche in questa sede virtuale.
Io sarei più cauto nel disegnare certi confini: in fondo, prima del confronto sui contenuti, siamo essenzialmente due sconosciuti che necessitano di qualche accorgimento per modulare con successo un efficace canale comunicativo.
Detto questo, il senso che ti sfugge, che non noti o che non vuoi notare, si trova giusto alla distanza di un’interlinea da quanto hai scritto: nel quote successivo intendo.
Vedi, ho escluso una determinata connotazione, ma il rischio che paventavo rimaneva e rimane come elemento latente, come possibilità, in potenza.
In realtà, lo intravedo materializzarsi sporadicamente in passaggi quali:
«Sia io che Vattimo siamo lieti di apprendere..», «Trovi?», «Non ci speravo più», nonché tutto il passaggio sull’intellettuale per forza che –lasciatelo dire- trovo alquanto stucchevole.
Attesto sin da subito, che non ti seguirò in quest’eventuale connotazione per due precisi motivi. Il primo è legato al fatto che, l’invito avanzato nel corso del mio primo intervento:«la focale …..» può essere visto di cattivo grado dall’ego dell’interlocutore e quindi potrei essere io la causa prima di un certo inasprimento.
Il secondo, è che una dialettica impostata in questa maniera, si configura appunto come quello che vorrei –quando possibile- evitare e che appartiene ad un periodo della vita nel quale l’intento autocelebrativo pare avere un certa, vitale importanza.
Mi spiace tu abbia ritenuto "stucchevole" il mio passaggio sull'"intellettuale per forza", perché a mio avviso è una malattia diffusa. Se non è il tuo caso, ne son più che lieto, in primo luogo perché non amo conversare con questo genere di "intellettuali". Però, complice probabilmente anche il mio fraintendimento, il tuo persistere (e qui starebbe il "per forza") nel collegare Nietzsche ad una discussione su temi ben più banali (e qui starebbe l'"intellettuale") mi ha dato l'impressione riassunta in questa locuzione. Ribadisco il mio compiacermi innanzi alla negazione di tutto ciò.

Tengo inoltre a precisare che la dialettica impostata in questa maniera è essenzialmente il mio modo di scrivere (quantomeno su questo forum), senza intenti autocelebrativi (consci ovviamente, essendo che necessariamente mi sfuggono, come ricordi tu più sotto, quelli subconsci o inconsci (o preconsci)). Ognuno, del resto, ha la sua dialettica: c'è chi tende a dilungarsi ben oltre il più-del-necessario, perché è sua abitudine o suo vezzo. Del resto la mia ironia del "non ci speravo più" non era, nel modo più assoluto, autocelebrativa, bensì, un po' come qui hai fatto te, un'espressione di quanto appena detto. A questo chiarimento si ricollega quello che non sei certo tu la causa prima dell'inasprimento, non avendo io nulla contro il tuo nickname - per quanto non sia molto convinto nella vita ultraterrena, se ad essa si riferisce - o contro il tuo - a me ignoto - avatar, e ovviamente nulla contro di te, non conoscendoti nemmeno come utente.

Ma raggiungiamo pure il passaggio focale di questo confronto -e relativo dissidio- (almeno dal tuo punto di vista)
Tu non devi credere non mi sia manifesta la consapevolezza sull’utilizzo strumentale (ed annesso storpiamento) del termine “superuomo” che hai compiuto.
Tu non devi pensare io ti attribuissi una concettuale equivalenza tra tale utilizzo e la connotazione nietzschiana dello stesso.
Cosa intendi, ordunque, con l'espressione "medesimo assetto semantico"?

Quando mi riferivo al fraintendimento sul concetto, non mi riferivo a quello.
Mi riferivo al fatto che al momento più concreto dell’utilizzo dei termini « per fini meno ambiziosi», al momento più concreto di tale voluta travisazione, tu anteponevi passaggi nei quali raggiungevi lo splendore del concetto oltreomistico originario e le due connotazioni non sono qualitativamente assimilabili.
Mi pareva di scorgere tu non fossi consapevole di questo aspetto. Questo, è parte del fraintendimento che ti attribuivo e che –peraltro- mi pareva di aver evidenziato nel corso del mio ultimo intervento.
La contraddizione che scaturisce tra le affermazioni che ho appena compiuto, è appunto di provenienza analitica, ed è parte del problema che evidenziavo, laddove la chiave di lettura non è di stampo filosofico, bensì psicologico.
Quindi la chiave di lettura della tua chiamata in causa di Nietzsche è psicologica. Ora mi è più chiaro.
Ciò non spiega però la tua maraviglia innanzi al mio (presunto e frainteso - perché qui sì che c'era un tuo fraintendimento, visto che vai a leggere una mia intenzione - conscia - che non era presente (te lo ribadisco e te l'assicuro) -) intento di castrare il filosofo affrontandolo sullo stesso campo e con gli stessi strumenti. Ma questo, che avevo già scritto e poteva esser frutto di interessanti ponderazioni, non è stato considerato. Poco male.

Anch’io poi, ribadisco quanto evidenziato precedentemente ovvero che, tue intenzioni a parte (sulle quali –in compagnia della chiave di lettura- tornerò), hai comunque evocato l’innominabile, raggiungendolo «nel terreno in cui era attivo» e ti deve comunque giungere la dimensione relativa dell’aspetto, cioè che il luogo, la dimensione è si rappresentativa, ma non esaustiva.
Questo –almeno dal mio punto di vista- dovrebbe fornirti rassicurazioni sulla travisazione riduttiva che avrei operato nei confronti di Nietzsche, sulla reale portata dei «medesimi proponimenti», «delle medesime argomentazioni», «del medesimo assetto semantico», che ad una dimensione relativa erano riferiti.
Certamente la sua evocazione era meramente rappresentativa. Anzi, quasi folkloristica direi.
Quanto dici mi offre rassicurazioni fino ad un certo punto, in quanto l'espressione che hai qui riportato, "medesimo assetto semantico", indica qualcosa di ben preciso che va oltre la semplice rappresentatività. E, alla luce di ciò, trattandosi - nella tua ottica - di una scelta (il mio presunto "intento"), e quindi di qualcosa di conscio (e non pre-/sub-/in-conscio), essa sarà pure - e senza dubbio è - non esaustiva, giacché "rappresentativo" ed "esaustivo" non sono mutuamente esclusivi, ma di certo non può definirsi meramente rappresentativa. Se fosse stata mia reale intenzione, come enunciato nel tuo intervento iniziale, castrare Nietzsche (ancorché egli sia presente nelle mie strutture incoscie e tu l'avessi ivi scorto, la decisione di tentar l'evirazione sarebbe stata per l'appunto coscia), certamente la sua evocazione non avrebbe avuto mero carattere rappresentativo. Ma dici bene - anzi forse persino persisti nel dargli troppo peso - quando parli di "dimensione rappresentativa", in quanto non era affatto mia intenzione procedere alla castrazione.

Ora, evidentemente io a tali termini dovevo fornire evidenziazione grafica del fatto che ci trovassimo in presenza di figure retoriche.
In realtà non si tratta di un’omissione inconsapevole (e forse per questo la colpa è maggiore) è che ritenevo il contesto, le qualità dell’interlocutore potessero non rendere necessari tali orpelli.
Quindi sì, forse tale evidenziazione grafica era opportuna, così come potevi fare tu quando ti autodefinivi come impostore.
Hai ragione: ammetto che in origine mi aspettavo interventi più simili al mio (quello contenuto nel post iniziale) e a quelli degli altri utenti, per cui non ho dato molto peso al fatto che nominare Nietzsche avrebbe potuto far credere a qualcuno che in un post che palesemente non mostrava l'intenzione di castrarlo ci fosse tale intento. Men che meno mi aspettavo di leggere Vattimo, nemmeno in un elenco - rispondente già di più alla domanda iniziale - de "le persone che vorrei conoscere prima di schiattare".
Purtroppo devo anche confessare che mi mancano gli appropriati orpelli per comprendere cosa vedano gli altri utenti nel mio preconscio, in merito al quale, come dici poi giustamente, posso fare ben poco per rassicurarli.

Hai fatto un’affermazione precisa nella quale rilevi una certa mia ostinazione nel voler parlare del filosofo tedesco e del congedato amico barbuto: meriti una risposta precisa.
Vi è una certa ostinazione è vero, ma non nell’aspetto che vedi tu, bensì, in quello che io ritenevo di aver rilevato, e che persiste.
A me non interessava affatto parlare di filosofia, di Nietzsche, del modo più o meno valido con il quale potevi rapportarti a questi aspetti, del modo con il quale potevo farlo io, no.
Nel mio caso essi erano davvero un tramite, (e quindi vi è forse una certa convergenza con te, ma poi vedrai che non la dichiarerò tale), per arrivare ad evidenziare elementi di altro tipo ovvero: certe dinamiche cognitive.
Mi pareva -e mi pare tuttora- di aver rilevato in quanto da te prodotto, una rappresentazione di certe distorsioni e dissonanze, associate ad una certa spinta inconscia o, se vogliamo ridurre la profondità: preconscia.
Se è questo che mi pare di aver rilevato, le tue assicurazioni in proposito non mi bastano, per il semplice motivo che non possono farlo. Necessito piuttosto di vedere la negazione articolarsi sul campo.
Questo chiarimento è preciso e, se vero, doveroso. Infatti mi sfugge come potessi, in mancanza dei presenti lumi, poter anche solo disporre degli orpelli per comprendere quanto solo ora hai espresso. Oltre al fatto che, come già detto nei precedenti interventi, chiunque può leggere in uno qualsiasi dei miei interventi le dinamiche cognitive preconscie (ma anche sub- o in-) di Nieztsche. Ma pure di qualunque altro personaggio storico o letterario, filosofico o politico, noto o ignoto, ecc. Se me lo fa presente sin da subito eviterò, salvo un interesse circostanziale, di rispondere a simili interventi che, ancorché interessanti (e il tuo - ma solo a cominciare da questo post - per me inizia ad esserlo), poco concernono con la discussione.

Sottolineo (un paio di volte) infine, che tali constatazioni, erano aspetti di lieve intensità, sin inizialmente connotati come modesti.
Tutto il successivo carteggio telematico, si articola su di una pluralità di elementi, che rischiano –solo per i poco accorti- di travisare il lieve abbrivio iniziale.
La domanda è: «vale la pena di imbastire tutto ciò, per un fine del genere?»
Ma perbacco! Certo che sì
Distorsioni e dissonanze, per quanto modeste, meritano sempre di ricevere una spallata (di eguale intensità).
Poi, ovviamente, ci sta anche sia io il destinatario di tale correttivo.

Nonostante sia rimasta intrattata nella tua risposta una questione metodologica che mi avrebbe interessato leggere e che è costantemente riapparsa nei miei ultimi tre interventi in questo thread, sono lieto che si sia giunti ad un certo chiarimento. A buon rendere per eventuali prossimi incontri!

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