Derrida si è occupato del mondo animale a partire da uno studio della lingua, ricomponendo poi i pezzi della decostruzione operata in idee generalizzabili sul significato assegnato a questo insieme di viventi.
La prima cosa che balza all’occhio è che la parola “animale” è una e funge da insieme contenente a prescindere dalla biodiversità delle varie specie. Il senso di questo appiattimento è da ricercarsi nel rapporto di contrapposizione tra tale insieme, ovvero la parola “animale”, e la parola “uomo”. L’opposizione è necessaria alla consistenza della parola uomo in quanto essa si definisce per differenza di caratteristiche, qualità e abilità rispetto all’insieme precedente.
In altre parole, il termine “animale” verrebbe coniato a prezzo di una brutale riduzione, e tale riduzione inficerebbe poi tutti i ragionamenti successivi che si sviluppano poi utilizzando tale concetto e la sua area semantica.
E a questo punto mi permetto di attaccare a questo ragionamento le mie nebulose riflessioni.
Il linguaggio appartiene a chi lo inventa , diventa capace di condividerlo ed utilizzarlo. Il linguaggio è potere perché attribuisce significato alle cose e le destituisce di significato. Nel momento in cui questa capacità di significazione diviene astraibile dalle situazioni contingenti il linguaggio diviene sempre più versatile e potente. Il suo potere viene istituzionalizzato in un codice che contribuisce a definire i parametri di realtà del mondo che lo utilizza. A questo livello il linguaggio non ha soltanto una valenza espressiva ma ha quasi un potere “ontologico”, se mi passate il temine, perché sostiene ragionamenti che educano a percepire la realtà in un certo modo. Questo tipo di linguaggio non compete agli animali se non in minima misura. Questo linguaggio può togliere la capacità di rispondere ed anche il diritto linguistico di farlo ad un certo insieme di enti raggruppati in un certo tipo di insieme. Ciò accade per esempio a chi è raggruppato sotto la parola animale, perché l’uomo, che si definisce per opposizione a tale insieme si qualifica come “ l’animale dotato di logos ( ovvero ragione, linguaggio e anche ordine delle cose). Ma ciò che si chiama uomo, ha il diritto di attribuirsi ciò che rifiuta all’animale? E rispondere a questa domanda non è poi cosi semplice, visto che nella lingua esistono molti e molti “insiemi negati” che raggruppano altrettante cose e persone.
Se venisse a cadere la contrapposizione linguistica tra uomo e animale, cosa sapremmo in più di noi e di loro?
Quali ragionamenti migliori potremo fare?
E quali e quanti comportamenti negativi, si reggono infondo su ragionamenti sbagliati fondati su parole malmesse?
Lo so... non devo spolverare la libreri di notte, che poi manco ci vedo.