lalangue ha scritto:In fondo, se è sull'anima che stiamo filosofando, la dovremo pur declinare in base alle sue inclinazioni più personali, no?
Non necessariamente, credo piuttosto stiamo
filosofando di «?» laddove con ciò, intendiamo la
verità in tutte le sue possibili forme; su questo punto, vi tornerò più avanti.
Devo in prima istanza soffermarmi su di un aspetto –per me ovvio– ma che non è mai male
visitare concettualmente.
Nell’articolazione di queste personali posizioni, devo necessariamente scegliere un approccio intellettuale volto al
risparmio. Risulta essere assai più semplice da gestire, un impianto concettuale che nella sua articolazione pare quasi
autonomo.
Se dovessi infatti intersecare ogni frase, costrutto, concetto, con l’immane lavorio filosofico prodotto su questioni del genere, non potrei gestire alcunché in termini di spazio, di tempo e
chi più ne ha più ne metta, ergo, il convergere più o meno accentuato, su noti aspetti, note posizioni (toh mi viene da pensare alla fenomenologia) può apparentemente non ricevere evidenziazione, ma è solo mancanza del segno grafico che l'attesta.
~
Come dicevo, credo che l’individuo debba possedere una struttura morale, che costituisce il
sostrato,
l’os, ma meglio quel
bios, quella
routine di base, sulla quale fondare molteplici istanze interiori; se la sua assenza sfocia nella preoccupante amoralità, una conformazione statica introduce quei problemi di
impasse che io auspico si possano risolvere.
L’architettura, invero piuttosto poliedrica, dovrebbe -a mio avviso- essere realizzata da una serie di negoziazioni di
stringhe concettuali atte a chiamare in causa -a livello di confronto- i
proto-oggettivi.
La risoluzione di ogni singolo confronto si attua quindi nella disputa tra
pro-oggettivi, tra il loro valore intrinseco che si determina attraverso il grado di prossimità alla verità, il ridotto tasso di astrazione. La risoluzione può quindi evidenziare il bene ergo il male e la sommatoria di questi processi, quindi la poliedrica definizione del concetto di bene, regge tutta la struttura.
Ora,
la verità, ovvero «nientemeno che».
Ecco, io credo si debba tendere ad essa ed importa poco in questo
abbrivio cosa essa in realtà celi (il nulla, il tutto; il caos, l’ordine, lo 0, l’uno, la divinità, la sua assenza, la molteplicità del divino, ecc)
Credo che questo processo, seppure con qualche battuta d’arresto, sia evidenziabile nella storia dell’umanità.
Inizialmente era esclusivamente immanenza,
l’homo non possedeva nessuna facoltà per poter distaccarsi da ciò; poi è forse nata la curiosità, il dubbio e la prima embrionale forma di pensiero volta all’astrazione. Il culto forse è stato il primo articolato approccio al trascendente; poi è venuta la speculazione filosofica pre-scientifica ed infine la scienza stessa.
In sostanza: da quando
coperti di pelli - brandeggiando una clava- assistevamo stupiti al sorgere del sole, fino a teorizzare e sperimentare la presenza del bosone di Higgs abbiamo compiuto un movimento in direzione della verità? Eh io credo proprio di sì.
Se quello che ci è giunto è
proto-verità, poco male, se i progressi in questo avvicinamento sono lentissimi (in particolare per esseri che vivono un secolo scarso) nuovamente poco male, ma la validità del riferimento, del movimento, del
moto a luogo, dobbiamo necessariamente considerarla.
Quindi rapportandoci con la verità/oggettività ci imbatteremo in
proto-verità/ proto-oggettivi e dal loro confronto, come dicevo dovrebbe nascere la concezione etica e quindi la morale.
Mi rendo conto che in questo mio
assetto è fondamentale il dialogo tra proto-oggettivi, cercherò di connotarlo, anche banalmente.
Dunque, produrre scorie radioattive, al momento in cui sto scrivendo, è un’attività dannosa per questo nostro
ecosistema. Questo è un proto-oggettivo.
L’uomo ha bisogno di stoccare le scorie radioattive in quanto –per il suo benessere- non può privarsi dei processi che le generano. Questo è un altro proto-oggettivo.
Diciamo che ne introduciamo poi almeno altri due: azione/reazione. In questo dialogo/confronto tra elementi scaturisce un’omogeneità di valori? Di astrazione? Di prossimità alla realtà? Non per quanto mi riguarda. Pertanto il confronto è risolvibile, pertanto è possibile dichiarare cosa è bene e cosa non lo è.
Produrre scorie non è bene, e l’unica eventualità nella quale ciò potrebbe essere evidenziato come tale (sempre a mio avviso) sarebbe produrre un proto-oggettivo parimenti qualificato: le scorie radioattive producono vantaggi per il nostro ecosistema.
Venendo al caso che ho proposto e al quale hai replicato.
Io essere umano, tendo biologicamente alla vita, all’omeostasi, alla conservazione, all’integrità alla sopravvivenza. Questo è un proto-oggettivo. Tu provi piacere/soddisfazione/godimento nel percuotere il prossimo? Altro proto-oggettivo, introduciamo nuovamente azione/reazione o se vogliamo attività/passività e di nuovo contempliamo il dialogo/il confronto. Di nuovo omogeneità?
Di nuovo stesso tasso di astrazione nei confronti della verità? Nuovamente non credo, Quindi anche questo confronto è risolvibile, quindi anche in questo caso è possibile dichiarare che il percuotermi, così come l’ho rappresentato, è male.
Introdurre il mio eventuale godimento nell’essere percosso –in siffatta maniera- propone un ulteriore elemento, così come il suo probabile stato patologico; nuovamente confronto risolvibile nella direzione: percuotermi è bene? Nuovamente non credo.
Questo in sostanza è il mio approccio alla questione etico-morale, e come si evince: il dogma non è previsto.
@ Royal
Non concordo troppo già sul nichilismo, ma in particolare sul
nulla.
Vedo però Ninfa piuttosto
introdotta relativamente al
nulla (e non è un'affermazione così offensiva come sembra) pertanto -potendo- lascerei a Lei ogni argomentazione in proposito.
Non potendo invece...