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Pensieri, Sentimenti, Poesie e Riflessioni....

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Constantin
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Viandante Ad Honorem
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Questa è una poesia d'amore.

Amore.

Donna avrei voluto essere tuo figlio, per berti
il latte dai seni come da una sorgente,
per guardarti e sentirti al mio fianco e averti
nel riso d'oro e nella voce di cristallo.

Per sentirti nelle mie vene come dio nei fiumi
e adorarti nelle triste ossa di polvere e di calce,
perchè il tuo essere passasse senza pena al mio fianco
e uscisse nella strofa -puro d'ogni male-.

Come saprei amarti, donna, come saprei amarti,
amarti come nessuno seppe mai!
Morire e amarti
ancor più.

E ancor più
amarti
      di più.

P. N.

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Tu sei l’unico disegnatore della tua vita,
il pastello che colora la tua strada,
l’acqua che rinfresca la tua giornata,
sei il musicista della tua colonna sonora,
lo scrittore della tua storia,
il pittore del quadro in cui vivi,
tu sei tutto quello che ti circonda,
la vita è tua, il resto è solo un contorno.

(Osho)

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L'Anno Nuovo è come un libro con 365 pagine vuote.
Fai di ogni pagina il tuo capolavoro.
Usa tutti i colori della vita e mentre scrivi, sorridi !

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"Tutti abbiamo bisogno di dolcezza...
Anche le rocce si fanno accarezzare dal vento."

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"Puoi aver difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato,
ma non dimenticate che la tua vita è la più grande azienda al mondo.
Solo tu puoi impedirle che vada in declino.
In molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano.
Mi piacerebbe che ricordassi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste,
una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.
Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie,
sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi.
Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza.
Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti.
Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell'anonimato.
Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide,
incomprensioni e periodi di crisi.
Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro
che sono in grado di viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi
e diventare attore della propria storia.
È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare
un'oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.
Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un "No".
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici,
anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi,
libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”.
È avere il coraggio di dire: “Perdonami”.
È avere la sensibilità per esprimere: “Ho bisogno di te”.
È avere la capacità di dire: “Ti amo”.
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice ...
Che nelle tue primavere sii amante della gioia.
Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza.
E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.
Poiché così sarai più appassionato per la vita.
E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta.
Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza.
Utilizzare le perdite per affinare la pazienza.
Utilizzare gli errori per scolpire la serenità.
Utilizzare il dolore per lapidare il piacere.
Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell'intelligenza.
Non mollare mai ....
Non rinunciare mai alle persone che ami.
Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!"

(‪Papa Francesco‬)

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E Dio creò il papà...

Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta.
Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito.
Dio si girò e l’angelo “scoperto” arrossendo gli chiese
“Cosa stai disegnando?”.
Dio rispose “Questo è un grande progetto”.
L’angelo annuì e chiese “Che nome gli hai dato?”.
“L’ho chiamato papà” rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio.
“Papà….” pronunciò l’angelo “E a cosa servirebbe un papà?” chiese l’angioletto accarezzandosi le piume di un’ala.
“Un papà” spiegò Dio “Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.”.
Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento.
L’angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando.
“Stai ancora lavorando al progetto del papà?” chiese curioso.
“Sì” rispose Dio con voce dolce e calma “Richiede tempo”.
L’angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse “Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?”
Dio abbozzando un sorriso rispose: “E’ della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po’ di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi”.
L’angelo proseguì con un’altra domanda: “Non sono troppo grosse quelle mani?”.
“No”, rispose Dio continuando il suo disegno “Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro”.
“E quelli sono i suoi occhi?” chiese ancora l’angioletto indicandoli sul disegno.
“Esatto”, rispose Dio “Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti”.
L’angelo storse il nasino e aggiunse “Non ti sembrano un po’ troppo severi?”.
“Guardali meglio” rispose Dio.
Fu allora che l’angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino.


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La bicicletta di Dio

In una calda sera d’estate, un giovane si recò da un vecchio saggio: “Maestro, come posso essere sicuro che tutto ciò che faccio è quello che Dio mi chiede di fare?”.
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse: “Una notte mi addormentai con il cuore turbato; anche io cercavo, inutilmente, una risposta a queste domande.
Poi feci un sogno: Sognai una bicicletta a due posti: un tandem. E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare.
Ma poi avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti.
Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa. Dio la rendeva più felice ed emozionante.
Che cosa era successo da quando ci scambiammo i posti?
Capii che quando guidavo io, conoscevo la strada. Era piuttosto noiosa e prevedibile. Era sempre la distanza più breve trà due punti.
Ma quando cominciò a guidare Lui, conosceva bellissime scorciatoie, su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità a rotta di collo.
Tutto quello che riuscivo a fare, era tenermi in sella!
Anche se sembrava una pazzia, Lui continuava a dire: “Pedala, pedala!”.
Ogni tanto mi preoccupavo, diventavo ansioso e chiedevo: “Signore, ma dove mi stai portando?”.
Egli si limitava a sorridere e non rispondeva. Tuttavia, non so come, cominciai a fidarmi.
Presto dimenticai la mia vita noiosa ed entrai nell’avventura e quando dicevo: “Signore, ho paura…”, Lui si sporgeva indietro, mi toccava la mano e subito un’immensa serenità si sostituiva alla paura.
Mi portò da gente con doni di cui avevo bisogno; doni di guarigione, accettazione e gioia.
Mi diedero i loro doni da portare con me lungo il viaggio.
Il nostro viaggio, vale a dire, di Dio e mio. E ripartimmo.
Mi disse: “Dai via i regali, sono bagagli in più, troppo peso”. Così li regalai a persone che incontrammo, e trovai che nel regalare ero io a ricevere e il nostro fardello era comunque leggero.
Dapprima non mi fidavo di Lui, al comando della mia vita. Pensavo che l’avrebbe condotta al disastro. Ma Lui conosceva i segreti della bicicletta, sapeva come farla inclinare per affrontare gli angoli stretti, saltare per superare luoghi pieni di rocce, volare per abbreviare passaggi paurosi.
E io sto imparando a star zitto e pedalare nei luoghi più strani e comincio a godermi il panorama e la brezza fresca sul volto con il delizioso compagno di viaggio, la mia potenza superiore.
E quando sono certo di non farcela più ad andare avanti, Lui si limita a sorridere e dice: “Non ti preoccupare, guido io, tu pedala”.

(Don Carmelo La Rosa)

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La leggenda del filo rosso 赤い糸 (akai ito) del destino

….è una credenza molto diffusa in Giappone, che si rifà a un’antica leggenda cinese. La leggenda narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, per noi occidentali la nostra anima gemella. Le due persone così unite, sono destinate a incontrarsi, non importa il tempo che dovrà passare, le circostanze o le distanze che le separano. Perché, il filo rosso, sarà lunghissimo e fortissimo e non si spezzerà mai. Sarà lo stesso destino a tenerlo saldo e unito finché esse non s’incontreranno. Durante la Dinastia Tang, un tale di nome Wei, i cui genitori erano morti quand’era molto giovane cercò per tanto tempo una donna da sposare e con cui creare una famiglia, ma non ci riuscì. Una sera, arrivò nella città di Song e in una locanda un uomo gli disse che la figlia del governatore sarebbe stata la donna giusta. L’indomani mattina, Wei incontrò sui gradini di un tempio un vecchio che leggeva un libro in una lingua incomprensibile e gli chiese cosa fosse. Il vecchio rispose che lui veniva dall’aldilà e che era lì per occuparsi delle faccende umane, soprattutto dei matrimoni. Disse a Wei che la sua anima gemella aveva solo tre anni ora e che avrebbe dovuto aspettare quattordici anni prima di incontrarla e averla tutta per sé. Così Wei, curioso, si fece accompagnare al mercato per vedere la sua futura sposa.
Deluso dalla povertà in cui viveva la bambina, decise di ucciderla per essere sicuro di poter scegliere lui chi sposare. Mandò quindi un suo servitore ad accoltellarla e quando quello tornò, gli disse che l’aveva colpita in mezzo agli occhi. Wei proseguì più tranquillo la sua vita, dimenticandosi di quella storia. Trascorsero quattordici anni senza riuscire però a trovare una sposa adatta a lui. Ormai viveva nella città di Shangzhou, benestante, e il governatore di quella città gli offrì in sposa sua figlia. Finalmente Wei ebbe una moglie e incuriosito da una pezza che le copriva la fronte, le chiese dove si fosse procurata quella cicatrice. Lei rispose che all’età di tre anni un uomo cercò di ucciderla al mercato. Così Wei rivelò tutta la verità e capì che quel vecchietto del tempio aveva ragione: sin dalla nascita siamo destinati a qualcuno e che niente e nessuno può rompere quel legame.

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Il piccolo grande Teddy Stoddard

Mentre se ne stava davanti alla sua classe di quinta elementare, il primo giorno di scuola, la maestra disse ai bambini una falsità. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò i suoi studenti e disse che lei li amava tutti allo stesso modo.
Tuttavia, ciò era impossibile perché lì in prima fila, accasciato sulla sedia, c’era un ragazzino di nome Teddy Stoddard. La signora Thompson aveva osservato Teddy l’anno precedente e aveva notato che non giocava serenamente con gli altri bambini…
I suoi vestiti erano disordinati e spesso avrebbe avuto bisogno di farsi un bagno. Inoltre, Teddy era scontroso e solitario.
Arrivò il momento in cui la signora Thompson avrebbe dovuto evidenziare in negativo il rendimento scolastico di Teddy; prima però volle consultare i risultati che ogni bambino aveva raggiunto negli anni precedenti; per ultima, esaminò la situazione di Teddy.
Tuttavia, quando vide il suo fascicolo, rimase sorpresa.
In prima elementare il maestro di Teddy aveva scritto: “Teddy è un bambino brillante con una risata pronta. Fa il suo lavoro in modo ordinato e ha buone maniere”.
Il suo insegnante, in seconda elementare, aveva scritto: “Teddy è uno studente eccellente, ben voluto dai suoi compagni di classe, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita in casa deve essere una lotta”.
Il suo insegnante di terza elementare aveva scritto: “La morte di sua madre è stata dura per lui e tenta di fare del suo meglio, ma suo padre non mostra molto interesse e, se non verranno presi i giusti provvedimenti, il suo contesto famigliare presto lo influenzerà”.
Infine l’insegnante del quarto anno aveva scritto: “Teddy si è rinchiuso in se stesso e non mostra più interesse per la scuola. Non ha amici e qualche volta dorme in classe”
A questo punto, la signora Thompson si rese conto del problema e si vergognò di se stessa. Si sentì anche peggio quando i suoi studenti le portarono i regali di Natale, avvolti in bellissimi nastri e carta brillante, fatta eccezione per Teddy. Il suo dono era stato maldestramente avvolto nella pesante carta marrone di un sacchetto di generi alimentari.
La signora Thompson però aprì il regalo prima degli altri. Alcuni bambini cominciarono a ridere quando videro un braccialetto di strass con alcune pietre mancanti e una bottiglietta di profumo piena per un quarto, ma lei soffocò le risate dei bambini esclamando quanto fosse grazioso il braccialetto e mettendo un po’ di profumo sul polso.
Quel giorno Teddy Stoddard rimase dopo la scuola, giusto il tempo di dire: “Signora Thompson, oggi profumava come la mia mamma quando usava proprio quel profumo”.
Dopo che i bambini se ne furono andati, la signora Thompson pianse per almeno un’ora; da quel giorno si dedicò veramente ai bambini e non solo per insegnare loro le sue materie. Prestò particolare attenzione a Teddy e, con la sua vicinanza, la mente del piccolo iniziò a rianimarsi. Più lei lo incoraggiava, più velocemente Teddy rispondeva. Alla fine dell’anno, Teddy era diventato uno dei bambini più intelligenti della classe e, nonostante la sua bugia che avrebbe amato tutti i bambini in ugual modo, la maestra si accorse che Teddy divenne uno dei suoi “preferiti”.
Un anno dopo la fine della scuola, la signora Thompson trovò un biglietto sotto la porta: era da parte di Teddy; la lettera diceva che era stata la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua. Passarono sei anni prima che ricevesse un altro messaggio da Teddy. Terminato il liceo, terzo nella sua classe, riferiva che la signora Thompson era ancora la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua.
Quattro anni dopo, ricevette un’altra lettera, dicendo che quando le cose erano difficili, a volte, era rimasto a scuola, si era impegnato al massimo e ora si sarebbe presto laureato al college con il massimo degli onori. Confermava che la signora Thompson era sempre la migliore insegnante che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita, la sua preferita.

Poi passarono altri quattro anni e arrivò ancora un’altra lettera. Questa volta spiegava che dopo aver ottenuto la laurea, aveva deciso di andare avanti. La lettera spiegava che lei era ancora la migliore e preferita insegnante che avesse mai avuto, ma ora la sua firma era un po’ più lunga. La lettera riportava, in bella grafia, Dr. Theodore F. Stoddard.
Ma la storia non finisce qui. Arrivò ancora un’altra lettera quella primavera. Teddy scrisse che aveva incontrato una ragazza e stava per sposarsi. Spiegò che suo padre era morto un paio di anni prima e chiese alla signora Thompson di accompagnarlo al matrimonio facendo le veci della madre dello sposo.
Naturalmente, la signora Thompson accettò. E indovinate un po’ che fece?
Indossò proprio quel braccialetto, quello con gli strass mancanti, quello che Teddy le aveva regalato; fece anche in modo di mettere il profumo che la madre di Teddy indossava l’ultimo Natale che passarono insieme.
Si abbracciarono e il Dr. Stoddard sussurrò all’orecchio della signora Thompson:
“Grazie signora Thompson per aver creduto in me. Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che avrei potuto fare la differenza.”
La signora Thompson, con le lacrime agli occhi, sussurrò: “Teddy, ti stai sbagliando. Sei tu quello che mi ha insegnato che potevo fare la differenza: non sapevo come insegnare fino a quando ti ho incontrato.”

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Per voi uomini bianchi il Paradiso è in cielo..... Per noi Nativi invece è in terra.
Quando ci avete rubato la terra... ci avete rubato il Paradiso...

Piccola Foglia dei Lakhota-Sigancu(Brulè)

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"Chi ha anche un solo Vero Amico,
non può ritenersi un fallito!"


Ed io aggiungo...

"Non può ritenersi inutile"!

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Ti chiedo solo un favore, ricordati di noi…

” Ti chiedo solo un favore, ricordati di noi.
Ricordati che siamo stati i “vaffanculo, vai via” seguiti dai “non pensare neanche di andartene, vieni qui.”
Ricordati che siamo stati le parole dolci di notte e quelle più fredde del giorno. Ricordati che siamo stati i pianti e le risate, siamo stati i “voglio allontanarmi da te” seguiti dai “non posso farlo, mi fai sentire vivo” e i miei “e allora lasciati amare.”
Ricordati di quando esisteva un noi, di quando ci raccontavamo tutto, di quando ci facevamo male e poi ci curavamo le ferite.
Ricordati di quando uno più una faceva due e non uno più una.
Ricordati di quando tu eri affar mio e io affar tuo.
Ricordati che siamo stati bellissimi insieme.
Perché un giorno ci incontreremo e non ci chiameremo più “bimba” e “amore” con un sorriso stampato sul volto.
Un giorno ci diremo solo un “ciao” e prima di tornare alle nostre vite non mi dirai “sei bellissima”.
Mi dirai “stammi bene.”
Un sorriso.
Non ti dirò “ciao amore.”
Un sospiro.
Ti dirò: “anche tu.” ”

(Miriana Cimbro)

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"La nostalgia, ti ricorda che in qualche luogo,
in qualche situazione o con qualcuno,
sei stato veramente bene."

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LO ZUCCHERO

Mancavano 5 minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della 5a elementare, quel pomeriggio,
erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi.
Alle ore 16 in punto arrivó la maestra per iniziare l’esame scritto di catechismo:
i promossi sarebbero stati ammessi alla prima comunione, esattamente una
settimana dopo. Immediatamente un silenzio generale piombó nella sala
dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.
1° domanda: “Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?”, cominció a dettare la maestra;
2° domanda: "Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?”.
Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnate le risposte.
La maestra lesse ad una ad una le prime 29; erano piú o meno ripetizione
di parole dette e ascoltate molte volte: “Dio è nostro Padre, ha fatto la terra,
il mare e tutto ció che esiste”
Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione alla Prima Comunione.
Poi chiamó Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo
e gli consegnó il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni.
Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe,
con la conseguente bocciatura, cominció a piangere.
La maestra lo rassicuró e lo incoraggió.
Singhiozzando Ernestino lesse:
“Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina
scioglie nel latte per prepararmi la colazione.
Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette,
ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è cosí, anche se non lo vediamo.
Se lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto”.
Un applauso forte riempí l’aula e la maestra ringrazió Ernestino per la risposta
cosí originale, semplice e vera.
Poi completó:
“Vedete bambini, ció che ci fa saggi non è il sapere molte cose,
ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita”.
Non Dimenticare di mettere questo “ZUCCHERO” nella tua vita.

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Dicono di te: è un essere umano.
Dicono di me: è un animale.
Ma molti non hanno capito che la nostra differenza
sta in qualcosa di molto semplice:
tu pensi ad amarmi, io ti amo senza pensare.

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Un giorno realizzerai che c’è una ragione
per ogni persona che hai incontrato.
Qualcuno ti metterà alla prova,
qualcun altro ti userà,
qualcun altro ti insegnerà qualcosa...
E qualcuno tirerà fuori il meglio di te !

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La cosa migliore che possa capitarti
è avere qualcuno al tuo fianco
che non smette mai di cercarti,
nemmeno quando ti perdi nei tuoi silenzi.

(R. Pellico)

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Ciao Raggio, come vorrei fosse vero, reale, pensiero e foto compresa...
Parole, panorama e quella (che mica è una bambina eh.. anche se ha l'orsetto). sorriso

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Constantin ha scritto:Ciao Raggio, come vorrei fosse vero, reale, pensiero e foto compresa...
Parole, panorama e quella (che mica è una bambina eh.. anche se ha l'orsetto). sorriso

Ti capisco caro Constantin...
In ognuno di noi vive quel desiderio...
In ogni essere umano che vive d'Amore e non d'egoismo...
No, quella non è una bambina, lo so... magari l'orsetto glielo ha
regalato il suo "Amore"... ed ora è l'unico a tenerle compagnia...
... e passeggia sulla spiaggia in attesa che ritorni...
Un caro saluto...

Raggiodiluna

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