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L'educazione dei figli - Omaggio a "tulip"

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
L’educazione dei figli

L’argomento è scottante, e tragicamente attuale.

Perché è evidente che i figli sono maleducati. Nel senso che i genitori, nonostante il naturale, immutato, immenso amore per i propri ragazzi non sono più in grado di accompagnarli alla soglia della vita autonoma istillando loro quei principi, quei valori, quelle prudenze che il senso di responsabilità suggerirebbe loro.

Quindi i genitori sono degli scadenti educatori. Ma è colpa loro?... esiste una “responsabilità” diretta nel non essere all’altezza di un compito così importante, fondante della società?
I babbi e le mamme potrebbero “imparare” a fare meglio?...
Ma “è possibile” fare meglio, o qualcosa di esterno lo impedisce?
E gli altri educatori, quelli professionali, quelli che hanno studiato anni per imparare ad insegnare, sono essi all’altezza del loro compito, o incontrano le stesse difficoltà dei genitori, o altre simili?
Perché “sembra” che in passato i genitori fossero più bravi?

Su questa prima parte mi piacerebbe che ci confrontassimo, come del resto sta facendo, e da anni, tutto l’Occidente pare senza approdare a nulla. Perché poi, quando avremo concordato sulle cause ed i perché di tanta defaillance, arriva la domanda difficile:
«Se queste sono le cause, abbiamo, avremo la forza, il coraggio e l’onestà di trovare, ed applicare i rimedi opportuni?...».

E già mi salgono dallo stomaco scenari da fantascienza…

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Interessante...E' come se ad un tratto , per vari motivi, nella storia dell'umanità si fosse spezzato qualcosa...esistevano le regole, i valori, l'educazione e ad un tratto non esiste nulla, il declino dell'educazione ha sancito il declino dell'uomo. C'era l'equilibrio adesso non c'è più...si aveva rispetto di se stessi e degli altri , adesso niente, tutto è relativo, tutto è opzionale. Giustifichiamo sempre i figli e così li incoraggiamo a fare sempre di più, sempre peggio... I genitori non vogliono " imparare " a fare meglio coi figli, perchè costa fatica, i bambini vanno seguiti e figurati se in una società dove il tempo è denaro se è possibile seguire i figli...tutt'al più si delega ai nonni o alla baby-sitter. I genitori di un tempo non erano più bravi, erano solo meno immaturi, ma l'immaturità è dovuta ai genitori che evitano ai figli le responsabilità credendoli piccoli o deficienti, di conseguenza i figli si cullano della situazione, ci stanno bene, e fino a 40 anni si sentono " piccoli" , non si prendono responsabilità, non fanno figli e se li fanno poi non riescono a fare i genitori, fanno gli amici...ma un figlio ha bisogno dei genitori non degli amici, quelli li trova fuori casa , ma a casa vuole le regole, l'educazione, i punti di riferimento, le certezze...ma come si fa a darle ai figli se non li hanno i genitori...mah...è il cane che si morde la cosa

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Le mie considerazioni sono abbastanza differenti dalle tue, ma in fondo si, io tendo ad essere un innocentista, almeno in questo caso, non per falso pietismo quanto per freddo ma spero onesto raziocinio.

La mia personale esperienza si riferisce alla generazione dei miei nonni, a quella dei miei genitori, alla mia, a quella dei miei figli, ed a quella appena sbocciata dei miei nipoti.
Riferirò quindi solo di queste, ben immaginando che periodi storici analoghi e sconvolgimenti sociali anche più radicali ce ne saranno certo stati altri, in passato, le cui conseguenze (forse) potremo dedurle solo dai libri di storia.

Partirò quindi dai miei nonni, diciamo la generazione dell’ultimo ottocento, che ha visto l’Unità d’Italia, che era già matura nella prima guerra mondiale e decrepita nella seconda.
Quella, la definirei come “generazione delle certezze”. Avevano ricevuto dai loro genitori una educazione cristallizzata in eleganti cristallerie preziose, dei valori di riferimento certi, un concetto di bene e di male scolpito nel marmo e nel bronzo.
Non immaginavano affatto che “qualcosa” potesse essere differente o potesse cambiare nel futuro. Quello che si riceveva dai genitori si trasmetteva ai figli, e la tecnologia, che allora appena faceva capolino nel mondo, era un’orpello trascurabile, poi che il Rinascimento era finito da un pezzo, e null’altro di nuovo poteva accadere.

La generazione dei miei genitori, forti di quelle certezze furono del tutto impreparati agli sconvolgimenti economici, culturali e sociali che due guerre tanto devastanti e ravvicinate portarono nel mondo. Cercarono di trasmettere a noi le loro verità, quelle che avevano imparato come tali, assolute ed immutabili, e che avevano viste incrinarsi sotto i colpi dei cannoni e le stragi barbare di civili “L’onor di gagliardetto” che avevano imparato ad avere era ancora un pilastro della società, ma l’avevano visto vacillare e sbriciolarsi per due volte.
Ce lo passarono come testimone, perché non avevano altro, ma non ci credevano più tanto. E non poterono nascondercelo, il loro dubbio.

Noi, ci ritrovammo con la cassa dei principi tarlata e corrosa, inaffidabile e dolorosa. Ben avevamo appreso dei vizi e delle virtù, ma non sapevamo i perché. Non credevamo più che il Male fosse tutto male e il Bene fosse tutto bene, come ci avevano insegnato.
Sapevamo con certezza solo che “prima” era meglio ed ora toccava a noi ricostruire, per riconquistare quel “meglio” e, grazie all’entusiasmo giovanile, superarlo. A qualunque costo; nessun sacrificio avrebbe dovuto spaventarci e distrarci dall’obbiettivo finale.
In mancanza di certezze, ci buttammo ad indovinare.
E ci andò anche bene, occorre dire, la Provvidenza ci fu benigna!... perché molte piaghe le sanammo, molte mancanze le colmammo, molte indigenze le superammo (forse anche perché eravamo allenati ad accontentarci). A da una “patria” (parola strana e per noi ormai vuota di significato) stremata e disperata, tirammo su una generazione di figli che avevano da mangiare, partecipi di un benessere per loro facile e scontato, e per il nostro ancora duro sacrificio veramente gratificante. Ce l'avevamo fatta, ce la stavamo facendo.
Orgogliosamente dicemmo “mai più” agli stenti che noi stessi avevamo patito, ed i nostri figli di stenti non ne patirono mai. Gliene raccontammo come storie finite.
Fummo noi a cominciare a scollare il “diritto” dal “dovere”. Proprio noi che avevamo conosciuto una giovinezza di solo dovere insegnammo loro solo del diritto.
E sbagliammo.

Se per noi l’approccio con le difficoltà della vita erano state esperienze durissime di anime indurite dalle privazioni, quella dei nostri figli è stato lo scontro con frangiflutti arrotondati. Ma loro non erano pronti a nessuno scontro, nemmeno al più piccolo, e l’effetto è stato devastante.
I valori tradizionali ormai ridotti a brandelli, l’ostinazione che aveva sorretto il nostro ricostruire ormai risibile ed effettivamente superata… i nostri figli avevano davvero poco di veramente credibile da imparare da noi. E naturalmente non ci hanno creduto
Come noi al giro precedente si sono buttati ad inventarsi una nuova famiglia, una nuova deontica, le basi di una morale collettiva da sostituire alla precedente, sfilacciata ed ormai inservibile.
Ma in una situazione ancora più svantaggiata (anche se si direbbe il contrario) di quella che avevamo dovuto affrontare noi.
Noi avevamo lo spettro nero della fame nei vividi ricordi di bambini, e la determinazione a quel riscatto che ci pungolava continuamente spingendoci avanti.
Loro hanno il ricordo di braccia calde e capricci prontamente appagati; forse questo è un momento duro, ma passerà. Qualcuno risolverà, così come faceva papà quando finiva la cioccolata. Scendeva al bar un attimo e ne portava altra.
Ci piaccia o no, quello che abbiamo intuito come base della vita, quand’eravamo bambini, ci condizionerà per sempre.

Ed è consequenziale quello che i nostri ragazzi potranno passare ai propri figli. La convinzione che qualcuno là, a Roma, dovrebbe prontamente provvedere ad ogni bisogno, e la bruciante, irosa constatazione che questo non avviene.
Ma non sanno ancora cosa faranno da grandi. Ed allora per ora comprano un fischietto nuovo, e scendono in piazza per un’altra manifestazione.


Lucio Musto 11 gennaio 2011

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Sicuramente abbiamo esperienza diverse. Io parlo di quello che vedo ogni giorno, ovvero genitori che giustificano i figli e sotto sotto giustificano se stessi, immaturi e irresponsabili crescono figli maleducati e irriconoscenti, che pensano che tutto gli sia dovuto solo perchè loro sono il centro dell'universo.

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Lucio Musto
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Viandante Ad Honorem
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tulip ha scritto:Sicuramente abbiamo esperienza diverse. Io parlo di quello che vedo ogni giorno, ovvero genitori che giustificano i figli e sotto sotto giustificano se stessi, immaturi e irresponsabili crescono figli maleducati e irriconoscenti, che pensano che tutto gli sia dovuto solo perchè loro sono il centro dell'universo.


Purtroppo il nostro quotidiano è identico; anch'io vedo come te genitori che diseducano i figli, maestri che avrebbero bisogno di andare dallo psicologo, capuffici e capireparto frastornati da un gruppetto di mezzemaniche o un manipolo di operai insofferenti.

Che loro siano il centro dell'universo (della società umana) ne sono convinto anch'io perché questo è il loro momento, il loro mondo, le loro responsabilità, ma proprio come te vedo che in quel centro dell'universo... non ci sanno proprio stare.
Ed onestamente mi rammarico e lagno: quelli, sono miei figli. Cosa ho sbagliato io, nel tirarli su?

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Appunto vorrei saperlo anch'io, dove e quando abbiamo inziato a sbagliare?
Riguardo al discorso della centralità della persona , se ne parla tanto , così tanto che non esiste più la solidarietà, la fratellanza, la condivisione, la carità, etc...e direi che questo è un grossissimo problema, che da solo può motivare gli eventi di cui finora abbiamo parlato.

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Abbiamo cominciato a sbagliare quando abbiamo cominciato a bocciare il vecchio solo perché non ci convinceva più del tutto senza soffermarci invece ad analizzarlo con ogni rispetto e devozione.

Abbiamo cominciato a sbagliare quando abbiamo abbracciato il nuovo con facile entusiasmo e leggerezza, senza soffermarci a scovarne i risvolti carenti e le possibili insidie.

Abbiamo cominciato a sbagliare quando il mondo ha cominciato a trasformarsi ad una velocità maggiore di quella della nostra capacità di adattamento.

Continuiamo a sbagliare adesso violentando la natura per ottenere dei risultati domani senza preoccuparci del dopodomani.

Continuiamo a sbagliare adesso quando ci battiamo da leoni per distruggere il pessimo ordine costituito che abbiamo adesso ma senza avere idea di come ne costruiremo domani uno per lo meno accettabile.

Poi prevarranno gli invasori, e ci metteranno in linea.

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Credi anche tu che l'uomo abbia bisogno di essere sottomesso per dare il emglio di sè ?

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
No. Credo che l'uomo abbia bisogno di apprendere lo "spirito di branco" (oggi potremmo chiamarla convivenza democratica) per mediare l'egocentrismo che è spinta istintuale più profonda e primitiva.

Le fasi "storiche" di benesere tendono ad ammorbidire la solidarietà tipica dell'esigenza di mutuo soccorso (questo accade per esempio anche fra gli animali in cattività) e tutta l'aggressività trova sfogo all'interno della collettività.

Il degrado avviene in tempi direttamente proporzionali all'aumento del benessere ed inversamente proporzionale alla durata della precedente "soggezione".

Come dire: più ci si arricchisse e più si diventa indisciplinati.
Meno è storicamente radicata la coerecizione e più in fretta riemergono gli istinti belluini.

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Io veramente pensavo a " La leggenda del grande inquisitore"
Oh, noi li persuaderemo che allora soltanto essi saranno liberi, quando rinunzieranno alla libertà loro in favore nostro e si sottometteranno a noi. La libertà, il libero pensiero e la scienza li condurranno in tali labirinti e li porranno davanti a tali portenti e misteri insolubili, che di essi gli uni, ribelli e furiosi, si distruggeranno da sé, gli altri, ribelli ma deboli si distruggeranno fra loro, mentre i rimanenti, imbelli e infelici, si trascineranno ai nostri piedi e ci grideranno: “Sí, voi avevate ragione, voi soli possedevate il Suo segreto e noi torniamo a voi, salvateci da noi medesimi”. Ricevendo i pani da noi, certo vedranno chiaramente che prendiamo i loro stessi pani, guadagnati dalle loro stesse braccia, per distribuirli fra essi, senza miracolo alcuno, vedranno che noi non abbiamo mutato in pani le pietre, ma in verità, piú che del pane stesso, saranno lieti di riceverlo dalle nostre mani! Troppo, troppo apprezzeranno quel che significa sottomettersi una volta per sempre

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Naturalmente io non sono d'accordo col grande inquisitore di Dostoewski, perché lui partiva dai suoi principi, cercando di adattarvi la natura dell'uomo mentre io parto dalla natura dall'uomo per giustificare i suoi comportamenti.
Teoricamente le due vie dovrebbero essere confluenti alle stesse conclusioni, ma a causa delle numerose microscopiche deviazioni che tutti facciamo ragionando e che si sommano fra loro, si finisce per non incontrarsi mai.

Nella leggenda del grande inquisitore, assolutamente significativa è la chiusa, che appunto mostra la non assolutezza del pensiero umano.
Infatti, in fondo ad un processo razionale che potrebbe sembrare esaustivo, l'onesto inquisitore si trova smarrito. Non ha chiuso il suo cerchio, il discorso apparentemente coerente non porta al bersaglio.

Non può farci niente, perché non ci sono errori da correggere, ma ha solo trascurato piccole schegge di verità, passo passo, che lo hanno deviato.
La conclusione è il rammarico e la rassegnazione ad una profonda idea, inopinatamente mostrata sbagliata solo da un inoffensivo silenzio.

Ma sono contento della frase che hai riportata, assai indicativa e che può portarci alla cerniera su cui ruota tutto il discorso.
Di quale segreto si parla?... perché non è menzionato?

Può illuminarci, almeno in parte la natura.
Per motivi che non possiamo conoscere, ma solo ipotizzare, l'uomo è stato creato gregario, animale di branco.
Il suo sistema vitale è progettato per la sudditanza ad un capo, ad una autorità riconosciuta e condivisa che raduni, organizzi e guidi le specificità di ogni singolo.
Solo occasionalmente, in emergenza, con grande difficoltà e bassissimo rendimento l'uomo può vivere isolato. Il suo destino è il clan, la famiglia, il gruppo, la società.
Dove individui apparentemente simili agli altri siano invece specializzati in ogni campo, padroni e guide nella propria minuscola area di influenza, schiavi rassegnati e rassicurati in tutto il resto della loro esistenza.
Così è sempre, da sempre e per sempre.
Lo è nel corso della vita, dove il bambino nasce come prole inetta, la più bisognosa di cure fra le specie animali, e rimane in soggezione di altri, di molti altri fino alla morte; non per violenza, ma per libera quanto inevitabile scelta.
Lo è nel corso della sua storia; così è sempre stato dalla sua origine come specie Homo, e certo è retaggio delle specie da cui si è evoluto. Similmente continua ad esserlo e sempre più lo sarà in futuro, anche quando le macchine sostituiranno quasi in tutto le persone.
Cambieranno semplicemente le guide, rimarrà l'esigenza di essere guidati.

Già, perché i tiranni non sono solo i genitori, gli educatori, i politici ed i governanti. L'uomo ha bisogno di chi gli dia il pane, ma deve essere salvato e protetto e guidato da mille altre figure.
Nel grande inquisitore è simbolo appunto il pane, come elemento di ricatto vitale per la sopravvivenza, ma noi dipendiamo dall'idraulico, dal produttore di energia elettrica, dall'inventore di internet e dall'autista del bus, da mille padroni, schiavi anche loro.
Non ce ne meravigliamo, non ce ne stupiamo... perché è nella nostra natura essere così.

Ed allora la nostra libertà va riguardata proprio nella sua sostanza, nel suo contenuto più profondo.
Noi "non" siamo liberi, semplicemente perché non ci conviene esserlo!

Dovremo quindi insegnare ai nostri figli che libertà non è capriccio, non è arbitrio, non è tumultuosa iniziativa. Libertà è partecipazione al comune benessere, è contributo cellulare ordinato alla formazione ed alla costruzione dello stesso organismo sociale, seguendo, adeguandosi e sottostando a comuni precise regole collettive, a che il tutto risulti un tutto armonioso e coerente.

E dovremo insegnar loro con molta fermezza che le cellule impazzite vengono prima o poi isolate e rese inoffensive (il silenzio in cui viene avvolto l'inquisitore), perché l'uomo, nella sua natura collettiva non intende diventare un'unica massa tumorale.

Ne va della sopravvivenza della specie.

Cordialità

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tulip
tulip
Viandante Storico
Viandante Storico
Neanche a me piace il discorso dell'Inquisitore, io sono un pò ribelle, figurati... però a volte mi fa tanta rabbia la gente, le ingiustizie, la stupidità, che penso che l'uomo ha veramente quello che si merita e il pensiero va alla leggenda dell'Inquisitore. Ripensandoci però, credo che il comportamento, la sottomissione che vedo in molti uomini, non sia dovuta alla stupidtà ma bensì alla furbizia, altrimenti non avrebbe senso oppure sarebbe tremendo

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