Come l’ipnosi tradizionale anche quella regressiva consiste in uno stato di trance indotto durante il quale però si invita il paziente a raccontare esperienze legate alle sue vite precedenti.
Questo utilizzo della tecnica ipnotica è stato inaugurato dallo lo psichiatra americano Brian Weiss , sulla base di racconti emersi durante sedute di ipnosi tradizionale da lui interpretati come stralci di memorie di vite precedenti. Weiss decise di documentarsi intorno a tali fenomeni e scoprì che era tutt’altro che raro il fatto che durante l’ipnosi il paziente sembrasse accedere a vite precedenti. Su queste basi arrivò ad ipotizzare che fobie e ansie la cui origine non era in realtà accessibile alla coscienza del paziente fossero legate proprio a traumi reali avvenuti in esistenze precedenti.
Mi chiedo quanto può essere fondata questa teoria.
L’analista è un facilitatore del processo ipnotico: può quindi influenzarlo a tal punto da indurre tali memorie? Oppure, più semplicemente, dato che l’analisi porta alla luce ciò che la coscienza a sepolto, non può trattarsi di esperienze immaginarie ( traumi non reali) che hanno inciso sul soggetto? Possono essere travestimenti o fantasie, per dirla in modo più semplice?
D’altro canto mi chiedo anche se sia legittimo, data la complessità della realtà escludere a priori questa ipotesi. A ciò si aggiunge il fatto che la convinzione che esistano vite precedenti e le relative “tecniche d’accesso” ad esse sono presenti in molte culture.
A monte quindi dovremmo chiederci se quella dell’esistenza di vite precedenti è un ipotesi attendibile,
e successivamente chiederci come intendere tali manifestazioni in analisi.
Vorrei sapere così, in modo disimpegnato, cosa ne pensate.
Questo utilizzo della tecnica ipnotica è stato inaugurato dallo lo psichiatra americano Brian Weiss , sulla base di racconti emersi durante sedute di ipnosi tradizionale da lui interpretati come stralci di memorie di vite precedenti. Weiss decise di documentarsi intorno a tali fenomeni e scoprì che era tutt’altro che raro il fatto che durante l’ipnosi il paziente sembrasse accedere a vite precedenti. Su queste basi arrivò ad ipotizzare che fobie e ansie la cui origine non era in realtà accessibile alla coscienza del paziente fossero legate proprio a traumi reali avvenuti in esistenze precedenti.
Mi chiedo quanto può essere fondata questa teoria.
L’analista è un facilitatore del processo ipnotico: può quindi influenzarlo a tal punto da indurre tali memorie? Oppure, più semplicemente, dato che l’analisi porta alla luce ciò che la coscienza a sepolto, non può trattarsi di esperienze immaginarie ( traumi non reali) che hanno inciso sul soggetto? Possono essere travestimenti o fantasie, per dirla in modo più semplice?
D’altro canto mi chiedo anche se sia legittimo, data la complessità della realtà escludere a priori questa ipotesi. A ciò si aggiunge il fatto che la convinzione che esistano vite precedenti e le relative “tecniche d’accesso” ad esse sono presenti in molte culture.
A monte quindi dovremmo chiederci se quella dell’esistenza di vite precedenti è un ipotesi attendibile,
e successivamente chiederci come intendere tali manifestazioni in analisi.
Vorrei sapere così, in modo disimpegnato, cosa ne pensate.