EVA E IL RE DEI VENTI
C'era una volta un re che aveva due figli: Jan, un giovanotto alto e robusto, ed Eva, una bambina bella come la luce di un'alba di primavera.
I due fratelli si volevano un gran bene: Jan, tutte le volte che i suoi doveri glielo permettevano, andava a giocare con la sorellina; ed Eva, tutte le volte che riusciva a sfuggire alla governante, andava a vedere il fratello mentre cavalcava o tirava di scherma o studiava il latino per diventare re.
Quando non poteva stare con Jan, Eva andava a giocare in giardino. E fu proprio mentre era in giardino che il Re dei Venti, passando, in un turbine la rapì.
Ora, il Re dei Venti è invisibile e nessuno lo vide portar via Eva, sicchè quando più tardi, la governante scese a chiamare la bambina e non la trovò, fu dato l'allarme.
Guardie e servitori frugarono dappertutto, dalle cantine alle soffitte della reggia,poi in città e nei dintorni, ma la bambina non si trovò. Il re era davvero disperato: piangeva, singhiozzava e non si dava pace.
-Andrò a cercarla io- gli disse Jan.- Non voglio perdere la speranza: vedrai che la ritroverò.
Montò a cavallo e si mise in cammino: attraversò città e villaggi, boschi e foreste, fiumi e torrenti. Niente: di Eva non c'era traccia.
Un giorno giunse, stanco ed affamato, ad uno stagno pieno di anatre che, spaventate dal suo arrivo, si alzarono in volo.
Subito Jan afferrò l'arco e prese di mira la più grossa, ma mentre stava per scagliare la freccia, quella si mise a gridare a gran voce: - Aspetta principe! Se non mi uccidi io ti potrò aiutare.
- E come?- domandò Jan stupito abbassando l'arco.
-Se ti dico dov'è tua sorella, lascerai in vita me e le mie sorelle?
-Certo, Parola di principe.
-Bene. Allora va sempre diritto per quel sentiero: troverai il castello dove il Re dei Venti la tiene prigioniera.
Jan riprese il cammino ma, poco dopo, trovo formicaio che gli sbarrava la strada; allora, con un bastone, si mise a demolirlo.
Aveva appena dato due o tre colpi che la regina delle formiche gli gridò:
-Aspetta principe! Non distruggere il mio regno: la tua strada non passa sul formicaio. Percorri quel sentiero a destra e giungerai al castello.
Stupito, Jan buttò via il bastone e si rimise in viaggio seguendo le indicazioni della formica.
Cammina, cammina, arrivò ad una foresta, si inoltrò fra gli alberi finchè non si trovò la strada sbarrata da un vecchio tronco cavo, nel quale avevano fatto il nido le api.
Siccome non c'era modo di andare avanti, Jan estrasse la spada per spezzare il tronco cavo e aprirsi un varco, ma aveva appena dato il primo colpo che la regina delle api, volandogli davanti al viso disse: - aspetta principe ! E' inutile che tu distrugga il mio regno: la tua strada passa a destra del tronco. Percorrila e giungerai al castello.
Jan ormai non si stupiva più di nulla e, abbattuto a colpi di spada un cespuglio che era a fianco del tronco, ritrovò il sentiero. Prima di sera uscì dalla foresta e proprio davanti a sè vide un'alta montagna rocciosa sulla quale sorgeva un altissimo castello.
Sulla montagna non c'erano sentieri, perciò Jan, lasciato il cavallo, dovette arrampicarsi come una capra selvatica. Si spellò le mani, si sbucciò le ginocchia, si strappò il vestito, ma prima che tramontasse il sole era arrivato alla porta del castello.
Bussò, ma nessuno rispose: allora spinse il battente, la porta si aprì ed egli entrò. Percorse tutte le sale che erano deserte, e giunse in cima alla torre dove trovò il Re dei Venti che soffiava sulla terra per mandare in giro nuvole e tempeste.
Lo affrontò subito sguainando la spada.
-O mi restituisci mia sorella o ti uccido! - gridò!
-Ah, Ah! - rise il Re dei Venti - Non mi fai paura. Non sai che il mio corpo è fatto d'aria e che la tua spada mi trapasserebbe senza ferirmi? Però- soggiunse sghignazzando- poichè sei riuscito ad arrivare fin quassù, voglio premiare la tua costanza. Vedi questo anello? Se domani mattina me lo riporterai, ti restituirò tua sorella.
Nel dire queste parole, si sfilò un anello dal dito e lo lanciò lontano lontano, nello stagno; poi, sollevando un turbine di polvere scomparve.
Jan si precipitò giù per le scale, giù per la montagna, attraversò la foresta e giunse affannato allo stagno: L'acqua immobile e grigia come piombo, copriva il fondo fangoso dove da qualche parte si era depositato l'anello.
Come avrebbe potuto trovarlo in una sola notte? Jan si sedette sulla riva e pianse, col viso fra le mani. Ma poco dopo udì un rumore; alzò la testa e vide l'anatra alla quale aveva salvato la vita.
-Non piangere- gli disse l'anatra- ci penseremo noi, io e le mie sorelle, a trovare l'anello.
Si voltò e si allontanò nel buio della notte. Jan udì uno sciacquio leggero sullo stagno. Tese l'orecchio e ascoltò, ma pian piano il sonno lo vinse. Quando si svegliò, la mattina dopo, al suo dito c'era l'anello.
Senza perder tempo, rifece tutta la strada, salì sulla torre del castello, si presentò al Re dei Venti.
-Ecco l'anello- disse ora mantieni la tua promessa.
-Ah! Ah! - rise il Re dei Venti_ Non mi basta: devi superare un'altra prova - E così dicendo, vuotò fuori dalla torre un sacchetto di semi di papavero che si sparsero nell'aria.
-Se domani mattina mi riporti tutti questi semi, ti restituirò tua sorella.
Fece una gran risata e scomparve.
Desolato, Jan si affacciò alla torre: chissà dov'erano finiti quei semi così piccoli e leggeri che è sufficiente un soffio di un bambino per farli volar lontano!
E stava così pensieroso e triste, quando all'improvviso udì una vocina che lo chiamava. Alzò la testa e vide la regina delle formiche:
-Non disperarti- gli disse la formica. Tu non hai distrutto l mio regno e io ti restituirò il favore: le mie operaie sono già al lavoro. Guarda!
Jan guardò, e vide una fila di formiche che saliva su per la torre: ogni formica portava un semino, lo metteva nel sacchetto e ripartiva svelta svelta.
Quella processione continuò tutto il giorno e la notte. La mattina dopo il sacchetto era pieno.
-Ecco i tuoi semi!- disse Jan al Re dei Venti - Ora mantieni la tua Promessa.-
-E' giusto- rispose lui con un sorriso cattivo. - Vieni-.
Con un soffio trasportò il principe in una grande sala, battè le mani e subito apparvero dodici bambine. Jan le guardò con sgomento e stupore : erano tutte uguali, altezza, lineamenti del viso... insomma dodici Eva.
-Come avrai capito. disse il Re dei Venti- una sola è tua sorella. Se la riconoscerai, sarà libera, ed io allora non potrò più oppormi. Ma se non la riconoscerai, anche tu resterai mio prigioniero per sempre.
Come fare? Jan guardò le dodici bambine ad una ad una sperando di scoprire un segno, un particolare che gli facesse riconoscere Eva. Ma quei visi erano identici, privi di espressione, immobili per magia, come visi di bambole.
Mentre li stava scrutando ancora una volta, ma ormai senza speranza, Jan vide all'improvviso una minuscola freccia d'oro balenare nel sole e subito dopo udì un ronzio all'orecchio.
-Mi manda la regina. Sta attento tua sorella è la bambina sulla quale mi poserò.
Detto questo, l'ape volò lesta su Eva, si posò un attimo appena sul suo nasino, poi, con un ronzio di saluto scomparve nella luce.
-E' questa mia sorella! gridò Jan slanciandosi sulla bambina e abbracciandola.
Con quell'abbraccio l'incantesimo fu rotto; le altre undici bambine scomparvero e il Re dei Venti, ululando e turbinando, si allontanò infuriato.
Dove passava gli alberi abbassavano la testa, le foglie secche crepitavano, la polvere si sollevava in nubi soffocanti.
Eva, piangendo e ridendo, si strinse fra le braccia di Jan.
E così, felici, piangenti e ridenti, finalmente di nuovo insieme, i due fratelli tornarono a casa.
C'era una volta un re che aveva due figli: Jan, un giovanotto alto e robusto, ed Eva, una bambina bella come la luce di un'alba di primavera.
I due fratelli si volevano un gran bene: Jan, tutte le volte che i suoi doveri glielo permettevano, andava a giocare con la sorellina; ed Eva, tutte le volte che riusciva a sfuggire alla governante, andava a vedere il fratello mentre cavalcava o tirava di scherma o studiava il latino per diventare re.
Quando non poteva stare con Jan, Eva andava a giocare in giardino. E fu proprio mentre era in giardino che il Re dei Venti, passando, in un turbine la rapì.
Ora, il Re dei Venti è invisibile e nessuno lo vide portar via Eva, sicchè quando più tardi, la governante scese a chiamare la bambina e non la trovò, fu dato l'allarme.
Guardie e servitori frugarono dappertutto, dalle cantine alle soffitte della reggia,poi in città e nei dintorni, ma la bambina non si trovò. Il re era davvero disperato: piangeva, singhiozzava e non si dava pace.
-Andrò a cercarla io- gli disse Jan.- Non voglio perdere la speranza: vedrai che la ritroverò.
Montò a cavallo e si mise in cammino: attraversò città e villaggi, boschi e foreste, fiumi e torrenti. Niente: di Eva non c'era traccia.
Un giorno giunse, stanco ed affamato, ad uno stagno pieno di anatre che, spaventate dal suo arrivo, si alzarono in volo.
Subito Jan afferrò l'arco e prese di mira la più grossa, ma mentre stava per scagliare la freccia, quella si mise a gridare a gran voce: - Aspetta principe! Se non mi uccidi io ti potrò aiutare.
- E come?- domandò Jan stupito abbassando l'arco.
-Se ti dico dov'è tua sorella, lascerai in vita me e le mie sorelle?
-Certo, Parola di principe.
-Bene. Allora va sempre diritto per quel sentiero: troverai il castello dove il Re dei Venti la tiene prigioniera.
Jan riprese il cammino ma, poco dopo, trovo formicaio che gli sbarrava la strada; allora, con un bastone, si mise a demolirlo.
Aveva appena dato due o tre colpi che la regina delle formiche gli gridò:
-Aspetta principe! Non distruggere il mio regno: la tua strada non passa sul formicaio. Percorri quel sentiero a destra e giungerai al castello.
Stupito, Jan buttò via il bastone e si rimise in viaggio seguendo le indicazioni della formica.
Cammina, cammina, arrivò ad una foresta, si inoltrò fra gli alberi finchè non si trovò la strada sbarrata da un vecchio tronco cavo, nel quale avevano fatto il nido le api.
Siccome non c'era modo di andare avanti, Jan estrasse la spada per spezzare il tronco cavo e aprirsi un varco, ma aveva appena dato il primo colpo che la regina delle api, volandogli davanti al viso disse: - aspetta principe ! E' inutile che tu distrugga il mio regno: la tua strada passa a destra del tronco. Percorrila e giungerai al castello.
Jan ormai non si stupiva più di nulla e, abbattuto a colpi di spada un cespuglio che era a fianco del tronco, ritrovò il sentiero. Prima di sera uscì dalla foresta e proprio davanti a sè vide un'alta montagna rocciosa sulla quale sorgeva un altissimo castello.
Sulla montagna non c'erano sentieri, perciò Jan, lasciato il cavallo, dovette arrampicarsi come una capra selvatica. Si spellò le mani, si sbucciò le ginocchia, si strappò il vestito, ma prima che tramontasse il sole era arrivato alla porta del castello.
Bussò, ma nessuno rispose: allora spinse il battente, la porta si aprì ed egli entrò. Percorse tutte le sale che erano deserte, e giunse in cima alla torre dove trovò il Re dei Venti che soffiava sulla terra per mandare in giro nuvole e tempeste.
Lo affrontò subito sguainando la spada.
-O mi restituisci mia sorella o ti uccido! - gridò!
-Ah, Ah! - rise il Re dei Venti - Non mi fai paura. Non sai che il mio corpo è fatto d'aria e che la tua spada mi trapasserebbe senza ferirmi? Però- soggiunse sghignazzando- poichè sei riuscito ad arrivare fin quassù, voglio premiare la tua costanza. Vedi questo anello? Se domani mattina me lo riporterai, ti restituirò tua sorella.
Nel dire queste parole, si sfilò un anello dal dito e lo lanciò lontano lontano, nello stagno; poi, sollevando un turbine di polvere scomparve.
Jan si precipitò giù per le scale, giù per la montagna, attraversò la foresta e giunse affannato allo stagno: L'acqua immobile e grigia come piombo, copriva il fondo fangoso dove da qualche parte si era depositato l'anello.
Come avrebbe potuto trovarlo in una sola notte? Jan si sedette sulla riva e pianse, col viso fra le mani. Ma poco dopo udì un rumore; alzò la testa e vide l'anatra alla quale aveva salvato la vita.
-Non piangere- gli disse l'anatra- ci penseremo noi, io e le mie sorelle, a trovare l'anello.
Si voltò e si allontanò nel buio della notte. Jan udì uno sciacquio leggero sullo stagno. Tese l'orecchio e ascoltò, ma pian piano il sonno lo vinse. Quando si svegliò, la mattina dopo, al suo dito c'era l'anello.
Senza perder tempo, rifece tutta la strada, salì sulla torre del castello, si presentò al Re dei Venti.
-Ecco l'anello- disse ora mantieni la tua promessa.
-Ah! Ah! - rise il Re dei Venti_ Non mi basta: devi superare un'altra prova - E così dicendo, vuotò fuori dalla torre un sacchetto di semi di papavero che si sparsero nell'aria.
-Se domani mattina mi riporti tutti questi semi, ti restituirò tua sorella.
Fece una gran risata e scomparve.
Desolato, Jan si affacciò alla torre: chissà dov'erano finiti quei semi così piccoli e leggeri che è sufficiente un soffio di un bambino per farli volar lontano!
E stava così pensieroso e triste, quando all'improvviso udì una vocina che lo chiamava. Alzò la testa e vide la regina delle formiche:
-Non disperarti- gli disse la formica. Tu non hai distrutto l mio regno e io ti restituirò il favore: le mie operaie sono già al lavoro. Guarda!
Jan guardò, e vide una fila di formiche che saliva su per la torre: ogni formica portava un semino, lo metteva nel sacchetto e ripartiva svelta svelta.
Quella processione continuò tutto il giorno e la notte. La mattina dopo il sacchetto era pieno.
-Ecco i tuoi semi!- disse Jan al Re dei Venti - Ora mantieni la tua Promessa.-
-E' giusto- rispose lui con un sorriso cattivo. - Vieni-.
Con un soffio trasportò il principe in una grande sala, battè le mani e subito apparvero dodici bambine. Jan le guardò con sgomento e stupore : erano tutte uguali, altezza, lineamenti del viso... insomma dodici Eva.
-Come avrai capito. disse il Re dei Venti- una sola è tua sorella. Se la riconoscerai, sarà libera, ed io allora non potrò più oppormi. Ma se non la riconoscerai, anche tu resterai mio prigioniero per sempre.
Come fare? Jan guardò le dodici bambine ad una ad una sperando di scoprire un segno, un particolare che gli facesse riconoscere Eva. Ma quei visi erano identici, privi di espressione, immobili per magia, come visi di bambole.
Mentre li stava scrutando ancora una volta, ma ormai senza speranza, Jan vide all'improvviso una minuscola freccia d'oro balenare nel sole e subito dopo udì un ronzio all'orecchio.
-Mi manda la regina. Sta attento tua sorella è la bambina sulla quale mi poserò.
Detto questo, l'ape volò lesta su Eva, si posò un attimo appena sul suo nasino, poi, con un ronzio di saluto scomparve nella luce.
-E' questa mia sorella! gridò Jan slanciandosi sulla bambina e abbracciandola.
Con quell'abbraccio l'incantesimo fu rotto; le altre undici bambine scomparvero e il Re dei Venti, ululando e turbinando, si allontanò infuriato.
Dove passava gli alberi abbassavano la testa, le foglie secche crepitavano, la polvere si sollevava in nubi soffocanti.
Eva, piangendo e ridendo, si strinse fra le braccia di Jan.
E così, felici, piangenti e ridenti, finalmente di nuovo insieme, i due fratelli tornarono a casa.