Un mondo nuovo.
All'inizio c'era solo Te Kore, ossia il Niente. Sebbene fosse il Niente, da lui nacque Te Poo, la Notte. Nell'oscurità impenetrabile Rangi, il Padre del Cielo, riposava tra le braccia di Madre Terra. I loro piccoli, gli dei, strisciavano nello stretto spazio tra i due corpi: volevano liberarsi per volare alti nel cielo, godere la carezza del vento e il calore del sole.
Agitando i pallidi corpi si dicevano l'un l'altro:
-Cosa possiamo fare? Abbiamo bisogno di spazio per sgranchire le gambe; vogliamo bere la luce.
Finalmente il più piccolo tra loro, Tane Mahuta, colui che sarebbe diventato il dio della Foresta, sentì che era venuto il tempo della liberazione. Trattenne a lungo il respiro, rimase immobile per raccogliere ogni forza, poi premette con le braccia contro il corpo di sua madre, mentre con i piedi ben piantati contro il padre Rangi si torceva a destra e a sinistra divincolandosi.
Sembrava che l'abbraccio che legava Rangi alla Madre Terra non solo si sciogliesse, ma si facesse più stretto. Tane fece un ultimo sforzo: arcuò i lombi e spinse, spinse, trattenendo il respiro.
Ed ecco che il miracolo avvenne: i due corpi si staccarono e la Madre Terra precipitò verso il basso. Rangi, il Padre del Cielo, rimase lassù guardando stupito quel mondo che si allontanava da lui.
-E' merito di Tane, il dio della Foresta, se il cielo e la terra oggi sono divisi- raccontano gli anziani Maori ai loro piccoli- E' per la sua tenacia se oggi le tenebre siedono appartate e la luce ha i suoi tempi.
La divisione aveva prodotto uno sconquasso tremendo: Rangi rotolava qua e là mentre venti violentissimi scuotevano lo spazio tra Cielo e Terra. Rannicchiati insieme. sbattuti dalla tempesta, Tane e i suoi fratelli guardavano dall'alto le dolci curve della loro madre.
Lampi e saette illuminavano il suo corpo nudo, mentre gelide piogge sferzavano quelle tenere spalle che avevano perduto il calore dell'abbraccio del dio del Cielo.
Nonostante avesse lottato per liberarsi da loro, Tane amava suo padre e sua madre, ed ora soffriva nel vedere la terra così spoglia e solitaria. Decise allora che l'avrebbe rivestita di colori, di vita.
Tane partorì innumerevoli figli, chiamati Alberi, e li donò alla madre per coprirne le nudità. Ma inesperto com'era, il dio della Foresta piantò i suoi figli immergendo nella terra rami e foglie, lasciando in alto le radici.Gli alberi non riuscivano a respirare: rimanevano ritti, inermi, senza vita. Tane avrebbe voluto donare alla terra altri figli: gli insetti, gli uccelli, innumerevoli famiglie di animali. Ma non c'era possibilità di vita per loro.
Finalmente capì: strappò dalla terra un gigantesco Kauri, lo scosse con forza dal terriccio e lo piantò nuovamente, mettendo stavolta le radici in basso e i rami rivolti verso il cielo.
Subito il vento e la brezza cominciarono a giocare tra i rami del Kauri. Si alzò un canto, un invito a uccelli e animali a scendere in terra per allietarla con la loro presenza. Era nato un mondo nuovo.
La terra finalmente era felice: ora se ne stava distesa al sole, pigra e feconda. Un fremente vestito verde la copriva, le acque degli oceani sfioravano i suoi lombi, uccelli ed insetti si muovevano felici in quel paradiso. Le stagioni si avvicendavano ordinate, portando ciascuna nuovi doni.
Solo uno dei fratelli non aveva seguito Tane: era rimasto aggrappato al padre e guardava il mondo dall'alto.
Era Taa Hiri, il dio dei Venti che scorrazzava indipendente tra cielo e terra.
Di tanto in tanto dal basso, Tane sbirciava Rangi, solitario e triste lassù nel cielo così vuoto. Gli dispiaceva che il padre fosse abbandonato, senza compagnia, senza affetto; perciò un giorno spinse verso di lui il Sole e gli pose alle spalle la Luna.
Durante l'operazione furono migliaia le scintille di sole che si sparsero nel cielo.
Noi le vediamo brillare la notte e le chiamiamo stelle.
Alla fine Tane si riposò e, guardandosi attorno, fu contento di quanto era accaduto.
All'inizio c'era solo Te Kore, ossia il Niente. Sebbene fosse il Niente, da lui nacque Te Poo, la Notte. Nell'oscurità impenetrabile Rangi, il Padre del Cielo, riposava tra le braccia di Madre Terra. I loro piccoli, gli dei, strisciavano nello stretto spazio tra i due corpi: volevano liberarsi per volare alti nel cielo, godere la carezza del vento e il calore del sole.
Agitando i pallidi corpi si dicevano l'un l'altro:
-Cosa possiamo fare? Abbiamo bisogno di spazio per sgranchire le gambe; vogliamo bere la luce.
Finalmente il più piccolo tra loro, Tane Mahuta, colui che sarebbe diventato il dio della Foresta, sentì che era venuto il tempo della liberazione. Trattenne a lungo il respiro, rimase immobile per raccogliere ogni forza, poi premette con le braccia contro il corpo di sua madre, mentre con i piedi ben piantati contro il padre Rangi si torceva a destra e a sinistra divincolandosi.
Sembrava che l'abbraccio che legava Rangi alla Madre Terra non solo si sciogliesse, ma si facesse più stretto. Tane fece un ultimo sforzo: arcuò i lombi e spinse, spinse, trattenendo il respiro.
Ed ecco che il miracolo avvenne: i due corpi si staccarono e la Madre Terra precipitò verso il basso. Rangi, il Padre del Cielo, rimase lassù guardando stupito quel mondo che si allontanava da lui.
-E' merito di Tane, il dio della Foresta, se il cielo e la terra oggi sono divisi- raccontano gli anziani Maori ai loro piccoli- E' per la sua tenacia se oggi le tenebre siedono appartate e la luce ha i suoi tempi.
La divisione aveva prodotto uno sconquasso tremendo: Rangi rotolava qua e là mentre venti violentissimi scuotevano lo spazio tra Cielo e Terra. Rannicchiati insieme. sbattuti dalla tempesta, Tane e i suoi fratelli guardavano dall'alto le dolci curve della loro madre.
Lampi e saette illuminavano il suo corpo nudo, mentre gelide piogge sferzavano quelle tenere spalle che avevano perduto il calore dell'abbraccio del dio del Cielo.
Nonostante avesse lottato per liberarsi da loro, Tane amava suo padre e sua madre, ed ora soffriva nel vedere la terra così spoglia e solitaria. Decise allora che l'avrebbe rivestita di colori, di vita.
Tane partorì innumerevoli figli, chiamati Alberi, e li donò alla madre per coprirne le nudità. Ma inesperto com'era, il dio della Foresta piantò i suoi figli immergendo nella terra rami e foglie, lasciando in alto le radici.Gli alberi non riuscivano a respirare: rimanevano ritti, inermi, senza vita. Tane avrebbe voluto donare alla terra altri figli: gli insetti, gli uccelli, innumerevoli famiglie di animali. Ma non c'era possibilità di vita per loro.
Finalmente capì: strappò dalla terra un gigantesco Kauri, lo scosse con forza dal terriccio e lo piantò nuovamente, mettendo stavolta le radici in basso e i rami rivolti verso il cielo.
Subito il vento e la brezza cominciarono a giocare tra i rami del Kauri. Si alzò un canto, un invito a uccelli e animali a scendere in terra per allietarla con la loro presenza. Era nato un mondo nuovo.
La terra finalmente era felice: ora se ne stava distesa al sole, pigra e feconda. Un fremente vestito verde la copriva, le acque degli oceani sfioravano i suoi lombi, uccelli ed insetti si muovevano felici in quel paradiso. Le stagioni si avvicendavano ordinate, portando ciascuna nuovi doni.
Solo uno dei fratelli non aveva seguito Tane: era rimasto aggrappato al padre e guardava il mondo dall'alto.
Era Taa Hiri, il dio dei Venti che scorrazzava indipendente tra cielo e terra.
Di tanto in tanto dal basso, Tane sbirciava Rangi, solitario e triste lassù nel cielo così vuoto. Gli dispiaceva che il padre fosse abbandonato, senza compagnia, senza affetto; perciò un giorno spinse verso di lui il Sole e gli pose alle spalle la Luna.
Durante l'operazione furono migliaia le scintille di sole che si sparsero nel cielo.
Noi le vediamo brillare la notte e le chiamiamo stelle.
Alla fine Tane si riposò e, guardandosi attorno, fu contento di quanto era accaduto.