In questo senso la creatività è rottura di ciò che è costituito, di tutti quegli schemi che orientano l’esistenza quotidiana, e non soltanto genio o altre strane cose. La creatività porta a non affrontare il problemi a valle, ma a monte, ristrutturando quell’insieme di condizioni che definisce l’evento come problema. Entro altre coordinate quella stessa cosa può diventare neutra o addirittura diventare un’opportunità, o semplicemente, la soluzione può diventare molto semplice.
Guilford parlava a riguardo di pensiero divergente, cioè di una modalità di ragionamento che devia dai binari, che si snoda in modo più libero rispetto a quello convergente, producendo molte risposte oltre a quella esatta.
Ora mi chiedo, che valore adattivo può avere questo pensiero?
Ora, non pensate alle sterne artiche o all’orso yoghi per il fatto che ho parlato di valore adattivo. Semplicemente credo che ogni nostro modo di funzionare non sia inutile, cioè serva a qualcosa. Cos’è in questo caso questo qualcosa? Cosa consente di ottenere la creatività?
E ancora, quanto è davvero utile a risolvere i problemi del quotidiano? Quanto invece può produrre prigioni? Secondo me capita anche questo a volte.
E cosa poi distingue un persona creativa da un’altra? Cosa potrebbe essere a renderla tale?
A volte ho pensato che la creatività sia collegata ad un surplus di amore ricevuto da piccoli, o comunque ad una certa gratificazione ricevuta. Winnicott diceva che alimentare l’llusione di onnipotenza nel bambino è un presupposto indispensabile alla genesi della creatività. Però gli esempi che lo smentiscono sono molti. Ed infondo la creatività funziona anche come strumento di risarcimento ( se il modo fosse già bello, perché inventarlo?). Peraltro in questi casi può anche essere pericolosa.
Non so, ditemi voi…
( :_-_: Mi sorge il dubbio di aver preso troppo sole oggi....)