Esiste un modo di fare teologia (forse ogni modo) che coincide con la bestemmia. Agostino dice: "Ciò che l'uomo può dire di più bello di Dio è tacere, per la sapienza della ricchezza interiore. Taci dunque, e non blaterare, perché, se lo fai, stai proferendo menzogne e commetti peccato... Neppure devi voler comprendere qualcosa di Dio, perché egli è al di sopra di ogni comprensione .... Se comprendi qualcosa di Dio, egli non è niente di ciò, e per il fatto di conoscere qualcosa di Dio, cadi nell'ignoranza, e dall'ignoranza nella bestialità: infatti è animale ciò che nelle creature è senza conoscenza. Se, dunque, non vuoi diventare una bestia, non conoscere nulla di Dio, inesprimibile con la parola."
Infatti in ogni discorso su Dio il soggetto «dio», che dovrebbe indicare l'assoluto, finisce necessariamente nel diventare un relativo appena assume predicati, o lo si fa agente, ecc.
La parola «Dio» ha un senso corretto, riesce cioè a indicare l'Assoluto, solo in quanto si limita a indicare il Bene al di sopra dell'essere, la luce eterna che su tutto risplende, in modo assolutamente impersonale, indeterminato, in-distinto.
La parola «Dio» si proferisce correttamente - spiega Eckhart nel sermone "Praedica verbum" - solo quando la si genera, ovvero quando, a partire dal silenzio, cioè dal più profondo distacco, il verbum, il lògos, viene generato nell'anima - dunque quando si è quella Parola.