L' Hikikomori è un termine coniato da uno psichiatra ( tal Tamaki Saitō) per indicare il malessere di cui soffriva un gruppo di pazienti, quasi tutti giovani. Il termine significa "stare in disparte, isolarsi" ( hiku: ritirarsi, assicurarsi un posto sicuro ; shirizoku: ritornare in un luogo originario, fuggire ad un pericolo che minaccia la propria persona; komoru : chiudersi per un malessere non meglio identificato.)
Le persone così definite vivono una volontaria esclusione sociale, tanto forte da spingerli a chiudersi in casa o addirittura nella loro stanza. Non comunicano con nessuno, al punto che i parenti sono costretti a lasciare loro i pasti sulla porta. Soffrono in genere di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi ( in genere paura di essere sporchi o perseguitati). Il sonno-veglia completamente invertito. Nonostante il malessere che li pervade e le fantasie di morte che accarezzano, raramente arrivano a suicidarsi perché subentra nei soggetti una forma di autocompiacimento e narcisismo che salva loro la vita.
Pare che molto raramente gli Hikikomori diventano tali a causa di un trauma specifico. In genere accade piano piano, con la collusione delle famiglie che temendo il giudizio altrui non portano i figli in cura.
Le varie fonti presenti in rete sono tutte concordi nel rintracciare tre fattori scatenanti: la pressione della società, la struttura della famiglia la dicotomia honne/tatemae presente nella cultura giapponese.
La società giapponese fa del successo personale, dell'autorealizzazione e della conformità a certi standard di vita un diktat che esercita sui suoi membri una notevole pressione. Chi non ce la fa, oppure soltanto chi si differenzia non è ben visto e non può quindi “vedersi bene”. “Il chiodo che sporge va preso a martellate”, recita un detto locale. Tutto questo contribuisce a spingere i giovani al ritiro. Non solo: non esiste nella cultura giapponese un ruolo ritagliato per chi sceglie di estraniarsi dal gruppo, di ritirarsi ( pare). Se così è, mettersi da parte vuol dire sottrarsi al meccanismo d'assegnazione.
Il ruolo della famiglia è un filino più complesso.
L'assenza della figura maschile è un fatto comune. Il padre lavora tutto il giorno e non si occupa dell'educazione dei figli restando però nel contempo l'autorità. Questa autorità però si manifesta con l'assenza o con il silenzio: gesti, parole ed emozione sono manifestati in modo misurato, sullo sfondo costantemente i propri sacrifici come monito e speculum principi. La figura paterna esercita così una “violenza simbolica”sui figli che si rintanano in luogo privo di emozioni, in una sorta di rivolta costante ed insieme abortita.
Tra i fattori scatenanti ci sarebbe anche un'interdipendenza e collusione fra madre e figlio. In assenza del marito cade ogni interdizione all'unione e la donna si risolve nell'accudimento materno, tentando di proteggere il figlio dalla pressione sociale. Il rapporto evolve in una dipendenza che limita la crescita psicologica ed emotiva del figlio.
Infine c'è il fattore culturale. Nella cultura giapponese l'emotività e la sua manifestazione è attraversata da una dicotomia che separa autentico e pubblico. I sentimenti profondi dell'individuo, magari contrari alle richieste di società e famiglia ( honne) non possono essere manifestati ed espressi liberamente per salvaguardare l'equilibrio del gruppo. Ciò che si manifesta in pubblico sono i sentimenti di facciata ( tatemae) congruenti con la propria posizione e con le circostanze. In altre parole in ogni individuo c'è un sentire intimo ed uno pubblico, o meglio un sentire duplice. Pur non essendoci spontaneità, non si può nemmeno parlare di falsità. Questi sono concetti che appartengono a noi, che abbiamo un sentire unitario che poi possiamo mostrare o meno. Gli hikikomori non riescono ad abbandonare il proprio honne e facendo fatica a compiere il passaggio al tatemae.
Per alcuni si legano tanto ai sentimenti di facciata da non riuscire ad abbandonarli per il timore di cadere in errore manifestando gli altri. Questo li porta a chiudersi.
Qui ci sono cose carine da leggere... oltre a varie comunità di hikikomori on line in cui mi sono inflitrata ( per ora senza soddisfazioni)
http://www.psychomedia.it/pm/pit/cybpat/pierdominici-palma.htm
http://www.iltuopsicologo.it/hikikomori.htm
Film
Attualmente pare che per l'1% dei giovani Giapponesi siano hikikomori. Il fenomeno si è anche diffuso all'estero anche se non è così marcato.
Forse mi hanno colpito perchè anche a me il mondo arreca dolore troppo spesso. Piccole cose mi danno un malessere enorme. Riesco a capire perchè vogliano proteggersi. Altre cose mi sono oscure invece.
Non so.. voi?
A cosa vi fanno pensare?
Li capite? Potreste riconoscervi in parte in un vissuto simile?
Sapevate che esistevano?