Non trattasi propriamente di natale, ma lo voglio raccontare ugualmente.
Liberi poi, voi, di non leggere.
Era l'anno in cui frequentavo il primo anno delle superiori.
Avevo 14 anni a dicembre, ne facevo 15 di lì a poco, a febbraio.
Quell'anno i miei fratelli ed io abbiamo organizzato gli ultimi giorni ed i primi dell'anno successivo in montagna, nella casa natale di mia madre.
Sorvolerò sui disagi che una casa vecchia, grande, non abitata per la maggior parte dell'anno comporta. Accenno solo al fatto che dentro c'era un freddo tale che per scaldarci... andavamo fuori. Anche se la temperatura era sotto zero, almeno c'era il sole!!!
Cmq, siamo andati su in compagnia del nostro cappellano del tempo. Era un ragazzo giovane ed aveva avuto un permesso speciale per venire qualche giorno in montagna. Con noi, oltre alla nostra cagnetta Susanna, amiche e amici. Sette, otto, non ricordo quanti.
Tra gli altri c'era Emanule.
Emanuele era un ragazzo del mio paese, ci conoscevamo perché frequentavamo la parrocchia, il patronato. Lui due anni più di me, ma già lavorava.
E... galeotto fu il canotto... Galeotta fu una passeggiata nel bosco, con la neve, senza una meta, senza conoscere il sentiero. Scendeva la sera. Buio, ma non pesto: una splendida luna piena illuminava il percorso, la neve al suolo brillava e rifletteva una luce che ora direi fosse una luce da Paradiso.
I versi degli uccelli notturni, il rumore ovattato dei nostri passi sulla neve fresca, quel freddo pungente da cui però ci riparavamo con indumenti da neve e fantastici doposci. Un pochina di paura, sì, trovarci di notte in un bosco con la neve e tratti a strapiombo.
Ma... c'era lui! Emanuele. Quel ragazzo più grande di me, 17 anni a marzo, che già lavorava. Pareva nato in mezzo a quei sentieri, ed era la prima volta che ci veniva. Mi teneva la mano e mi tratteneva ogni volta che scivolavo. Più volte gli ho chiesto di fermarci ed aspettare che qualcuno venisse a recuperaci, ma lui no, andiamo avanti...
Inutile dire che alla fine siamo arrivati al paese e a casa. Io avevo le gambe che tremavano ed ero preoccupata anche per il fatto che sapevo che a casa si stavano preoccupando.
Ed inutile dire che io, non ancora quindicenne, mi sono perdutamente innamorata di lui, esattamente in quel frangente.
Tornati a casa abbiamo preso a frequentarci in maniera assidua, quando lui non lavorava ed io non studiavo.
Poi, una sera del giugno successivo, è successa una cosa.
Non ricordo esattamente quale fosse l'oggetto del contendere cmq Emanuele (Ema, come lo chiamavo io) ed io facemmo una scommessa.
La posta in gioco, da parte sua, era che in settimana sarebbe andato dal suo medico per farsi vedere quel gnocco che aveva sul collo ormai da mesi.
Vinsi io.
Quel gnocco era una ghiandola infiammata indice del morbo di Hodgkin...
I miei successivi dieci natali e feste di capodanno li ho trascorsi in ospedale o a casa sua, nell'interruzione tra un ciclo di chemio ed un altro o cmq in situazioni di tranquillità perché, malgrado Ema avesse l'argento vivo addosso, non poteva disperdere troppe energie.
Ok, l'ho raccontato il pensiero che mi porto sempre dietro ogni anno quando arrivano le feste.
Poi ci sarebbero i ricordi d'infanzia, me quelli ve li risparmio.
Ah, dimenticavo: Ema è morto il 10 gennaio scorso, a 42 anni, dopo aver combattuto col suo male per 25 anni.
Ultima modifica di Leda il Sab 18 Dic 2010 - 19:18 - modificato 1 volta.