IL WALHALLA
Al disopra dei fiumi e delle foreste, oltre le vette nevose dei monti più alti, si apriva una regione luminosa abitata dagli immortali.
Signore del luogo e di tutti gli dei era il saggio Wotan.
Lo sguardo acutissimo del re degli dei si stendeva sulla sorgente del grande Reno e sulla sua foce, sui campi, i boschi, i fiumi, i mari, gli oceani.
Nulla di quanto accadeva tra gli uomini e gli dei gli sfuggiva: stavano sulle sue spalle due corvi astuti e velocissimi che, messi in libertà la mattina, tornavano la sera presso di lui e gli riferivano quello che avevano visto e udito. Sul capo di Wotan splendeva un elmo d'oro ed al suo fianco era appesa una lancia d'acciaio. Il grande Wotan non disdegnava di scendere frequentemente tra i mortali per seguirne da vicino le vicende: si travestiva allora da vindante, con un logoro mantello sulle spalle e un cappellaccio calato sulla fronte. Il cappello a larga falda nascondeva un occhio cieco. Per ottenere la saggezza, infatti, Wotan aveva ceduto un suo occhio al Destino, e l'aveva lasciato cadere nella fonte che sgorgava ai piedi di un frassino sacro, protettore degli dei.
Un occhio solo illuminava ora il suo volto, ma il suo sguardo penetrante era ugualmente insostenibile e temuto da tutti gli altri dei.Quando vagava sulla terra, invece della lancia, Wotan portava un'asta di frassino su cui erano incisi i patti che egli stesso sanciva.
Ma il dio trascorreva la maggior parte della sua vita serena e immortale tra le delizie del Walhalla, accanto alla sposa Fricka e alla sorella di lei, Freia.
Figlie di Wotan erano nove fanciulle bellissime e invincibili nella guerra chiamate Walchirie. Erano invisibili agli uomini e solo chi era vicino alla morte aveva la facoltà di vederle.
Armate di elmo e di corazza, quando sulla terra infuriava qualche battaglia, le Walchirie, accorrevano con i loro cavalli e raccoglievano i corpi degli eroi caduti. Quindi risalivano verso il cielo dove i guerrieri morti rinascevano a vita eterna in premio del loro eroismo. Accolti nella schiera degli dei, gli eroi passavano le loro giornate nel Walhalla, gareggiando tra loro in prove di coraggio.
Il Walhalla, la reggia degli dei era proprio degna di Wotan. Il dio ne aveva ordinato la costruzione a due dei suoi giganti : Fasolt e Fafner, i più forti e i più abili architetti del mondo:
-Che cosa ci darai in cambio della nostra fatica, dio Wotan?- chiesero i giganti non appena ebbero udito la decisione del dio.- Per costruire la tua reggia dovremo inoltrarci fin nelle viscere della terra e strapparne le gemme più preziose; dovremo abbattere macigni e trasportarli, dovremo scavare la roccia e cercare i marmi più pregiati...
Il dio stette un pò pensoso poi chiese a sua volta: - Che cosa volete come compenso della vostra fatica?
I giganti senza esitare risposero ad una voce . - Vogliamo ci venga affidata Freia, la dea della Giovinezza.
Il volto di Wotan si rabbuiò. Come poteva concedere ai rudi giganti proprio Freia, la dolce e bella Freia, sorella di Fricka sua moglie?
Freia era il dono più prezioso che i giganti potessero chiedere: Lei infatti era la sola fra tutte le divinità, che sapesse coltivare i frutti dolcissimi che avevano il potere di concedere agli dei l'eterna giovinezza...
Wotan stava quasi per rifiutare il patto, quando alle sue spalle sopraggiunse furtivo l'astuto Loge, il demone del fuoco, e lo trasse in disparte.
-Tu prometti pure ai giganti la ricompensa che chiedono- lo consigliò- Troverò io il modo di evitare che Freia cada nelle loro mani, e proporrò loro qualche altro compenso..
- Sia pure!- tuonò allora Wotan, rivolto ai giganti, e il sacro patto fu inciso sull'asta di frassino del dio. Un mattino, al primo risveglio, Wotan scorse il Walhalla che si ergeva maestoso tra le vette.
-Il Walhalla!- prorupoppe il dio con un gioioso senso di meraviglia.
Ma Fricka, preoccupata, gli chiese: - e ora come compenseremo i giganti?
Intanto sentirono da lontano i gemiti di Freia che veniva correndo sulla costa del monte.
-Wotan aiuto! Salvami dai giganti!- E così dicendo cadde sfinita ai piedi del dio.
I giganti nel frattempo erano giunti, e si fermarono immobili, alti e massicci come due torri, davanti agli dei.
-dio Wotan, l'opera è compiuta: vogliamo il compenso- Così dicendo fecero per portar via Freia.
Nello stesso istante gli dei iniziarono come d'incanto, a perdere la loro splendida giovinezza: i loro capelli diventarono bianchi e la pelle rugosa.
Fu allora che finalmente ricomparve Loge.
Wotan lo attendeva con impazienza e lo accolse rimproverandogli aspramente il ritardo.
-Ho percorso tutta la terra- rispose Loge- alla ricerca di qualcosa da poter dare ai giganti invece di Freia, la dea della giovinezza e dell'amore. Ma dovunque esista un moto di vita, in cielo, in terra, tra le onde dei fiumi e dei mari, dovunque nasca un germoglio, non c'è nulla che valga più dell'amore e della giovinezza.
Ho incontrato una sola creatura vivente che abbia maledetto l'amore: Alberico il Nibelungo.
Egli ha rinunciato alle gioie dell'amore per essere in grado di forgiarsi un anello magicocon l'oro e le acque del Reno. Questo anello ha il potere di rendere chi lo possiede Padrone del Mondo e, come se ciò non bastasse Alberico sta costringendo i nani- Nibelunghi, divenuti suoi schiavi, ad ammassare per lui, nel Nibelheim, un tesoro indescrivibile.
Le parole del demone lasciarono sbigottiti tutti gli dei, i giganti e lo stesso Wotan.
Fasolt e Fafner decisero che l'oro del Nibelungo valeva per loro ben più di Freira e si dichiararono disposti a restituirla agli dei. Wotan da parte sua pensò che, fintanto che qualcun altro aveva l'anello egli non sarebbe stato più il Signore del mondo. Per questo manifestò la sua ferma intenzione di impadronirsene a ogni costo; ma Loge lo ammonì:
-Ricordati, Wotan, che l'anello appartiene alle figlie del Reno e che esse ti invocano perchè tu lo renda loro.
Intanto giganti e dei attendevano impazienti la decisione del re del Walhalla.
Infine risuonarono come un tuono le parole di Wotan:
-Andremo da Alberico: il suo tesoro ci servirà per soddisfare i giganti.-
Wotan e il figlio Loge lasciarono subito il Walhalla e si avviarono verso il paese dei Nibelunghi.
Il Nibelheim era un regno sotterraneo formato da numerose caverne scavate nella roccia e collegate tra loro da una fittissima rete di stretti cunicoli.
Alla luce delle torce che illuminavano gli antri, Wotan e Loge videro sbucare dalle gallerie lunghe file di Nibelunghi, che avanzavano faticosamente con carri colmi di oro.
Man Mano che gli dei si inoltravano nell'intrico delle caverne aumentava sempre più il frastuono che saliva dal fondo dell'abisso.
Quando finalmente sboccarono in un immenso spiazzo, si trovarono di fronte ad una scena incredibile: davanti ai loro occhi si apriva una sterminata fucina in movimento, con mille e mille martelli che battevano senza posa, producendo un acutissimo frastuono metallico.
Dappertutto era un formicolare di nani-nibelunghi che tagliavano pietre preziose e limavano monili d'oro, costruivano capaci forzieri e picchiavano su borchie di bronzo e ferro: qua e là erano sparse casse enormi di pesante legno scuro che traboccavano di gioielli.
Senza dubbio Alberico era padrone di una ricchezza favolosa ed incalcolabile; per giunta aveva un intero popolo al suo servizio; un esercito instancabile di nani-nibelunghi che egli aveva reso schiavi e dominava con il potere che gli aveva conferito l'anello magico. ===...
Al disopra dei fiumi e delle foreste, oltre le vette nevose dei monti più alti, si apriva una regione luminosa abitata dagli immortali.
Signore del luogo e di tutti gli dei era il saggio Wotan.
Lo sguardo acutissimo del re degli dei si stendeva sulla sorgente del grande Reno e sulla sua foce, sui campi, i boschi, i fiumi, i mari, gli oceani.
Nulla di quanto accadeva tra gli uomini e gli dei gli sfuggiva: stavano sulle sue spalle due corvi astuti e velocissimi che, messi in libertà la mattina, tornavano la sera presso di lui e gli riferivano quello che avevano visto e udito. Sul capo di Wotan splendeva un elmo d'oro ed al suo fianco era appesa una lancia d'acciaio. Il grande Wotan non disdegnava di scendere frequentemente tra i mortali per seguirne da vicino le vicende: si travestiva allora da vindante, con un logoro mantello sulle spalle e un cappellaccio calato sulla fronte. Il cappello a larga falda nascondeva un occhio cieco. Per ottenere la saggezza, infatti, Wotan aveva ceduto un suo occhio al Destino, e l'aveva lasciato cadere nella fonte che sgorgava ai piedi di un frassino sacro, protettore degli dei.
Un occhio solo illuminava ora il suo volto, ma il suo sguardo penetrante era ugualmente insostenibile e temuto da tutti gli altri dei.Quando vagava sulla terra, invece della lancia, Wotan portava un'asta di frassino su cui erano incisi i patti che egli stesso sanciva.
Ma il dio trascorreva la maggior parte della sua vita serena e immortale tra le delizie del Walhalla, accanto alla sposa Fricka e alla sorella di lei, Freia.
Figlie di Wotan erano nove fanciulle bellissime e invincibili nella guerra chiamate Walchirie. Erano invisibili agli uomini e solo chi era vicino alla morte aveva la facoltà di vederle.
Armate di elmo e di corazza, quando sulla terra infuriava qualche battaglia, le Walchirie, accorrevano con i loro cavalli e raccoglievano i corpi degli eroi caduti. Quindi risalivano verso il cielo dove i guerrieri morti rinascevano a vita eterna in premio del loro eroismo. Accolti nella schiera degli dei, gli eroi passavano le loro giornate nel Walhalla, gareggiando tra loro in prove di coraggio.
Il Walhalla, la reggia degli dei era proprio degna di Wotan. Il dio ne aveva ordinato la costruzione a due dei suoi giganti : Fasolt e Fafner, i più forti e i più abili architetti del mondo:
-Che cosa ci darai in cambio della nostra fatica, dio Wotan?- chiesero i giganti non appena ebbero udito la decisione del dio.- Per costruire la tua reggia dovremo inoltrarci fin nelle viscere della terra e strapparne le gemme più preziose; dovremo abbattere macigni e trasportarli, dovremo scavare la roccia e cercare i marmi più pregiati...
Il dio stette un pò pensoso poi chiese a sua volta: - Che cosa volete come compenso della vostra fatica?
I giganti senza esitare risposero ad una voce . - Vogliamo ci venga affidata Freia, la dea della Giovinezza.
Il volto di Wotan si rabbuiò. Come poteva concedere ai rudi giganti proprio Freia, la dolce e bella Freia, sorella di Fricka sua moglie?
Freia era il dono più prezioso che i giganti potessero chiedere: Lei infatti era la sola fra tutte le divinità, che sapesse coltivare i frutti dolcissimi che avevano il potere di concedere agli dei l'eterna giovinezza...
Wotan stava quasi per rifiutare il patto, quando alle sue spalle sopraggiunse furtivo l'astuto Loge, il demone del fuoco, e lo trasse in disparte.
-Tu prometti pure ai giganti la ricompensa che chiedono- lo consigliò- Troverò io il modo di evitare che Freia cada nelle loro mani, e proporrò loro qualche altro compenso..
- Sia pure!- tuonò allora Wotan, rivolto ai giganti, e il sacro patto fu inciso sull'asta di frassino del dio. Un mattino, al primo risveglio, Wotan scorse il Walhalla che si ergeva maestoso tra le vette.
-Il Walhalla!- prorupoppe il dio con un gioioso senso di meraviglia.
Ma Fricka, preoccupata, gli chiese: - e ora come compenseremo i giganti?
Intanto sentirono da lontano i gemiti di Freia che veniva correndo sulla costa del monte.
-Wotan aiuto! Salvami dai giganti!- E così dicendo cadde sfinita ai piedi del dio.
I giganti nel frattempo erano giunti, e si fermarono immobili, alti e massicci come due torri, davanti agli dei.
-dio Wotan, l'opera è compiuta: vogliamo il compenso- Così dicendo fecero per portar via Freia.
Nello stesso istante gli dei iniziarono come d'incanto, a perdere la loro splendida giovinezza: i loro capelli diventarono bianchi e la pelle rugosa.
Fu allora che finalmente ricomparve Loge.
Wotan lo attendeva con impazienza e lo accolse rimproverandogli aspramente il ritardo.
-Ho percorso tutta la terra- rispose Loge- alla ricerca di qualcosa da poter dare ai giganti invece di Freia, la dea della giovinezza e dell'amore. Ma dovunque esista un moto di vita, in cielo, in terra, tra le onde dei fiumi e dei mari, dovunque nasca un germoglio, non c'è nulla che valga più dell'amore e della giovinezza.
Ho incontrato una sola creatura vivente che abbia maledetto l'amore: Alberico il Nibelungo.
Egli ha rinunciato alle gioie dell'amore per essere in grado di forgiarsi un anello magicocon l'oro e le acque del Reno. Questo anello ha il potere di rendere chi lo possiede Padrone del Mondo e, come se ciò non bastasse Alberico sta costringendo i nani- Nibelunghi, divenuti suoi schiavi, ad ammassare per lui, nel Nibelheim, un tesoro indescrivibile.
Le parole del demone lasciarono sbigottiti tutti gli dei, i giganti e lo stesso Wotan.
Fasolt e Fafner decisero che l'oro del Nibelungo valeva per loro ben più di Freira e si dichiararono disposti a restituirla agli dei. Wotan da parte sua pensò che, fintanto che qualcun altro aveva l'anello egli non sarebbe stato più il Signore del mondo. Per questo manifestò la sua ferma intenzione di impadronirsene a ogni costo; ma Loge lo ammonì:
-Ricordati, Wotan, che l'anello appartiene alle figlie del Reno e che esse ti invocano perchè tu lo renda loro.
Intanto giganti e dei attendevano impazienti la decisione del re del Walhalla.
Infine risuonarono come un tuono le parole di Wotan:
-Andremo da Alberico: il suo tesoro ci servirà per soddisfare i giganti.-
Wotan e il figlio Loge lasciarono subito il Walhalla e si avviarono verso il paese dei Nibelunghi.
Il Nibelheim era un regno sotterraneo formato da numerose caverne scavate nella roccia e collegate tra loro da una fittissima rete di stretti cunicoli.
Alla luce delle torce che illuminavano gli antri, Wotan e Loge videro sbucare dalle gallerie lunghe file di Nibelunghi, che avanzavano faticosamente con carri colmi di oro.
Man Mano che gli dei si inoltravano nell'intrico delle caverne aumentava sempre più il frastuono che saliva dal fondo dell'abisso.
Quando finalmente sboccarono in un immenso spiazzo, si trovarono di fronte ad una scena incredibile: davanti ai loro occhi si apriva una sterminata fucina in movimento, con mille e mille martelli che battevano senza posa, producendo un acutissimo frastuono metallico.
Dappertutto era un formicolare di nani-nibelunghi che tagliavano pietre preziose e limavano monili d'oro, costruivano capaci forzieri e picchiavano su borchie di bronzo e ferro: qua e là erano sparse casse enormi di pesante legno scuro che traboccavano di gioielli.
Senza dubbio Alberico era padrone di una ricchezza favolosa ed incalcolabile; per giunta aveva un intero popolo al suo servizio; un esercito instancabile di nani-nibelunghi che egli aveva reso schiavi e dominava con il potere che gli aveva conferito l'anello magico. ===...