La rivoluzione è un esistenziale fondamentale. Tutti noi dobbiamo passarci, compiendo una radicale trasformazione di ogni aspetto della nostra persona. Questa trasformazione viene attuata tramite un processo di risignificazione dell’acquisito che ci consente di poterlo finalmente chiamare nostro. La sintetizza bene una frase a cui sono molto legata e che credo partorirono in coppia Adorno e Marcuse “Ogni uomo è ciò che fa di ciò che è stato fatto di lui”.
Ogni rivoluzione quindi si consuma entro un margine di ingiustizia necessario. Se conduce ad essa una presa di coscienza, nel momento in cui l’atto si estrinseca questo diviene cieco ed obbediente alla pura necessità di compiersi. Avere ed essere sono questioni di violenza perché si consumano necessariamente nei confronti di altro a cui impongono il proprio bisogno di accadere, che è privato e non comune. L’elemento di necessità è la causa profonda della rivoluzione: l’estrinsecarsi di un bisogno di essere e di avere.
Ciò che accade nella vita di tutti, portandoci ad acquisire un identità che ci appartiene, avviene anche al di fuori di noi. Non accadono diversamente le rivoluzioni storiche. Le parti in causa che agiscono per essere e avere entro lo spazio di ingiustizia rispondono alla logica dell’atto, e sono quindi cieche e violente. L’incoscienza dell’agire regala loro l’illusione che ci sia una parte giusta ed una sbagliata, che ci sino ragioni e giustificazioni affinchè l’ingiustizia necessaria sia.
Dato che ci appartiene intimamente, l’immagine della rivoluzione suscita in noi emozioni profonde.
Non a caso è un tema frequente nel cinema.
Sarebbe bello discutere qui di come la rivoluzione viene rappresentata e recepita, del perché spesso lo stesso episodio in momenti diversi è diversamente rappresentato, e magari del perché è così secondo noi, di quali aspetti emergono all’interno dei vari film, di cosa ne pensiamo noi.
Ogni rivoluzione quindi si consuma entro un margine di ingiustizia necessario. Se conduce ad essa una presa di coscienza, nel momento in cui l’atto si estrinseca questo diviene cieco ed obbediente alla pura necessità di compiersi. Avere ed essere sono questioni di violenza perché si consumano necessariamente nei confronti di altro a cui impongono il proprio bisogno di accadere, che è privato e non comune. L’elemento di necessità è la causa profonda della rivoluzione: l’estrinsecarsi di un bisogno di essere e di avere.
Ciò che accade nella vita di tutti, portandoci ad acquisire un identità che ci appartiene, avviene anche al di fuori di noi. Non accadono diversamente le rivoluzioni storiche. Le parti in causa che agiscono per essere e avere entro lo spazio di ingiustizia rispondono alla logica dell’atto, e sono quindi cieche e violente. L’incoscienza dell’agire regala loro l’illusione che ci sia una parte giusta ed una sbagliata, che ci sino ragioni e giustificazioni affinchè l’ingiustizia necessaria sia.
Dato che ci appartiene intimamente, l’immagine della rivoluzione suscita in noi emozioni profonde.
Non a caso è un tema frequente nel cinema.
Sarebbe bello discutere qui di come la rivoluzione viene rappresentata e recepita, del perché spesso lo stesso episodio in momenti diversi è diversamente rappresentato, e magari del perché è così secondo noi, di quali aspetti emergono all’interno dei vari film, di cosa ne pensiamo noi.