Mi preme sottolineare che, da ateo, non concordo nemmeno per sbaglio con questa affermazione.
Candido ha scritto:gli atei sono CREDENTI [...]. Credenti, naturalmente, nella NON esistenza di Dio...
Quando mi è capitato di affrontare, dal vivo o su internet, la classica discussione sull'esistenza/non esistenza di dio, ho sempre trovato infinitamente esilarante il momento in cui il credente arriva a dire "ok, io non posso dimostrare l'esistenza di dio, ma tu non puoi dimostrarne la non-esistenza".
Tsk tsk tsk. Quando si parla di DIMOSTRAZIONI l'unica cosa -in quel genere di ambito- che può essere diMOSTRATA è l'esistenza, ovvero un dato percettibile, di qualcosa. Non è possibile dimostrare la "non esistenza", perché non è un dato, non c'è nulla da (di)mostrare. Al massimo, si possono sottolineare tutti quegli elementi percettivi coerenti con la non esistenza di qualcosa, ma non di più.
Se un tizio sostiene che in una stanza perfettamente vuota ci sia un cavallo invisibile, non esiste il modo di
dimostrargli che il cavallo non esiste. Al massimo posso indicare un certo numero di dati percettivi che confermano la mia teoria, ma non la di
mostrano.
Secondo lo stesso tipo di ragionamento, non mi sembra possibile "credere nella NON esistenza di dio". In quanto ateo, io NON
credo in dio, non è che
credo nella sua NON esistenza. Non è che non ci credo perchè "so che non esiste", piuttosto so che non esiste perché non mi è ancora stato dimostrato il contrario né mi è stata prospettata la possibilità di una dimostrazione.
In effetti, l'unica "possibilità di dimostrazione" dell'esistenza di dio, viene da quella che è a tutti gli effetti una forma di psicosi. Il credente medio, infatti, sostiene che l'unico modo per aver prova dell'esistenza di dio sia di "avere fede", ovvero di crederci, profondamente e convintamente. Ma se io credo, profondamente e con convinzione, che esistano i fantasmi, che mia moglie mi tradisca o che il mio migliore amico sia in realtà una spia aliena sappiamo benissimo che la prima cosa che farà la mia mente sarà scambiare per "prova" della mia convinzione qualunque elemento mi capiti di analizzare, spesso anche quelli che indicherebbero esattamente il contrario.
Da cui (non essendo psicotico o -quantomeno- non ancora) sono ateo.
Entrando nel merito della questione sulla "chiesa per atei", non ci trovo nulla di particolarmente bizzarro (e, sicuramente, non vedo cosa diavolo i matrimoni omosessuali abbiano a che fare con il prezzo della frutta in Cina).
Personalmente, in quanto ateo, non sento il bisogno di un "luogo di pace" ove vivere con maggior profondità la mia "spiritualità": è una cosa che posso benissimo fare sul divano di casa, mentre sono sull'autobus o seduto sulla tazza del cesso.
Posso capire che altre persone avvertano un'esigenza di questo tipo, per motivi che possono essere i più diversi e nemmeno ci trovo una contraddizione in termini, visto che evidentemente il termine "chiesa" viene usato solo per assimilare luoghi la cui funzione/fruizione poi sarà sostanzialmente diversa.