Sono quasi convinto che ogni individuo possa intravedere, dalla qualità degli accadimenti che hanno martoriato la sua vita, i tratti fondamentali di un disegno che mostrerà i contorni di un destino che include una predestinazione ineludibile.
Si tratterà di annodare tra loro i capi dei diversi fili conduttori, rappresentati dagli eventi occorsi, al fine di poter stendere, sulle proprie insoddisfatte aspirazioni, un pesante tappeto ornato da arabescate e valide giustificazioni agli errori che sono stati commessi.
Analizzerò, come esempio, un caso preso a caso: il mio.
Io sono venuto al mondo da podalico; in altre parole sono nato al contrario, mi sono affacciato al mondo col culo al posto della testa. A quel tempo la cosa mi parve accidentale, e solo molto più tardi mi accorsi che anche l'accidentalità non è casuale, ma determinata da cause imperscrutabili, almeno fino al momento in cui la si ritiene essere stata un accidente.
Il motivo conduttore della mia esistenza è stato filato da una terrificante inclinazione a prendere per il culo il mondo intero, divinità comprese.
Neppure i santi sono stati lasciati in pace dal mio sarcasmo.
Naturalmente i primi a risentire di questo mio modo di mantenermi vivo furono i miei famigliari che inutilmente tentarono, con tutti i mezzi che la violenza mette a disposizione, di frenare l'esagerata inclinazione che mi spingeva tanto in basso nella considerazione determinata dal parere del corpo docenti che si occupava della mia educazione.
Alla fine la scuola mi cacciò con scuse risibili e banali, che vaneggiavano attorno all'impossibilità di credere che un giovincello potesse essere così altezzosamente coglione.
In effetti un po' coglione lo sono sempre stato, e riconosco di aver raggiunto altezze vertiginose nel criticare coloro i quali hanno avuto il beneficio di decidere del mio futuro.
Di fatto mi trovai in mezzo alla strada, costretto a ridere di tutti, me compreso. Fu un'esperienza necessaria che affinò la mia capacità di sopportare il costante giudizio negativo dal quale ogni mio agire fu bersagliato.
Vi chiederete a quale convinzione tutto questo avvolgersi del filo rosso del disprezzo mi abbia portato, e me lo chiedo anch'io, perché il mio caso è emblematico del fatto che anche quando tutta la propria vita è stata la rappresentazione di un disastro, la speranza che nella polvere sollevata dal crollo si possa celare una possibilità di salvezza resta intatta.
La cosa che più mi sconcerta sta tutta nella consapevolezza che se esisto una ragione superiore ci deve pur essere e, a volte, questa mi si impone con stupefacente chiarezza: io esisto per mostrare la generosità che la Possibilità universale ha bisogno di avere, per assicurare a se stessa di essere davvero totale.
Si tratterà di annodare tra loro i capi dei diversi fili conduttori, rappresentati dagli eventi occorsi, al fine di poter stendere, sulle proprie insoddisfatte aspirazioni, un pesante tappeto ornato da arabescate e valide giustificazioni agli errori che sono stati commessi.
Analizzerò, come esempio, un caso preso a caso: il mio.
Io sono venuto al mondo da podalico; in altre parole sono nato al contrario, mi sono affacciato al mondo col culo al posto della testa. A quel tempo la cosa mi parve accidentale, e solo molto più tardi mi accorsi che anche l'accidentalità non è casuale, ma determinata da cause imperscrutabili, almeno fino al momento in cui la si ritiene essere stata un accidente.
Il motivo conduttore della mia esistenza è stato filato da una terrificante inclinazione a prendere per il culo il mondo intero, divinità comprese.
Neppure i santi sono stati lasciati in pace dal mio sarcasmo.
Naturalmente i primi a risentire di questo mio modo di mantenermi vivo furono i miei famigliari che inutilmente tentarono, con tutti i mezzi che la violenza mette a disposizione, di frenare l'esagerata inclinazione che mi spingeva tanto in basso nella considerazione determinata dal parere del corpo docenti che si occupava della mia educazione.
Alla fine la scuola mi cacciò con scuse risibili e banali, che vaneggiavano attorno all'impossibilità di credere che un giovincello potesse essere così altezzosamente coglione.
In effetti un po' coglione lo sono sempre stato, e riconosco di aver raggiunto altezze vertiginose nel criticare coloro i quali hanno avuto il beneficio di decidere del mio futuro.
Di fatto mi trovai in mezzo alla strada, costretto a ridere di tutti, me compreso. Fu un'esperienza necessaria che affinò la mia capacità di sopportare il costante giudizio negativo dal quale ogni mio agire fu bersagliato.
Vi chiederete a quale convinzione tutto questo avvolgersi del filo rosso del disprezzo mi abbia portato, e me lo chiedo anch'io, perché il mio caso è emblematico del fatto che anche quando tutta la propria vita è stata la rappresentazione di un disastro, la speranza che nella polvere sollevata dal crollo si possa celare una possibilità di salvezza resta intatta.
La cosa che più mi sconcerta sta tutta nella consapevolezza che se esisto una ragione superiore ci deve pur essere e, a volte, questa mi si impone con stupefacente chiarezza: io esisto per mostrare la generosità che la Possibilità universale ha bisogno di avere, per assicurare a se stessa di essere davvero totale.