Il frangersi quieto delle onde in riva al mare;
il fondale animato nello specchio d'acqua verde cristallino;
il contorcersi di una rossa stella su di un mollusco senza più via d'uscita;
il girotondo vorticoso di saraghi e sparlotte che se ne stanno in compagnia;
il loro guizzare argenteo, di tanto in tanto, tra stelle d'acqua, cadenti, al di sopra del corindone velo, reso oro dai primi raggi di luce nel cielo;
il sibilo del vento, fatto musica nell'insinuarsi tra dune di sabbia leggera;
il volo sinuoso di un gabbiano che dall'alto scruta la vita intera.
Ad ogni aurora, seduto in riva al mare, i pantaloni di lino azzurro sollevati sui polpacci; le ginocchia piegate contro il petto, e le mani affondate nella sabbia umida, Abù, guardava il mondo svegliarsi per un nuovo giorno, lasciandosi ispirare dalla magia di quel luogo senza tempo.
Lì, con lo sguardo perso oltre l'orizzonte, immaginava la sua famiglia, dall'altra parte del mediterraneo.
Li vedeva bene di fronte ai suoi occhi mentre sbarcava dalla nave, che lo accompagnava facendo vibrare forti le sue trombe: sua moglie Karima, bella e sorridente in un lungo abito giallo che le metteva in risalto il viso ambrato, illuminato dalla luce che le brillava negli occhi; accanto a lei le piccole Jasmine e Zaira, entrambe vestite di pizzo rosa, tenevano tra le braccia un enorme mazzo di elicrisi per il loro adorato padre, tornato finalmente a casa per non lasciarle mai più.
Ridevano felici sul pontile, soffocando l'uomo, di caldi abbracci infiniti. Baciò le sue donne innumerevoli volte, prima di avviarsi con loro verso la nuova abitazione.
Di fronte alla maestosità della loro dimora, la triste immagine del tugurio nel quale avevano vissuto fino ad allora scomparve magicamente.
Non esisteva più quell'esile capanna dal tetto di paglia sfrangiato, tenuto in piedi da un muro di canne intrecciate fra loro: l'unica stanza, che fungeva da camera da letto cucina e ripostiglio, era arredata da una stuoia usurata dal tempo, stesa a mo' di pavimento; lungo il perimetro, a terra, stava qualche ciotola di terracotta sbeccata, ed un pentolino arrugginito; appesi ad un bastone piantato nella terra, un machete, una lancia ed un coltello; in un angolo della stanza, al riparo, c'era anche un'anfora per l'acqua salmastra raccolta al fiume, ed un piccolo scrigno di legno contenente i gioielli di Karima, due bracciali di perle colorate, una collana di piume bianche e rosse ed un vestito con tutti i colori dell'arcobaleno, che indossava in occasione delle feste giù al villaggio...ma ormai, era solo un ricordo dissolto in fumo ceruleo.
Adesso vivevano in una splendida villa , lo vedeva, chiaro, al di là del suo sguardo.
Tutt'intorno, mille fiori dai colori dell'arcobaleno si ergevano fieri tra l'erba verde: alle bambine piaceva tuffarsi in quel mare profumato, e quando sarebbero rientrate in casa, il bagno lo avrebbero fatto sul serio, in un enorme vasca piena di schiuma bianca; avrebbero poi indossato dei vestiti puliti, belli come mai ne avrebbero visto; a cena, poi, avrebbero mangiato così tanto, in bei piatti di porcellana decorati, che a fine pasto avrebbero detto di al dolce, la pancia troppo piena per farci entrare anche solo una briciola in più.
Quando non sarebbero state nella loro enorme stanza, piena di giochi, quaderni, e matite colorate sparse in ogni dove, avrebbero letto parecchi libri interessanti e guardato la televisione assieme a mamma e papà, abbracciati sull'enorme divano di pelle.
Karima avrebbe avuto un armadio pieno zeppo di abiti nuovi e alla moda; avrebbero dormito in un soffice letto, avvolti da setose lenzuola, e lui, godendo della felicità dei suoi cari, non avrebbe chiesto nulla di più.
Perso nei suoi sogni, Abù ritorno alla realtà a causa di un'onda fresca che gli bagno i piedi nudi.
Voltandosi verso la spiaggia, si rese conto che ormai si era riempita di ombrelloni colorati, asciugamani distesi al sole ed un'infinità di bambini che costruivano castelli di sabbia, schizzandosi a vicenda in riva al mare sotto lo sguardo divertito dei propri genitori.
Intuiva la loro felicità, la sentiva vibrare nell'aria, mossa da semplici gesti pacati. I grandi chiacchieravano del più e del meno col vicino di asciugamano; sfogliavano riviste di gossip mangiando ottimi panini imbottiti, o giocavano a racchettoni sulla sabbia umida.
Osservando malinconicamente quei semplici sprazzi di vita normale, Abù si alzò in piedi, stanco nell'anima, spolverandosi i pantaloni stropicciati.
Ne era certo in cuor suo: prima o poi sarebbe riuscito a far vivere anche ai propri cari la stessa serenità che leggeva negli occhi di quelle famiglie. Intanto, poteva solo fare del suo meglio affinché questo suo sogno potesse un giorno realizzarsi.
Tirò sù un respiro profondo, quasi a darsi coraggio, e, messo a tracolla l'enorme borsone nero pieno di tutto e di più, iniziò una nuova giornata di lavoro avviandosi già a passo stanco, sperando di non sentirsi dire troppo spesso: "No, grazie"
il fondale animato nello specchio d'acqua verde cristallino;
il contorcersi di una rossa stella su di un mollusco senza più via d'uscita;
il girotondo vorticoso di saraghi e sparlotte che se ne stanno in compagnia;
il loro guizzare argenteo, di tanto in tanto, tra stelle d'acqua, cadenti, al di sopra del corindone velo, reso oro dai primi raggi di luce nel cielo;
il sibilo del vento, fatto musica nell'insinuarsi tra dune di sabbia leggera;
il volo sinuoso di un gabbiano che dall'alto scruta la vita intera.
Ad ogni aurora, seduto in riva al mare, i pantaloni di lino azzurro sollevati sui polpacci; le ginocchia piegate contro il petto, e le mani affondate nella sabbia umida, Abù, guardava il mondo svegliarsi per un nuovo giorno, lasciandosi ispirare dalla magia di quel luogo senza tempo.
Lì, con lo sguardo perso oltre l'orizzonte, immaginava la sua famiglia, dall'altra parte del mediterraneo.
Li vedeva bene di fronte ai suoi occhi mentre sbarcava dalla nave, che lo accompagnava facendo vibrare forti le sue trombe: sua moglie Karima, bella e sorridente in un lungo abito giallo che le metteva in risalto il viso ambrato, illuminato dalla luce che le brillava negli occhi; accanto a lei le piccole Jasmine e Zaira, entrambe vestite di pizzo rosa, tenevano tra le braccia un enorme mazzo di elicrisi per il loro adorato padre, tornato finalmente a casa per non lasciarle mai più.
Ridevano felici sul pontile, soffocando l'uomo, di caldi abbracci infiniti. Baciò le sue donne innumerevoli volte, prima di avviarsi con loro verso la nuova abitazione.
Di fronte alla maestosità della loro dimora, la triste immagine del tugurio nel quale avevano vissuto fino ad allora scomparve magicamente.
Non esisteva più quell'esile capanna dal tetto di paglia sfrangiato, tenuto in piedi da un muro di canne intrecciate fra loro: l'unica stanza, che fungeva da camera da letto cucina e ripostiglio, era arredata da una stuoia usurata dal tempo, stesa a mo' di pavimento; lungo il perimetro, a terra, stava qualche ciotola di terracotta sbeccata, ed un pentolino arrugginito; appesi ad un bastone piantato nella terra, un machete, una lancia ed un coltello; in un angolo della stanza, al riparo, c'era anche un'anfora per l'acqua salmastra raccolta al fiume, ed un piccolo scrigno di legno contenente i gioielli di Karima, due bracciali di perle colorate, una collana di piume bianche e rosse ed un vestito con tutti i colori dell'arcobaleno, che indossava in occasione delle feste giù al villaggio...ma ormai, era solo un ricordo dissolto in fumo ceruleo.
Adesso vivevano in una splendida villa , lo vedeva, chiaro, al di là del suo sguardo.
Tutt'intorno, mille fiori dai colori dell'arcobaleno si ergevano fieri tra l'erba verde: alle bambine piaceva tuffarsi in quel mare profumato, e quando sarebbero rientrate in casa, il bagno lo avrebbero fatto sul serio, in un enorme vasca piena di schiuma bianca; avrebbero poi indossato dei vestiti puliti, belli come mai ne avrebbero visto; a cena, poi, avrebbero mangiato così tanto, in bei piatti di porcellana decorati, che a fine pasto avrebbero detto di al dolce, la pancia troppo piena per farci entrare anche solo una briciola in più.
Quando non sarebbero state nella loro enorme stanza, piena di giochi, quaderni, e matite colorate sparse in ogni dove, avrebbero letto parecchi libri interessanti e guardato la televisione assieme a mamma e papà, abbracciati sull'enorme divano di pelle.
Karima avrebbe avuto un armadio pieno zeppo di abiti nuovi e alla moda; avrebbero dormito in un soffice letto, avvolti da setose lenzuola, e lui, godendo della felicità dei suoi cari, non avrebbe chiesto nulla di più.
Perso nei suoi sogni, Abù ritorno alla realtà a causa di un'onda fresca che gli bagno i piedi nudi.
Voltandosi verso la spiaggia, si rese conto che ormai si era riempita di ombrelloni colorati, asciugamani distesi al sole ed un'infinità di bambini che costruivano castelli di sabbia, schizzandosi a vicenda in riva al mare sotto lo sguardo divertito dei propri genitori.
Intuiva la loro felicità, la sentiva vibrare nell'aria, mossa da semplici gesti pacati. I grandi chiacchieravano del più e del meno col vicino di asciugamano; sfogliavano riviste di gossip mangiando ottimi panini imbottiti, o giocavano a racchettoni sulla sabbia umida.
Osservando malinconicamente quei semplici sprazzi di vita normale, Abù si alzò in piedi, stanco nell'anima, spolverandosi i pantaloni stropicciati.
Ne era certo in cuor suo: prima o poi sarebbe riuscito a far vivere anche ai propri cari la stessa serenità che leggeva negli occhi di quelle famiglie. Intanto, poteva solo fare del suo meglio affinché questo suo sogno potesse un giorno realizzarsi.
Tirò sù un respiro profondo, quasi a darsi coraggio, e, messo a tracolla l'enorme borsone nero pieno di tutto e di più, iniziò una nuova giornata di lavoro avviandosi già a passo stanco, sperando di non sentirsi dire troppo spesso: "No, grazie"